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Finalmente la giornata dell’Autonomia…

... ma la data è sbagliata, di parte, tutta interna alle logiche della Svp. Invece si potrebbe...

Quasi di soppiatto, il presidente della Giunta provinciale ha proposto di istituire una giornata dedicata all’autonomia. Era una delle decisioni di giunta di un lunedì di inizio marzo e solo un paio di giornalisti "vecchio stile", capaci cioè di pensare e scrivere al di là dei comunicati-stampa ufficiali (rari, rarissimi, praticamente scomparsi!) hanno notato la cosa e ne hanno dato rilievo.

Luis Durnwalder.

Arnold Tribus ci fa uno dei suoi famosi fondi, chiede che si tratti di un giorno feriale da far diventare festivo, in cui tutti possano sfilare e omaggiare il capo unico, e in conclusione si rallegra del "silenzio degli italiani". Perché? Se è una festa dell’autonomia non dovrebbe essere di tutti?

Paolo Campostrini invece, sull’Alto Adige, si compiace di questa decisione, e articola in un commento le ragioni di questo primo riconoscimento della difficile scelta storica che ha portato il Sudtirolo a scegliere una via diversa dalle tentazioni di espulsione reciproca da parte dei due gruppi linguistici. Klotz protesta, ma senza la verve consueta. Gli altri tacciono. Dunque bene.

Tuttavia, non si può tralasciare di osservare che la data prescelta da Durnwalder, il 22 novembre 1969, giorno in cui la SVP scelse al suo interno la via dell’autonomia invece di ascoltare le voci che portavano a richiedere un cambiamento dei confini allora impossibile, riduce di molto il significato dell’intenzione. Per molti infatti non è il ricordo più lieto. Fra questi ci sono quei componenti della SVP che a Merano, quel giorno, non furono d’accordo che il partito dicesse di sì al "pacchetto" e che, anche se in seguito si convinsero della bontà della scelta, non potranno essere felici di ricordare una avvenimento che per loro significò, spesso in buona fede, una sconfitta. Fra coloro che si sentirebbero (e meglio sarebbe dire "sentiranno", perché non dubito che il presidente della Provincia farà ciò che ha detto e non ascolterà nessuno) estranei ad un festeggiamento incentrato su questa data, c’è anche il gruppo italiano: sia coloro che non furono chiamati a decidere - e forse era giusto - ma neppure vennero informati né tanto meno preparati a comprendere le conseguenze di quel fatto, sia quelle persone che tanto lavorarono perché la soluzione trovata andasse a buon fine nell’interesse di tutte le popolazioni. E anche i ladini furono in sostanza estranei a quell’avvenimento. Il 22 novembre fu una data importante, ma rimane all’interno della logica di partito, partito etnico, partito dominante, e non di una comunità che continua a sperare nonostante tutto, che si possa vivere insieme e costruire insieme una realtà culturale e sociale nuova e aperta al futuro e al mondo.

Affinché non sia destinata "alla memoria piuttosto che al futuro", la data della giornata dell’autonomia deve ricordare un fatto in cui tutti possano riconoscersi.

E’ il giugno del 1992, la data giusta, quando la vertenza sudtirolese fra Italia e Austria venne chiusa davanti all’ONU. E’ il momento in cui non solo chi aveva voluto il pacchetto, ma anche i molti dissidenti all’interno del partito etnico (che avevano comunque dato un forte contributo a realizzarne e ampliarne i contenuti), poterono essere soddisfatti dei risultati; è il momento in cui il gruppo italiano, nella stragrande maggioranza, per la prima volta fu chiamato e si espresse a favore della chiusura della vertenza sudtirolese fra Italia e Austria, il momento in cui, resi certi i diritti della minoranza nazionale maggiore, anche per i ladini comincia il lento ma progressivo cammino sulla via del riconoscimento dei diritti linguistici e culturali.

E’ alla chiusura del pacchetto che comincia la fase di non ritorno di un’autonomia che prima veniva sempre messa in discussione. Nonostante i tentativi di coloro che nel partito etnico cercarono di far passare sotto silenzio questa cesura storica, supportando di fatto la crescita delle forze della destra interna ed esterna, la fine del conflitto è oggi una realtà e una base forte per lo sviluppo della convivenza. Se la si vuole, naturalmente. E per dimostrarlo quale via migliore che scegliere una data significativa e gradita ai cittadini e alle cittadine di tutti i gruppi e lasciare stare la tentazione di sottrarre a una parte di loro la possibilità di, finalmente, gioire per l’inizio di un tempo nuovo?