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QT n. 18, 29 ottobre 2005 Servizi

Il difficile compostaggio

La raccolta differenziata dell’umido procede discretamente. I problemi arrivano subito dopo...

I più sono d’accordo nel sostenere la raccolta differenziata dei rifiuti come sistema per ridurre il problema del loro smaltimento. Una delle parti rilevanti - circa il trenta per cento - della montagna dei rifiuti urbani è rappresentata dalla cosiddetta frazione umida (scarti della cucina, della ristorazione, sfalci dei giardini privati e pubblici…). Si tratta di scarti che, opportunamente trattati, possono ridurre i problemi di smaltimento e produrre persino un prodotto utile, il cosiddetto compost.

Negli ultimi anni, vista la necessità (ed anche l’obbligo) di elevare le quote di raccolta differenziata, molti comuni, tramite i loro enti gestori, hanno promosso la raccolta differenziata dell’umido. Per chi dispone di spazi propri come un orto o un giardino, l’auto-smaltimento dell’umido dovrebbe rappresentare la naturale destinazione del prodotto; ma non si è fatto ancora abbastanza in questa direzione.

Limitandoci alla zona della Rotaliana, vediamo come stanno le cose. A Faedo (meno di 600 residenti) la metà delle famiglie "composta" in forma domestica, a Lavis (8000 abitanti) quasi un terzo delle famiglie composta in giardino, mentre a Mezzocorona (circa 5000 abitanti), l’auto-smaltimento è praticato da un sesto dei potenziali fruitori.

L’operazione non sempre è praticabile in forma autarchica (ad esempio, nei condomini spesso non esiste lo spazio, oppure è impossibile trovare chi si assuma la responsabilità delle operazioni), per questo è stata prevista in buona parte della provincia la raccolta dell’umido tramite il servizio pubblico. Come già detto, dai rifiuti organici è possibile produrre un prodotto utile, il compost, un materiale che restituisce sostanza ai terreni impoveriti dalla coltivazione. Ma in Trentino, nonostante anni di progetti e di buone intenzioni, la gran parte del rifiuto organico è trasportato ancora in impianti di trattamento dislocati fuori provincia, nella fattispecie a Isola della Scala, Nello stesso momento, l’impianto privato (ma che ha beneficiato di un importante contributo provinciale) realizzato a Levico è bloccato e coinvolto in una feroce polemica a causa - dicono i detrattori – dei cattivi odori provenienti dalla lavorazione dei rifiuti da compostare. L’impianto di Levico dovrebbe lavorare, secondo le intenzioni della Provincia due terzi (circa 30.000 tonnellate) del materiale raccolto dal servizio pubblico, per cui il blocco dichiarato qualche mese fa a causa delle proteste risulta particolarmente grave ed imbarazzante.

Facendo un calcolo basato sulla quantità che il consorzio ASIA (comprensorio della Valle dell’Adige, città di Trento esclusa) tratta, il viaggio nel Veronese viene a costare all’azienda, ai comuni e quindi ai cittadini che pagano la bolletta circa 100.000 euro in più all’anno per le circa 3.000 tonnellate (quantità destinata ad aumentare) di rifiuto organico trasportate all’impianto di Agrinord.

Così il compost lo fanno nella Bassa Veronese. Nello stesso tempo, nella discarica della Val di Non, sono presenti ma inutilizzate da anni alcune biocelle (marchingegni che affrettano il processo naturale di trasformazione del rifiuto in terriccio).

Il macchinario, del costo di qualche centinaio di milioni di lire, è fermo perché pare dia fastidio agli abitanti del vicino comune di Denno.

Nella Piana Rotaliana, e precisamente a Mezzocorona, nei pressi della nuova tangenziale per Roveré della Luna, esiste il "biodigestore" di un’ex distilleria che attualmente funziona solo a mezzo servizio. Infatti, appena in quel comune arrivò alcuni anni fa l’ipotesi che la Provincia, proprietaria dell’impianto, volesse sfruttarlo anche per i rifiuti umidi, tutto (!) il Consiglio comunale di quel paese alzò le barricate. Insomma, sono trascorsi anni, la raccolta differenziata è stata finalmente incrementata ma non è stato ancora risolto il problema di dove compostare gli scarti.

Per dare un’idea dello stallo riportiamo una sintesi dell’intervista rilasciata a Questotrentino alcuni anni fa dalla dott. Silvestri dell’unità di ricerca sulle biomasse ed energie rinnovabili dell’Istituto Agrario di San Michele. L’ufficio segue da quasi vent’anni il problema anche per conto della Provincia di Trento ma, vista la situazione, sembra raccogliere più consenso (nemo propheta….) altrove che da noi. Anzi, la situazione attuale per certi versi sembra ancora peggiore da quando è stato chiuso (per fare posto all’ennesimo ampliamento della discarica di Trento) l’impianto sperimentale di Ischia Podetti, presso il quale erano lavorati i fanghi dei depuratori delle fognature. Il compost prodotto era stato certificato iso 9001 ed era venduto tramite asta pubblica. Da allora anche il problema dei fanghi si è complicato. L’intervista, riletta oggi, offre un’idea di come le cose non siano state fatte marciare.

II sito di Levico per ora è nella fase del finanziamento (abbiamo visto come si sono poi complicate le cose, n.d.r.). Purtroppo il piano provinciale di smaltimento rifiuti non ha individuato degli impianti di bacino per il trattamento di compostaggio della frazione umida o per la stabilizzazione del rifiuto residuo prima dello smaltimento finale secondo quanto previsto dalla normativa.

Riguardo alla realtà della Val di Non, tanto decantata come esempio per gli altri comprensori, forse non tutti sanno che presso la discarica Iscle di Taio sono state installate tre biocelle fornite da due diverse ditte, complete di unità di trattamento dell’aria di processo. I reattori sono stati sottoposti a collaudo funzionale ‘a caldo’ in prove di trattamento di frazione organica dei RSU nei periodi dicembre 1999-luglio 2000 (due biocelle Cesaro) e novembre 2002-maggio 2003 (biocella Herhof). Le prove hanno confermato l’idoneità delle biocelle per la conduzione della prima fase del processo di compostaggio (fase attiva o intensiva). Attualmente i tre reattori, del costo complessivo di circa un miliardo di lire e con una potenzialità di 2000 t/anno di rifiuti trattati, sono inutilizzati (nel 2002 la quantità complessiva di organico e verde raccolta ammontava a circa 1800 t, n.d.r.).Altre tre biocelle, acquistate dal Servizio Opere Igienico Sanitarie della PAT in previsione di una loro installazione presso l’impianto di Ischia Podetti (dismesso alla fine del 2002), saranno invece collocate presso l’impianto di compostaggio che il Comprensorio della Val di Sole intende realizzare a Monclassico. Il centro è già stato finanziato dalla PAT ed il Comprensorio prevede di avviare l’appalto delle opere entro l’estate 2004. La potenzialità dell’impianto è di circa 2000 t/anno".

Attualmente l’unico compost prodotto a livello locale è quello dell’impianto di compostaggio da letame di Castelfondo, che sta trovando un suo mercato.

Il compost di CastelfondoL’impianto di Castelfondo, in alta Val di Non è stato realizzato con la consulenza dell’Istituto Agrario per trasformare in compost il letame proveniente dalle stalle bovine della zona. E’ stato attivato nel 2001, poi ci sono stati dei problemi ed ha ripreso a funzionare dal febbraio 2005. Il compost prodotto dalla miscelatura di letame, ramaglie provenienti dalla raccolta differenziata delle potature private e pubbliche e scarti di legno anch’essi frutto della raccolta differenziata, è certificato da Fertab, l’organismo che garantisce gli ammendanti per l’agricoltura biologica. L’impianto è attualmente gestito dalla cooperativa Agricompost (Consorzio Lavoro Ambiente), nella cui compagine è rappresentato anche la Coldiretti del Trentino, la maggior associazione contadina distintasi per l’impegno contro la realizzazione dell’inceneritore.

Per il compost il problema principale è quello di garantire un buon prodotto che abbia subito un processo di trasformazione che lo renda stabile e maturo, oltre che privo di inerti (tipo plastiche e/o vetri), che tuttavia vengono rimossi efficacemente con la vagliatura finale. Il tipo di impiego dipende poi dalle caratteristiche del prodotto (pH, salinità, proprietà fisiche) che lo rendono idoneo al pieno campo e/o all’uso come substrato colturale.

Presso l’Istituto Agrario di San Michele esiste un impianto pilota di compostaggio utilizzato prevalentemente per attività sperimentali ed in parte per trattare gli scarti organici prodotti dall’azienda interna (cantina, manutenzione verde, potature, scarti di frutta ...). Viene ritirata e trattata anche l’erba di sfalcio del nuovo campo sportivo, ma l’obiettivo principale è quello di testare sistemi di trattamento differenti e tipologie di rifiuti organici problematici, anche di tipo agroindustriale.