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QT n. 11, 4 giugno 2005 Cover story

Centro sinistra: il ciclone Rovereto

Il centrosinistra trentino scosso dalla sconfitta roveretana: forse urge ridisegnare un’alleanza poco produttiva. La Margherita inizia a pensarci, i Ds invece...

Non poteva essere indolore, passare come se niente fosse, la cocente sconfitta dei big del centro-sinistra trentino. Erano calati tutti, ma proprio tutti a Rovereto: da Dellai alla Cogo, da Boato a Pacher a Kessler, a sostenere il sindaco uscente Maffei, a sbracciarsi nell’impartire direttive all’elettorato: "Votate Roberto Maffei" E perché? "Perché rappresenta il centro-sinistra".

Inserzioni a pagamento apparse nelle pagine roveretane dei quotidiani del 20 maggio.

Il bello era che chi è appena un po’ addentro alle cose della politica, sapeva quanto poco quelle stesse persone stimassero Maffei. E allora, perché avremmo dovuto votarlo? "Perché dà forza e vita al progetto politico dei partiti della coalizione…" (frase tratta dalle grottesche inserzioni pubblicitarie che riportiamo a lato). Cioè, tradotto dal politichese, "perché ve lo diciamo noi". Che poi sia o non sia un buon sindaco, non ci interessa: voi votatelo.

E i cittadini hanno risposto in massa, con il gesto dell’ombrello.

Insistiamo su questa dinamica, perché ci sembra un esempio di arroganza partitocratrica allo stadio terminale: i partiti, per le loro convenienze interne, decidono di imporre un sindaco giudicato, da loro stessi, inadeguato. [/a]E’ appunto la politica, "il progetto politico dei partiti della coalizione" che vive in uno spazio proprio, si libra a mezz’aria, pretendendo di non aver nulla a che fare con i contenuti concreti, in questo caso l’amministrazione della città, e la ricerca di una sua guida adeguata.

E’ la stessa logica che porta Rutelli a distruggere l’Ulivo: non interessa la costruzione di un governo che ridia slancio ad un’Italia annaspante; quello che conta è posizionare la propria forza politica in modo che guadagni uno-due punti percentuali di voti in più. E’ una visione geometrica – oltre che astratta - della politica: il cittadino dovrebbe votare spostandosi un po’ più a destra o un po’ più a sinistra, non perché condivide o meno un progetto di governo.

Questa visione, questa cultura, è profondamente radicata nelle nomenklature. Ed avversata dagli elettori: infatti nel 2001è stato proprio il suo ripudio a portare milioni di elettori a farsi affascinare, per contrasto, dallo sventurato sogno berlusconiano, l’imprenditore di successo che al teatrino della politica avrebbe sostituito la cultura del fare. Ora, con il berlusconismo in disfacimento, con i pessimi risultati del governo dei dilettanti, le nomenklature ci riprovano, e ritornano ai consolidati vizi.

E così in Trentino: il centro-destra non esiste, non ha una soglia minima di presentabilità, e il notabilato del centro-sinistra ha pensato di poter impunemente fare e disfare. E invece i roveretani hanno votato per il prof. Valduga.

Ci vorranno tre generazioni perché vinciamo con questa nomenklatura – tuonava a piazza Navona Nanni Moretti nel febbraio del 2002 (La sera in cui la nomenklatura rimase nuda). Forse si sbagliava sulla consistenza degli avversari (purtroppo: sembra una gara a perdere, a chi fa peggio). Ma, a parte questo, aveva ragione? I partiti non sanno proprio correggersi?

Qui ritorniamo in Trentino; e vediamo come gli stati maggiori, bastonati dagli elettori, stanno reagendo alla batosta.

Partiamo dalla Margherita, che in realtà della sconfitta era consapevole. Lo stato maggiore non apprezzava Maffei, lo riteneva un sindaco e un candidato debole (la scorsa volta contro Zenatti di An aveva vinto per un soffio) e avrebbe volentieri cambiato cavallo. Ma Maffei li aveva messi nel sacco, minacciando di candidarsi comunque, anche da solo, e portargli via voti. Di qui la decisione, obtorto collo, di sostenerlo; confidando da una parte nella cronica debolezza degli avversari di centro-destra, dall’altra in un analogo sostegno (ancora più obtorto collo) dell’aggregazione di sinistra Rovereto Insieme.

A rompere le uova nel paniere è arrivata da una parte la candidatura di Valduga, il quale – democristiano doc – ha rappresentato un’alternativa credibile; dall’altra l’indisponibilità della sinistra roveretana, per quanto pressata dai vertici trentini, a inghiottire il rospo Maffei.

Eccolo il punto: il rapporto con la sinistra. Fino a Rovereto la Margherita ha dominato l’alleato, ridotto a suddito riottoso. Ora però inizia ad aprirsi l’interrogativo: tale rapporto è davvero proficuo?

Il fatto è che la sconfitta di Rovereto è solo il più sonoro di una serie di campanelli d’allarme: a Trento la Margherita è arretrata di oltre il 3% perdendo un consigliere, e in tutta una serie di Comuni i candidati dellaiani sono stati sconfitti. "Queste elezioni le abbiamo perse"- è stato il commento di diversi esponenti, giunti anche a chiedere le dimissioni del segretario Mauro Betta.

Conclusione forse eccessiva. Ma un dato appare comunque chiaro: è finito il momento magico, il feeling tra il Trentino e gli uomini di Dellai; i voti non arrivano più in automatico. L’immagine della Margherita forza politica vincente, accorta, affidabile, popolare, si è appannata. Perché? – si chiedono i dellaiani.

Su questo pesa il rapporto con la sinistra; che appare incerta, incapace, velleitaria, e regolarmente presa a sberle dall’alleato più forte e determinato. E che quindi invece appare arrogante, prepotente.

La sinistra subisce, si lamenta, e appena può, poi, mette pali tra le ruote. E’ chiaro che un siffatto "progetto politico del centro-sinistra" comincia a non incantare più l’elettore. Provvedimenti urgono.

A questo punto del ragionamento, i margheritini si dividono. C’è una parte, esponente di punta ne è il consigliere Adelino Amistadi, e più defilato l’assessore Grisenti, che la sinistra non la digerisce proprio, e sogna una nuova Dc. Costoro vedono nella sconfitta roveretana nuova acqua al loro mulino: con i Ds rompiamo, ci avviciniamo alla Forza Italia di Malossini che non desidera altro, e formiamo un centro-centro forte.

Claudio Molinari (Margherita) già assessore provinciale e attuale sindaco di Riva.

Un’altra parte invece, fa un ragionamento opposto. "Il centro non ha più senso – sono le parole del nuovo sindaco di Riva Claudio Molinari in un’intervista al Corriere del TrentinoDobbiamo fare un’opzione chiara per il centro-sinistra, senza giocare alla politica dei due forni". E su questa base avere un rapporto più definito e maturo con i Ds.

Perché da una parte il cahier de doléances con i Ds è lungo: la contestazione dei sindaci margheritini non solo a Rovereto, ma a Riva e altrove; l’opposizione pregiudiziale alla riforma della ricerca; la continua guerriglia sui temi ambientali; quella sui soldi alla politica. E più in generale il fatto di non essere un interlocutore valido: il segretario Andreolli non controlla il partito; il capogruppo Barbacovi non controlla i consiglieri; le varie personalità diessine sono tanto deboli quanto autonome.

Ma, d’altra parte, questa situazione è frutto anche dell’azione della Margherita, che in Consiglio provinciale, con il suo capogruppo Casagranda, ha subito intessuto rapporti preferenziali con Malossini, fomentando nei Ds i timori di un ribaltone.

Giorgio Casagranda e, sotto, Paolo Barbacovi, capogruppo in Consiglio Provinciale di Margherita e Ds.
Giorgio Casagranda e, sotto, Paolo Barbacovi, capogruppo in Consiglio Provinciale di Margherita e Ds.

Lo stesso Casagranda, sulla delicata questione dei soldi ai consiglieri, si è intortato il neo-capogruppo Ds Barbacovi, che fidandosi troppo del più esperto collega, ha collezionato una serie di figuracce, bruciandosi; e così Casagranda a sinistra non ha più interlocutori. Sulla politica ambientale i Ds hanno nei fatti alzato bandiera bianca rispetto all’ambientalismo più "paesaggista" (a iniziare dal nodo degli impianti di risalita come a quello della fauna), scontando una ferita aperta e sempre sanguinante con il relativo, combattivo associazionismo; e si sono concentrati su una difesa delle scelte strategiche (inquinamento e trasporto su ferro); eppure anche queste scelte Dellai continua a contraddirle, con insistite proposte come la PiRuBi, devastanti per la residua credibilità diessina. E poi ancora: inceneritore, riforma istituzionale, riforma dell’Itea ecc, tutti argomenti sui quali la sinistra è costretta ad arretrare, a rinunciare a posizioni storiche solo perché l’alleato più forte aggrotta le ciglia.

In conclusione, si ragiona nella Margherita, il nostro alleato è destabilizzato e con lui abbiamo un rapporto che non è né serio né sereno: ma non è anche colpa nostra? Per una migliore azione di governo, e anche per non figurare come i prepotenti pigliatutto, non è il caso di riaggiustare il tiro?

Il fatto è che, mentre fra i dellaiani si fanno strada questi ragionamenti, fra i Ds vanno avanti tutt’altre dinamiche. Il segretario Remo Andreolli si trova in gravi difficoltà proprio a causa dei rapporti con la Margherita. Eletto senza troppi entusiasmi perché gravato da un conflitto d’interessi più volte rinfacciato (è assessore provinciale alla Sanità e quindi subordinato a Dellai di cui dovrebbe essere interlocutore), non ha saputo né frenare il debordare dellaiano, né presentarsi come leader alleato forte e riconosciuto: la Margherita da una parte, e i vari esponenti del suo partito dall’altra, sono andati ciascuno per la propria strada.

L’ultimo esempio è la formazione della Giunta comunale a Trento. Alberto Pacher, sindaco diessino rieletto a furor di popolo, nella scelta degli assessori ha tenuto rigorosamente conto dei desideri di tutte le formazioni e correnti; tranne quelli dei Ds, il suo partito. Questi ultimi infatti avevano indicato, come proprio rappresentante in giunta, Sara Ferrari, capolista e più votata; Pacher invece le ha preferito, per l’assessorato alla Cultura, Lucia Maestri, non laureata (mentre la Ferrari è insegnante ed ha avuto esperienze come dirigente di biblioteca e ricercatrice al Museo storico), con la motivazione ufficiale che è già stata in Consiglio nelle scorse legislature. La motivazione vera invece è un’altra: la Maestri, come diessina, è eretica, ma molto ben vista dalla Margherita. "Adesso la Margherita sceglie anche i nostri assessori – è stato il commento a via Suffragio. Questo non è vero - la Margherita se n’è disinteressata, aveva proprie beghe da sbrigare - ma proprio anche per questo la scelta di Pacher è indicativa di quanto conti la segreteria Ds.

Fabrizio Rasera, di Rovereto Insieme.

In questa situazione Andreolli aveva individuato nella competizione elettorale a Rovereto l’occasione per marcare l’autorità del partito e far vedere come i rapporti con la Margherita si devono gestire attraverso comportamenti univoci. Scelta disastrosa: il partito roveretano ha nicchiato e gli elettori lo hanno mandato a quel paese.

Ed ecco che ora il segretario, invece di avviare una riflessione, ha deciso di usare il pugno di ferro. All’ultima direzione dei Ds toni durissimi, parole inusitate: invettive di stampo leghista contro il culturame roveretano (gli intellettuali di sinistra come Fabrizio Rasera, per il secondo anno il più votato in Consiglio), minacce di imminente tabula rasa. Una visione minimale del partito, localmente appiattito su Dellai, che sopravvive per inerzia, come pallido riflesso del livello nazionale; attraverso un personale che sappia crearsi una popolarità da bar, a suon di pacche sulle spalle e partite alla morra.

E così, mentre nella Margherita si discute su come riavviare un rapporto più maturo con la sinistra, quest’ultima regredisce. Il centrosinistra tutto rischia quindi di perdere un altro treno. In Trentino, come per altri versi in Italia.

Speriamo, per tutti, che sia solo una dinamica passeggera.