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QT n. 20, 27 novembre 2004 Monitor

Alwin Nikolais, lo stregone della danza

La Ririe-Woodbury Dance Company offre al Sociale di Trento una magica riproposizione delle storiche coreografie di Nikolais.

Alwin Nikolais è stato uno dei più grandi rivoluzionari della modern dance americana; ribellatosi all’idea che con la danza si dovessero raccontare storie o esprimere emozioni complesse, egli concentrò la sua attenzione sull’essenza stessa del movimento. Nikolais non era però solo un coreografo: si occupava personalmente anche dei costumi, della musica, delle luci e della scenografia dei suoi spettacoli, realizzando artigianalmente delle diapositive colorate da proiettare sulla scena. "Mi piace mescolare le mie magie" amava affermare mentre dava vita agli scenari onirici e incantati in cui avrebbe ambientato le sue variopinte coreografie.

Al Teatro Sociale di Trento la magia inizia con "Crucible" (1985), uno dei pezzi più applauditi dell’intera serata. Il sipario si apre su di un orizzonte affollato di piccoli punti incandescenti che si rincorrono, tramutandosi improvvisamente in grandi fenicotteri rossi e poi in altri esseri fantastici. Solo in un secondo momento lo spettatore capisce che tali esseri immaginari altro non sono che parti del corpo dei danzatori, isolate e riflesse da un piano a specchio sottostante. Con una semplicità di mezzi disarmante, la coreografia crea un effetto straniante e di grande impatto visivo, che anticipa i più moderni risultati dell’arte multimediale.

"Lythic da Prism" (1956) riporta invece ad un’epoca lontana, in cui quattro figure sorprendentemente simili a sarcofagi egizi si muovono a piccoli salti sulla scena, come geroglifici in movimento. Con "Blank on Blank" (1987), dall’antico Egitto si passa invece all’America degli anni Venti ed alla parodia di una società nichilista, in cui gli abitanti, vestiti con abiti quotidiani e schiacciati da un opprimente scenario urbano, si muovono a scatti, manovrati dai fili di un invisibile burattinaio.

"Tensile Involvement" (1955) e "Noumenon Mobilus" (1953) sono due tra i lavori più caratteristici del coreografo americano: risalgono ai tempi del suo esordio ed esemplificano in maniera magistrale la volontà di usare il corpo come mezzo per sperimentare il trascendimento della dimensione terrena. Come uno stregone Nikolais muta l’aspetto dei suoi danzatori, trasformandoli in creature fantastiche dotate di protesi elastiche al posto degli arti o avvolgendoli in tessuti che ne celano le sembianze umane.

In "Finale" da "Liturgies" (1983) il corpo viene invece usato come una tela su cui proiettare bizzarri giochi di luce: animali camaleontici si muovono veloci in una giungla di suoni e colori, in un crescendo di ritmi tribali. Nella concezione di Nikolais la danza conserva sempre qualcosa d’istintivo e primordiale, pur avvicinandosi ad una visione astratta e cosmica dell’universo.

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