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“Serata Kyliàn”: la città magica a passo di danza

Il Balletto Nazionale di Praga in tre coreografie di grande impatto di Jiri Kylián, al tempo esule politico.

Praga è una di quelle rare città il cui ricordo, lieve e carico di suggestioni, è destinato a rimanere indelebilmente scolpito nella memoria del visitatore, ma anche e soprattutto nella memoria di chi, come Jiri Kylián, per motivi politici è stato costretto ad abbandonare la città natale senza poter farvi ritorno per lungo tempo. Nella condizione di esule, il ricordo e la nostalgia raggiungono un’intensità quasi ossessiva, intensità che Kylián è magistralmente riuscito a trasformare in energia creativa e che gli ha permesso di diventare un coreografo contemporaneo di fama mondiale; nonostante la lontananza, egli ha comunque mantenuto uno speciale legame sentimentale con la terra natia ed è oggi annoverato tra i migliori artisti della Repubblica Ceca che hanno saputo promuovere la cultura del loro paese nel mondo.

Si può dire che anche il Balletto del Teatro Nazionale di Praga, esibitosi al Teatro Sociale, abbia saputo tener fede a questo nobile proposito, rispolverando tre coreografie molto rappresentative della primissima attività di Jiri Kylián e riuscendo letteralmente ad incantare il pubblico trentino, in un crescendo talvolta malinconico, talvolta gioioso di musica e danza.

La serata comincia con un pezzo di grande impatto, Stamping Ground, ispirato alle tecniche di danza degli aborigeni australiani, con le quali Kylián entrò in contatto durante un viaggio nel nord del paese. Nel silenzio più totale sei ballerini si alternano sul palcoscenico, emergendo improvvisamente da un oscuro fondale e proponendo a turno una personalissima successione di movimenti, cifra stilistica ripetitiva quanto magnetica, arricchita da accenti ironici e animaleschi, che confluisce sul finale in una danza corale trascinante, eseguita in perfetta simbiosi ritmica con la base musicale fatta di rulli di tamburi e fruscii di piatti. E’questa una caratteristica peculiare dello stile coreutico di Kylián, capace di dar vita ad un linguaggio di totale fusione tra musica e danza, non estraneo all’introduzione di contaminazioni etniche e folkloriche.

Decisamente più intimistica e riflessiva la seconda coreografia, Return to a Strange Land, ispirata da un tragico evento, la morte improvvisa di John Cranko, direttore artistico del Balletto di Stoccarda, ma soprattutto insegnante e grande amico di Kylián, che in sua memoria ha composto questo lavoro. Il titolo allude alla "strana terra" da cui ogni cosa si genera e a cui prima o poi fa ritorno e racchiude una profonda meditazione sul senso della vita e sulla drammaticità della morte. E’ insita in questa riflessione anche la spinta verso una singolare, ma molto appropriata scelta musicale: Kylián seleziona quattro pezzi per pianoforte di Leoš Janácek, compositore ceco col quale prova una particolare affinità di sentimento per la capacità di espressione di temi pesanti ed esperienze profonde.

In particolare la prima sonata, "1, X, 1905", fu composta da Janácek in memoria dell’uccisione dell’operaio Frantisek Pavlik, come protesta appassionata contro il dispotismo, la violenza e l’oppressione sociale. Con questo tipo di scelta Kylián dimostra la sua accorata partecipazione alla drammatica vicenda storica del paese natio e riesce a trasformare in passi di danza il carattere orgoglioso e silenziosamente resistente della sua popolazione. I corpi dei ballerini si muovono con leggerezza e con una perfetta padronanza della tecnica classica ma, nonostante il rigore formale, lasciano trasparire l’intensità delle emozioni umane; sono corpi in lotta, imprigionati nel loro dolore ma allo stesso tempo in cerca di una via d’uscita, sospinti da un implacabile anelito di libertà. Si tratta di una coreografia affascinante, resa ancora più coinvolgente dall’accompagnamento musicale dal vivo, pratica oramai alquanto rara, ma capace di attribuire un surplus di unicità ad ogni esecuzione.

Notevole per la velocità, il virtuosismo e un senso del movimento davvero trascinante anche l’ultimo pezzo della serata, Sinfonietta, sempre su musiche di Leoš Janácek. Il balletto, eseguito da sette coppie, è un esuberante inno alla vita e alla conquista dello spazio, seppur non privo di cenni sommessi di dolore e nostalgia. I danzatori si muovono tra le verdeggianti colline di uno scenario incantato, in perfetta simbiosi con la musica e in un continuo turbinio di salti ed evoluzioni; volteggiano in un crescendo di gioia ed euforia, incarnando alla perfezione l’inconfondibile eclettismo stilistico-coreografico con cui Kylián cerca da sempre di esplorare i recessi dell’animo umano e le insospettate potenzialità del corpo.

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