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Lettera dal Kossovo

Siamo un gruppo di sei ragazzi trentini che fanno parte dell’Associazione "Quilombo trentino"; all’inizio di dicembre siamo andati in Kossovo per conoscere meglio la situazione attuale, visto che la nostra associazione è impegnata nel villaggio di Gorazdevac con un "Progetto di intervento a favore del riavvicinamento delle parti nell’ambito del post-conflitto", in collaborazione con il Tavolo trentino per il Kossovo.

Gorazdevac, che dista pochi chilometri dalla vicina città albanese di Peja, è una enclave, ovvero un villaggio (circa 600 abitanti), chiuso tra due check- point, dove le persone di etnia serba vivono confinate a causa dell’odio e della paura che la guerra ha portato con sé. Qui l’Operazione Colomba (della quale il Quilombo è il gruppo locale in Trentino), è presente fino dal ’99 e dal dicembre 2003 il Quilombo ha avviato un progetto, che vede la presenza fissa di un coordinatore (Fabrizio Bettini) e l’avvicendarsi di numerosi volontari.

Il lavoro svolto si articola su diversi piani: si va dal semplice accompagnamento delle persone al di fuori dell’enclave (infatti la paura di muoversi da soli in territorio albanese impedisce loro di girare senza una scorta, che spesso le forze armate della KFOR - forza militare della NATO - non sono in grado di garantire), all’effettuare piccole commissioni per conto delle persone che non si possono muovere dal villaggio; dalla visita a famiglie e persone sole, fino alla creazione di gruppi di studio per cominciare ad interrogarsi circa il conflitto ed il difficile rapporto tra le diverse etnie, lavoro svolto sia con i ragazzi serbi di Gorazdevac, che con un gruppo di ragazzi albanesi di Peja. Una parte delle attività infatti si sviluppa con alcuni ragazzi albanesi con i quali è stato avviato un gruppo di studio parallelo a quello di Gorazdevac; la prospettiva è quella di iniziare un percorso di analisi ed elaborazione del conflitto che porti all’incontro tra i due gruppi (obiettivo in parte raggiunto prima dei fatti del 17 marzo scorso, quando un gruppo di serbi vennero accusati della morte di tre ragazzi albanesi, fatto che portò una nuova ondata di ritorsioni e violenze nei confronti dei serbi stessi).

Durante il viaggio (effettuato in camper attraversando alcuni dei luoghi significativi delle guerre balcaniche come Belgrado, dintorni di Sarajevo, ecc…) e la permanenza in Kossovo abbiamo potuto farci un’idea della complessa situazione attuale, che vista dal di fuori risulta difficile da capire, forse anche a causa di un’informazione spesso frammentaria, che non dà una visione globale e porta a considerare come vittima del conflitto solo l’una o l’altra parte, senza prendere in considerazione che nei conflitti le vittime sono sempre le stesse: le persone e specialmente le più deboli di entrambe le parti. Soprattutto per questo la modalità dell’Operazione Colomba è quella di condividere il vissuto quotidiano delle persone per creare così un rapporto di fiducia e condivisione.

La conoscenza della gente di Gorazdevac e dei ragazzi albanesi del gruppo di studio è stata importante per una lettura "nuova" del conflitto che non vediamo più solo come due parti in lotta, ma come volti e nomi che cercano di far fronte alle difficoltà ognuno in maniera diversa. Ad esempio D. che non si rassegna e cerca di mettere tutto se stesso nella gestione della radio che ha creato a Gorazdevac con un gruppo di amici; oppure R. che non legge più i fondi di caffè perché dice che non c’è mai niente di nuovo da vedere, ma si è comunque iscritta all’università per cercare di crearsi un domani; o come i 25 capifamiglia che nel villaggio di Bielopolje ricostruiscono per la seconda volta le loro case bruciate sia durante la guerra sia lo scorso marzo, per far ritornare le loro famiglie profughe in Serbia e ricominciare ancora da capo; o ancora come I. che ha imparato l’italiano da solo, studia psicologia e fa parte del gruppo di studio albanese con altri ragazzi che, pur avendo alle spalle un passato difficile di guerra e persecuzione, non perdono la voglia di interrogarsi circa la possibilità di un nuovo dialogo/incontro con i ragazzi serbi.

Di ritorno da questo breve viaggio portiamo con noi tutti questi flash, che ci aiutano ad avere una nuova consapevolezza di quanto la situazione in Kossovo sia complessa e quanto lungo sia il percorso che cerchiamo di portare avanti, ma anche una nuova voglia di impegno data dall’esempio delle persone incontrate, che pur nelle quotidiane difficoltà non smettono di sperare in un futuro di convivenza e di pace.

Luisa, Marco, Marzia, Piergiorgio, Sabrina, Sara di Quilombo, Operazione Colomba