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QT n. 16, 2 ottobre 2004 Monitor

“Spiderman 2”

Un supereroe con dei superproblemi, l'Uomo Ragno del regista Sam Raimi rispecchia l'America di Bush, superpotenza fragile. Poi, d'accordo, i marpioni di Hollywood confezionano il film in modo che ognuno ci trovi la lezione che più gli piace, e se ne esca comunque contento...

I grandi eroi dell’immaginario cinematografico USA sono quasi sempre apparentati con la politica. Se Rambo incarna il revanchismo post-Vietnam di Ronald Reagan e l’incontro tra Rocky e Ivan Drago è un simbolo anticipato della vittoria nella Guerra Fredda, "Spiderman 2" viene letto come un ritratto dello smarrimento attuale della democrazia americana. E’ difficile trovare una recensione del film in cui non compaia il nome di Bush. Eppure "Spiderman 2" non è "Fahrenheit 9/11"; "Spiderman 2" è la trasposizione, con qualche piccolo adattamento, di un fumetto nato negli anni ‘60; racconta una storia lineare, che rispetta tutti i crismi di un film destinato da Hollywood a sbancare i botteghini planetari.

Ma allora perché il manifesto titola "L’Uomo Ragno, un eroe kennediano", l’Unità "E’ tornato Spiderman, supereroe riformista" e Repubblica "Gli USA e tutti noi felici senza eroe"? Paradossalmente, è proprio questa sua natura di blockbuster a indurre a leggere il film come "oggetto teorico" che va a rivelare qualcosa di profondo sull’America di questo inizio millennio. L’idea è che proprio il suo non essere un film artistico e di nicchia ma un prodotto destinato a un pubblico di massa ne faccia 1) il distillato e 2) l’amplificatore di una diffusa e condivisa serie di pensieri, sensazioni e ansie.

E poi, come si sa, l’Uomo Ragno non abita città inventate come la Gotham City di Batman o la Metropolis di Superman. L’Uomo Ragno vive e lavora a New York. Oggi, tutti i film girati a New York sono, volenti o nolenti, riflessioni sull’America del dopo 11 settembre.

La nota dominante del film è la debolezza, l’inadeguatezza, la voglia di buen ritiro da parte di Spiderman. Sam Raimi (regista che ha realizzato cult come "La casa" e "Darkman") ha saputo inserire nel film una serie di tematiche che strattonano la linearità della trama e lasciano emergere spunti né troppo banali né troppo filosofici: fare del bene è molto più difficile senza la calzamaglia da supereroe addosso; l’eroismo, oggi, sta nel riuscire a sopravvivere; siamo tutti intrappolati nel quotidiano, dove non ci sono superpoteri che tengano.

Il due più due a questo punto è però inevitabile: non è solo il supereroe ma anche la superpotenza a sentirsi debole e inadeguata. Allora l’Uomo Ragno si pone in questo contesto storico e sociale come un protagonista ambiguo: può rappresentare il soldato USA mandato allo sbaraglio in Iraq, presunto supereroe che in realtà non vorrebbe altro che tornarsene a casa; oppure, vedendo le cose dall’altro lato, è un supereroe/superpotenza momentaneamente vulnerabile perché ha perso i suoi superpoteri - presto li riacquisterà e sconfiggerà i suoi nemici.

La nota di ambiguità è tutta in questa presunta diserzione: può essere un dubbio democratico alla John Kerry o un pensiero fuggevole, presto superato dal richiamo del Male contro cui supereroi e superpotenze devono combattere. Quando a Hollywood si riesce a ragionare bene a tavolino e a far quadrare le idee, non c’è nessuno più bravo nel dare da vedere a ognuno quel che ognuno vuole vedere.

Per essere, in questo, rassicurante per tutti, il film si aggancia alla tradizione cinematografica, riuscendo tuttavia a inserire nella storia elementi di innovazione che rendono fruibile una trama assai convenzionale. Visto che l’operazione è in mano a Sam Raimi, la cosa riesce, e in modo intelligente: Raimi sa di essere costretto a mettere a bagno il passato dei generi per lavarli col Perlana e farli tornare come nuovi. Per onestà, va detto anche che, Sam Raimi o non Sam Raimi, nella seconda parte del film, con il ritorno all’eroismo dell’eroe, viene da chiedersi quale quantità di Hollywood siamo davvero disposti a sorbirci: il-protagonista-sembra-non-farcela-ma-poi-ce-la-fa-e-si-sposa-la-bella-che-doveva-sposare-un-altro. Latte alle ginocchia.

A livello di contenuto, i temi del supereroe e dell’ibridazione fra umano e animale sono, come si dice, "sempre più di attualità". Spiderman è un ibrido tra uomo e un ragno OGM (nel fumetto, altri tempi, era un ragno radioattivo); il suo rivale, Doc Ock, è un corpo umano di cui si è impossessata una macchina.

Al cinema, da Frankenstein in poi, lo scienziato che si rinchiude da solo nel buio del suo laboratorio e si esclude dalla società prima o poi fa danni, anche grossi. Il cattivo di "Spiderman 2" è proprio il classico scienziato pazzo: si mette in testa di costruirsi un sole in casa ed è morfologicamente votato a essere mangiato dalla sua creatura, dei bracci meccanici che si mette addosso e che finiscono per dominarlo. Di fronte al fascino della techne, la carne non può resistere; le tecnologie applicate al corpo non fanno altro che renderlo un’appendice delle sue protesi. Il filosofo Mario Perniola lo chiama sex appeal dell’inorganico. Uno dei momenti più belli del film è quando, verso la fine, uno dei bracci assume biblicamente la forma di un serpente tentatore: la tecnica per lo scienziato è ormai come il serpente che dice a Eva: "Perché non farlo?"

In conclusione, la "nuova" malinconia dell’Uomo Ragno non è affatto nuova, anche se a noi sembra che questa sua tristezza gli derivi, oltre che da un amorino che non decolla, dal fatto che su un paio di grattacieli non si può più arrampicare. L’idea, che stupisce come se fosse studiata per l’America del 2004, è invece, come è noto, uno dei tratti distintivi di un fumetto concepito nel 1962 sotto lo slogan "un supereroe con dei superproblemi". Più che nel supereroe, è nei superproblemi che oggi riconosciamo noi stessi e il mondo.

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