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Caro prezzi e caro petrolio

Dagli aumenti che ci aspettano nel 2005 alla corsa del prezzo del petrolio.

Mentre il Governo sta varando una Finanziaria d’azzardo, basando importanti poste di bilancio su entrate aleatorie come giochi, lotto e lotterie ed addirittura i casinò, per spillare in maniera quasi indolore i quattrini a cittadini sempre più indebitati, i quali ripongono nella cabala la speranza di una vita migliore, rovinando migliaia di incalliti giocatori lotto-dipendenti, il World Economic Forum suona l’allarme competitività per l’Italia.

Il Belpaese perde terreno nella classifica mondiale stilata dagli esperti che danno vita al Forum di Davos. L’Italia è scivolata al 46° posto dal 41° che occupava nel 2003 nella classifica che misura le potenzialità di 104 paesi. L’Italia rimane così dietro non solo ai suoi naturali competitori come Regno Unito, Germania, Spagna e Francia, ma anche rispetto al Botswana, che si piazza al 45° posto, e alla Cina, che ci supera di misura, di un solo posto.

La classifica, che elabora i dati di un sondaggio condotto dal World Economic Forum tra 8.700 business leader del mondo, non si ferma alla sola graduatoria generale. Indica anche i fattori di svantaggio, consentendo così una più attenta valutazione.

Per l’Italia - si scopre – pesano il carico fiscale (che ci vede 100° posto) e la burocrazia (103° posto su 104 paesi!), ma anche la criminalità organizzata (90°) e la spesa delle imprese in ricerca e sviluppo (70°). Tra gli svantaggi vengono considerati anche la flessibilità nei contratti, le aspettative di recessione, la criminalità organizzata, l’accesso al credito, mentre nel settore affari viene indicato come elemento critico la scarsa spesa in ricerca e sviluppo.

L’unico vantaggio competitivo, con l’indice più alto, l’Italia lo conquista grazie alla presenza di telefonini, che ci pone al quarto posto.

Mentre le alchimie statistiche, nonostante caro-prezzi e caro-petrolio, continuano a fotografare una situazione tranquillizzante, registrando un’inflazione virtuale in diminuzione, le famiglie italiane, alle prese con la più grave crisi dal dopoguerra, costrette a tirare la cinghia per sbarcare il lunario, ad indebitarsi con banche, finanziarie e società esercenti le carte di credito, attingendo ai pochi risparmi scampati agli scandali finanziari (Cirio, Argentina, Parmalat, My Way e For You, ecc..), o impegnando ai Monti di Pietà i beni di famiglia, hanno subito rincari spesso a 2 cifre negli ultimi 12 mesi, per beni e servizi di prima necessità.

La situazione è destinata a peggiorare con la nuova Finanziaria, che determinerà ulteriori aggravi di spesa per le famiglie italiane, come ci illustra la tabella che riportiamo.

Ci vorranno decenni per riparare i guasti procurati all’economia del paese ed ai consumatori da un governo la cui finanza allegra e creativa ha arricchito, con il pretesto dell’euro, pochi a danno di molti. Mentre poi la legge sul risparmio resta al palo per le resistenze dei poteri forti, venendo approvata virtualmente due volte al giorno dal presidente della Camera Casini, i grandi mezzi di informazione, posseduti per lo più dalle banche, ci intrattengono con dovizia di dettagli e particolari sulla bravura di certi manager, gli stessi che hanno prodotto i crack finanziari mettendo sul lastrico 850.000 risparmiatori per un controvalore di 37,5 miliardi di euro, omettendo di raccontare le vessazioni e gli ordinari soprusi, anche per il semplice accesso al credito, che gli istituti di credito riservano alla clientela.

Il prezzo del petrolio e gli utili delle compagnie. M. C. di Trento vuole capire come mai le compagnie petrolifere invece di registrare perdite con l’aumento del prezzo del petrolio aumentano anche i loro utili.

Le compagnie petrolifere incassano sempre di più perché hanno contratti più che vantaggiosi con i paesi che le ospitano, quindi le compagnie che producono e non solo che raffinano il greggio, hanno la possibilità di far cassa. Ne è un chiaro esempio l’Eni, che ha visto aumentare il titolo quotato in borsa da inizio anno del 25%, con un + 5% di dividendo.

Per ogni dollaro in più al barile, sono 400 milioni di utili operativi, su 12,4 miliardi preventivati per il 2004. Non è soltanto l’Eni a guadagnare, ma, in cinque anni, anche Shell (57%), Total (42%), Exxon (da 4,1 a 5,8 gli utili netti del secondo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2003) e Chevron (passata da 1,2 a 2,9 nel secondo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2003).

I prezzi del greggio sono così orientati al rialzo e non accennano quindi a diminuire. E’ inutile pertanto lamentarsi, come invece fa il Ministro Marzano, per l’impossibilità di diminuire l’accisa sull’Iva. Il veto sull’Iva è una mera bugia, in quanto l’accisa sull’Iva è già stata modificata a dicembre 2003; dunque il Governo dovrebbe diminuire l’accisa di almeno 4 centesimi al litro, affinché si riducano sia i costi diretti sia quelli indiretti dei beni di consumo.

PRODOTTI PETROLIFERI - Prezzi medi
4-10-20044-9-20047-6-20046-10-20031-9-20032-6-2003
Benzina1.165,241.156,741.153,051.043,851.087,021.028,77
Gasolio Auto990,71965,47941,12856,00874,59844,29
Gasolio Riscal.978,26931,26893,58831,99837,89818,31
VARIAZIONE DEI PREZZI
4-10-2004 rispetto al 4-9-20044-10-2004 rispetto al 7-6-20044-10-2004 rispetto al 6-10-20034-10-2004 rispetto al 1-9-20034-10-2004 rispetto al 2-6-2003
Benzina+ 0,7+ 1,1+ 11,6+ 7,2+ 13,2
Gasolio Auto+ 2,6+ 5,3+ 15,7+ 13,3+ 17,3
Gasolio Riscal.+ 5,1+ 9,5+ 17,6+ 16,8+ 19,5

Per l’Intesa dei consumatori quando qualcuno parla di stagionalità, per giustificare l’aumento dei prezzi dei carburanti e del gasolio, si riferisce forse alle speculazioni stagionali (nel senso che avvengono ogni stagione) da parte dei petrolieri. A dimostrazione di ciò ci sono i dati che riportiamo, i quali evidenziano come gli aumenti più elevati dei prezzi del gasolio non siano legati ad alcuna stagionalità, e si verifichino anche in periodi in cui la cosa non dovrebbe avvenire, come tra giugno ed agosto. A peggiorare la situazione vi è la circostanza che vede il gasolio da riscaldamento in Italia costare addirittura il doppio rispetto alla media europea, con gravissimo danno per le famiglie.

E’ nostro auspicio infine che nella prossima manovra finanziaria vengano previste forti agevolazioni per coloro che investono nelle nuove tecnologie per quanto riguarda il risparmio energetico e le fonti alternative.

La doppia velocità del prezzo della benzina. Un altro interrogativo che diversi lettori ci hanno posto riguarda i motivi per cui l’aumento del prezzo della benzina è velocissimo, mentre la sua diminuzione è lentissima.

In effetti la cosa non ha senso. Nelle ultime settimane il prezzo del Brent si è ridotto di circa il 10%, cioè 44 dollari al barile. Contemporaneamente, l’euro sul dollaro è arrivato a circa 1,30 centesimi, con un apprezzamento del 5%. La combinazione delle due circostanze dovrebbe far scendere di almeno 3-3,5 centesimi al litro la benzina, con un minore esborso per gli utenti di 2 euro per ogni pieno effettuato, con un risparmio di 4 euro al mese e di circa 50 euro l’anno. Ovviamente tutto questo non accade, così i petrolieri hanno la possibilità di guadagnare 50 milioni di euro e il Governo riesce ad incassare 13 milioni di euro al mese in tasse.

Intesaconsumatori, oltre a denunciare simile malvezzo, intende anche avanzare una proposta strutturale a favore dei consumatori, come la razionalizzazione della rete di distribuzione, che porterebbe ad un risparmio di 5 cent al litro sul prezzo della benzina; ci sarebbe poi un ulteriore risparmio di 1,5 centesimi al litro se si eliminassero gli inutili gadgets in regalo da parte delle varie compagnie petrolifere.