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Agata e la tempesta

Dopo il successo di "Pane e tulipani", i Silvio Soldini firma un altro film ottimista: brioso e "carino", anche se non tiene fino in fondo.

Repubblica ci comunica che l’ottimismo riduce le probabilità di sviluppare patologie cardiache nella terza età, implementa la funzionalità polmonare e migliora le capacità di recupero dopo un infarto. A essere ottimisti c’è solo da guadagnarci. Qualcuno della redazione avrà anticipato i risultati di questa ricerca al regista Silvio Soldini, che deve essersi messo a tavolino con i suoi due co-sceneggiatori (la collaboratrice fissa Doriana Leondeff e lo scrittore Francesco Piccolo) per scrivere un film ottimista. Il film ottimista Silvio Soldini ce l’ha nelle sue corde: è l’autore di "Pane e tulipani". Soldini avrebbe nelle sue corde anche il registro drammatico, come conferma il penultimo "Brucio nel vento", una specie di espiazione del successo di "Pane e tulipani" e di esorcismo contro il fantasma di Licia Maglietta. Dopo "Brucio nel vento", Soldini si sarà sentito autorizzato a tornare alla commedia; al film "soft" (l’aggettivo è ripetuto dai protagonisti, a mo’ di parola chiave, all’inizio di "Agata e la tempesta").

Ma a essere ottimisti si fa molta fatica, oggi, quando anche i Verdone si immalinconiscono, i Benigni puntano all’opus magnum, la satira viene espulsa dalla televisione… La comicità, la leggerezza vengono lasciate in preda alle risate facili (di cui la nostra società ha bisogno assoluto) degli "Zelig" televisivi e cartacei, di successi cinematografici come "Barzellette", di spot pubblicitari sempre più portati all’umorismo. (Aperta parentesi: è altamente istruttiva in questo senso una visita al nuovo, kitschissimo "Museo della pubblicità" al castello di Rivoli, Torino, dove una serie di giganteschi ambienti domestici di cartapesta fa da contenitore a decine di schermi che riproducono spot a getto continuo. Il "museo" è tutto qui, ma la gente va in sollucchero: si riconosce perfettamente nella forma veloce dello spot, si sente a casa propria e soprattutto sa cosa aspettarsi dalle pubblicità: ironia.)

E’ dunque davvero difficile rispondere in modo intelligente a questa straripante richiesta di risate e leggerezza. Nel 2000, all’epoca di "Pane e tulipani", era forse più facile prestarsi al gioco di Soldini, fatto di stile (balli e travelling, case e vestiti colorati, città d’arte e attrici sincere) e temi (problemi che si risolvono, crisi che si superano, lutti che si elaborano). Oggi "Agata e la tempesta" è un film (tra mille virgolette) "troppo poco problematico". Soprattutto se si pensa che è una storia vecchia almeno quanto Plauto (parentele e identità che si perdono e si acquistano) e che in Italia la tradizione migliore della commedia si attacca al presente e nasconde sempre un fondo di riflessione, una punta di non detto.

La tempesta di Agata è un po’ come quei temporalini estivi che bagnano l’asfalto e non penetrano il terreno fino alle radici degli alberi. Certo, almeno rinfrescano.

In effetti non è facile fare un film ottimista e non fatuo, e non dev’essere facile rinunciare a uno stile riconoscibile che si è riusciti a creare e coltivare. Silvio Soldini sceglie dunque la continuità con "Pane e tulipani", si muove con la macchina da presa attorno ai suoi attori e da loro riesce a tirar fuori il meglio. Risultano essere tutti di una simpatia disarmante, in particolare - ovvio - Licia Maglietta, che sta portando in giro in questi mesi uno spettacolo teatrale su Alda Merini, un cui libro è il primo a comparire in un film pieno di copertine. Le copertine, per chi ama i libri, fanno scattare meccanismi affettivi immediati. Un’anziana signora entra nella libreria di Agata alla ricerca di un libro. Non vuole però un’edizione qualsiasi, ma la sua, quella "con la copertina verde" di chissà quanti anni fa. L’amica-commessa risponde "Non ce l’ho verde, ma se vuole glielo coloro."

La sceneggiatura è scritta con brio, con un bel linguaggio e battute semplici messe nei punti giusti.

Dunque copertine, libri, librerie, gente che legge, che si appassiona al Giovane Werther… I libri danno anche lo spunto per piccoli inserti (in costume e in bianco e nero), dove Agata interpreta, come dentro un romanzo storico, le sue tempeste presenti. Peccato che gli inserti (solo un paio, peraltro) siano davvero bruttini. Sarebbe stato meglio, come si dice, tagliarli in sede di montaggio. Forse a Soldini qualcuno avrebbe dovuto ricordare che il commediografo principe della nostra epoca, Woody Allen, prescrive per la commedia la durata rigorosa di novanta minuti primi. "Agata e la tempesta" non sembra infatti tenere bene fino in fondo, anche se prevalgono sempre gli elementi piacevoli, "carini" della storia.

La vita è bella, quindi, dice Silvio Soldini. "L’ottimismo è il sale della vita!", ne conviene Tonino Guerra, in una pubblicità beota cui il poeta si sarà prestato per ragioni assai poco poetiche. Aggiungiamo, fra le voci di questa via da sinistra all’ottimismo, la testimonianza di Alejandro Jodorowsky, il grande "psico-mago", regista, scrittore in queste settimane in Italia. Intervistato a "Fahrenheit" (Radiotre), Jodorowsky ha spiegato: "A un certo punto della mia vita mi sono chiesto cos’è l’arte; a cosa serve la mia arte. E mi sono reso conto che fino ad allora avevo mostrato i miei dolori, come Kafka, come Dostoevskij: dei nevrotici. Io adesso mostro come risalire. Come uscire dai colpi enormi della vita. Io mostro come fallire sia semplicemente cambiare strada."

Se è vero così, viva le tempeste.

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