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La Turchia e l’Europa

Io sono favorevole all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, anche in tempi più stretti di quelli stabiliti. Quasi tutti i grandi paesi del continente hanno torti gravissimi da farsi perdonare in tema di diritti umani: fascismo, nazismo, franchismo, il genocidio degli Ebrei. Però è anche vero che hanno fatto molta strada per emendarsi e si può dire che sul tema dei diritti civili ci siamo quasi. La Turchia ha gli orrori dello sterminio degli Armeni e la oppressione dei Curdi, di cui devono fare ammenda solenne, e inoltre sui diritti civili è in mezzo al guado. Tuttavia non credo che siano motivi sufficienti a negarle l’ingresso nella UE: ci aiuteremo insieme a costruire una civiltà migliore e soprattutto la coesistenza attiva tra due società diverse per tradizioni, religione e cultura.

Anche la Corte europea dei diritti umani può servire ad accelerare questo processo. Recentemente la Corte ha dovuto occuparsi del caso di una cittadina turca Aysenur Zaracolu che aveva scritto un libro dal titolo "Il nostro Ferhat, anatomia di un omicidio". Il libro critica senza mezzi termini la dura attività di repressione dei Turchi nei confronti dei Curdi che lottano per i loro diritti, e non taceva dell’omicidio del giornalista curdo Ferhat Tepe, attribuita ai sevizi segreti turchi. Il 29 dicembre 1995 la Corte per la sicurezza statale di Istanbul ha condannato Aysenur Zarakolu alla pena di 5 mesi di reclusione, commutata poi in pena pecuniaria e ha ordinato la confisca di tutte le copie del libro. La Corte ha ritenuto che il libro contenesse espressioni in grado di mettere in pericolo l’integrità dello Stato (in particolare una parte del territorio veniva chiamata dall’autrice "Kurdistan"). La Corte di Cassazione turca, cui la Zarakolu si era rivolta, ha confermato integralmente la sentenza di condanna. L’autrice decise allora di rivolgersi alla Corte europea dei diritti umani sostenendo che la condanna e il sequestro del libro violassero l’articolo 10 della Convenzione europea che tutela la libertà di espressione, e che inoltre la Corte di Istanbul non fosse imparziale per la presenza in essa di un giudice militare.

Con sentenza 13 luglio 2004 la Corte europea ha accolto entrambi i motivi e ha condannato lo Stato turco a pagare a titolo di risarcimento morale 5.000 euro alla signora Zarakolu. Sentenza giustissima che da un lato dimostra quanta strada deve fare la Turchia per il riconoscimento e la difesa dei diritti umani, e dall’altro quanto essenziale sia l’aiuto che l’Europa può e deve dare perché questo cammino si compia nell’interesse di tutti.