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Tutto in una brocca... rotta

Convincente la trasposizione di Cesare Lievi dell'arguta pièce di Heinrich von Kleist.

Può una brocca essere lo spunto e il personaggio muto di un’opera teatrale? Sì, a quanto pare, e Cesare Lievi l’ha dimostrato mettendo in scena con maestria questo piccolo gioiello di Kleist. Rari i tempi morti: il ritmo, dopo un prologo volutamente rallentato e lugubre, si fa incalzante e sfocia in un sottofinale grottesco che precede il lieto fine.

Colpisce, sin dall’inizio, l’estrema cura nel ricostruire gli ambienti. Una delizia funerea le scene e i costumi di Maurizio Balò… la prospettiva gioca su un susseguirsi di linee simmetriche (le pareti, i mobili) e linee sghembe (i raggi del "sole", dei riflettori). L’ambiente cupo, ispirato ai quadri fiamminghi persino nei giochi di luce di Gigi Saccomandi, contrasta con l’atmosfera via via più leggera grazie al brio dei personaggi. Questi ultimi sono il negativo (o il positivo?) delle scene. In loro si esprime la vita, l’amore, l’ironia, la ribellione, quel colore che pare scomparso dall’aria e dagli oggetti.

Spiccano, fra tutti, la Marta Rull di Franca Nuti, il consigliere di giustizia di Marco Balbi e il giudice Adamo di Gian Carlo Dettori. Gli altri, seppure in tono minore, non sfigurano e regalano anzi momenti gustosi, come la trafelata Brigida di Giuseppina Turra, o addirittura intensi. Pensiamo specialmente ad alcuni episodi di cui è protagonista il cancelliere Licht (Emanuele Carucci Viterbi).

Ma in questa pièce esiste per l’appunto un’attrice atipica, la "brocca rotta" del titolo. Di lei veniamo a sapere ogni dettaglio: della sua storia, dei passaggi di padrone in padrone, delle sue raffinate decorazioni di fronte alle quali impallidirebbe lo stesso scudo di Achille. Ma non è questo che la rende così speciale, tragica, densa di significato. La brocca è un simbolo, un testimone muto ma terribile di ciò che è accaduto, o di ciò che gli altri personaggi credono sia accaduto. Nei suoi cocci che accusano è racchiuso l’onore di Eva e del suo fidanzato, la gioia e l’amore di una madre, la reputazione di un giudice. Se non si fosse rotta, la giustizia non avrebbe preso il suo corso e nulla si sarebbe aggiustato. Pare una legge del contrappasso, che tuttavia non appaga del tutto Marta Rull: lei chiederà un processo, a Utrecht, anche per la brocca.

Kleist ci ha divertiti saggiamente fra equivoci, doppi sensi, false piste; si accusa del misfatto anche un Satana imparruccato! Ma Adamo è smascherato: provocò lui l’incidente dopo aver attentato all’onestà di Eva. Così l’allegoria biblica si chiude con tanto di sentenza salomonica.

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