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QT n. 5, 12 marzo 2005 Monitor

“The Assassination” of Richard Nixon

Il film di Sam Bicke con uno straordinario Sean Penn sulla disperazione da impossibilità di raggiungere il sogno americano.

Sono Richard Nixon e Leonard Bernstein le due figure di riferimento di Sam Bicke, il protagonista di "The Assassination", film d’esordio del regista Niels Mueller. In Nixon, che continua ad apparire in primo piano sullo schermo del suo televisore domestico, Sam Bicke riconosce la raffigurazione di un incubo: quello di una società che sta accettando che menzogna e falsificazione siano componente essenziale per il raggiungimento del successo - politico, economico, personale. La controparte di Richard Nixon, e il riferimento morale di Sam Bicke, è rappresentata da Leonard Bernstein, il compositore e direttore d’orchestra.

Se il presidente degli Stati Uniti appare in televisione, a Bernstein il protagonista si rivolge invece in prima persona, registrando con un microfono dei nastri che poi gli spedirà. Nixon e Bernstein abitano entrambi il mondo della comunicazione: uno quello odierno della politica e dell’immagine, l’altro quello, tecnologicamente non distante, della voce e della musica. Ma c’è un solco morale tra le due figure, segno di un distacco che si era iniziato a creare, e non solo negli USA, tra la politica e la cultura.

Questo modo di Sam Bicke di ritrovare la descrizione di un mediocre presente riassunta nel volto di Richard Nixon fa tornare in mente l’auto-coscienza che Oliver Stone attribuisce allo stesso presidente americano nel biopic "Intrighi del potere". Rivolto a John Fitzgerald Kennedy, il personaggio-Nixon dice: "Quando guardano te, gli americani vedono quello che vorrebbero essere. Quando guardano me, vedono quello che essi sono veramente".

Il titolo originale, "The Assassination of Richard Nixon" (inspiegabilmente non tradotto ma accorciato nella versione italiana), svela un epilogo del plot che si può infatti tranquillamente rivelare: Sam Bicke vuole liberarsi di quel presidente e di quello che, persino oltre i suoi demeriti, egli rappresenta. E’ con un goffo, appena abbozzato tentativo di assassinare Nixon che Sam Bicke prova a ribellarsi a una società che ha messo al centro del suo corpo politico la cultura del vendere e del vendersi.

Anche Sam è un businessman. O meglio, vorrebbe esserlo, ma non accetta la falsità che fa parte delle logiche di mercato nel rapporto tra cliente e venditore. Per riuscire ad adeguarsi, occorrerebbe lasciarsi convincere dalle audiocassette di "tecnica del management" che il suo datore di lavoro gli propina. Sono strumenti che insegnano l’autostima e fanno scomparire le debolezze private nascondendole dietro una cortina con cui ripararsi dall’esterno. Un titolo è "Come conquistarsi amici e influenzare la gente". Ma Sam Bicke non è capace di autoindursi in questa maniera a diventare un buon uomo d’affari in un Paese in cui, dice lui, governa "il più gran venditore che c’è in giro".

A Sam Bicke è impedita la realizzazione di un modesto sogno piccolo-borghese, quello di creare un’attività imprenditoriale, proprio nella nazione che dovrebbe garantire costituzionalmente almeno un’opportunità a chiunque abbia voglia e idee. La terra dell’abbondanza chiude a Sam la porta in faccia. L’unica via d’uscita che sembra assurdamente rimanergli è quella di diventare un kamikaze: si mette davvero in testa di dirottare un aereo per immolarsi contro Nixon, simbolo del fallimento dell’American dream. Questo tipo di folle disperazione, allora, non fa parte del bagaglio culturale esclusivo dei nemici dell’Occidente. "The Assassination" è ispirato alla storia vera di una persona costretta dall’America a non credere più al suo sogno.

Del film va sottolineata una grande prestazione attoriale, ma non solo: è un’ottima messa in scena a permettere a Sean Penn di muoversi così libero in un ambiente a tutto tondo. Niels Mueller ne esalta la straordinaria recitazione, nevrotica e monocorde, con una regia che si colloca totalmente nella prospettiva del personaggio. Ma il nome di Niels Mueller è da mandare a memoria anche per la riuscita di altre scelte stilistico-narrative.

In una scena centrale, Sam torna in un ufficio pubblico a chiedere un contributo per l’apertura della sua attività di imprenditore. L’impiegato ministeriale porta Sam nel locale delle macchinette del caffè. Qui la macchina da presa mostra un campo medio, a camera fissa: sul lato sinistro dell’inquadratura ci sono Sam e l’impiegato, seduti su delle seggioline, uno di fronte all’altro. La prospettiva costruita dai muri porta lo sguardo a seguire le linee fino al punto in cui si incrociano, sul centro-destra dell’inquadratura: un angolo in cui domina la macchinetta del caffè, autentico, mesto moloch dell’attività impiegatizia. L’American dream non sembra essersi dispiegato in tutta la sua portata nemmeno per il funzionario da cui dipende il piccolo sogno di Sam.

Dopo questa inquadratura, curata e fissa, è una camera a spalla a mostrarci i campi e controcampi sui volti dei due interlocutori: una scelta stilistica che giustappone le facce del decisore e del fallito con una fragilità di ripresa che ne rende le vite del tutto assimilabili.

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