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QT n. 1, 14 gennaio 2006 Monitor

Il Bene e il Male del regno di Narnia

Una sorta di "Signore degli anelli" rozzamente semplificato l'ultimo lavoro della Disney, "Le cronache di Narnia". E' rivolto ai ragazzi? Sì, ed è diseducativo, non insegna a distinguere ma ad odiare (naturalmente il Male).

Da una parte c’è un esercito composto di minotauri che muggiscono, nani pelosi, lupi feroci, ibridi malriusciti tra pipistrelli e suini; e di fronte si schierano bianchi unicorni, carismatici leoni, piccoli re dalle armature brillanti e principesse con addosso corpetti appena usciti dalla sartoria. La scelta di campo è proprio un gioco da ragazzi: per schierarsi dalla parte del Male ci vorrebbe parecchio pelo sullo stomaco; se si è appena un po’ schizzinosi ci si getta senza indugio tra le braccia del Bene. Non c’è gara.

Il film della Disney "Le cronache di Narnia" racconta di quattro fratelli che entrano in un armadio ed escono in un regno popolato da personaggi mitologici e fiabeschi. Il maleficio di una strega costringe quel mondo a vivere in un inverno perpetuo. I quattro ragazzi, attesi come liberatori, si alleano al leone/redentore Aslan, che muore e risuscita per la salvezza del suo popolo. Ma il leone non è l’unico a risuscitare. Uno alla volta, vedremo ritornare in vita praticamente tutti i buoni morti durante il racconto. I dibattuti sottintesi cristologici, in effetti, ci sono tutti. Ma il problema ideologico, più che in una concezione teo-con della politica, sta proprio nella schematizzazione delle dinamiche Bene/Male e nella facilità delle scelte di schieramento che portano dritte dritte alla battaglia campale, alla guerra.

Le atmosfere del film richiamano quelle del "Signore degli anelli" per diversi motivi: intanto l’autore dei romanzi della serie, C. S. Lewis, medievalista, professore a Cambridge e a Oxford, era amico personale di Tolkien, con cui scambiava pareri e letture; poi, il regista de "Le cronache di Narnia" è neozelandese come Peter Jackson e il film è girato in gran parte in quella nazione; in terzo luogo, la Disney ha investito soldi nel film anche perché rassicurata dal successo della trilogia del "Signore degli anelli".

Detto questo, va riscontrata l’enorme distanza, nei film e nei libri, tra un universo complesso e dalle radici profonde come quello tolkieniano e il mondo parallelo iper-semplificato visualizzato dal regista Andrew Adamson. Nella Terra di Mezzo di Tolkien e Peter Jackson avviene sì una lotta tra Bene e Male, ma questo scontro sembra svolgersi intorno a un buco nero in grado di inghiottire tutti, buoni e cattivi. Quel simbolo, l’anello che riesce a dominare e far impazzire chi lo porta, va a toccare dei nodi profondi; ci mostra quanto la natura umana sia a rischio continuo di sbandamenti tragici, che toccano anche le forze del Bene. Se questi discorsi, come ne "Le cronache di Narnia", vengono trattati in modo svelto e superficiale, essi diventano subito fastidiosamente ideologici.

Dei quattro fratellini che, attraverso l’armadio, giungono nel regno di Narnia, solo uno, invidioso del fratello maggiore e un po’ pollo, si schiera inizialmente dalla parte della strega. Ma questa, in modo assai stupido, non sa tenersi buono il piccolo collaborazionista, lo tratta male, lo sbatte in galera, trasforma sotto i suoi occhi simpatiche volpi in pietra. Anche il ragazzino più sciocco arriva presto a capire che lei è il Male, e che da quella parte lì non c’è nessun vantaggio a stare. Indosserà quindi quasi subito una linda tunichetta, imbraccerà la spada, dormirà sotto colorate tende da campo, combatterà una guerra giusta contro il nemico cattivo.

La scelta di schieramento – il "Which Side Are You On?", come dice una vecchia canzone folk – è praticamente automatica. Ma questi regnanti, questi leader di cui viene voglia istantanea di abbracciare la causa, si trovano in effetti solo nei medioevi in versione fantasy. La nostalgia per un periodo in cui era netta la distinzione tra Bene e Male è nostalgia per qualcosa che non c’è mai stato. Come dice Michele Mari a proposito di "Moby Dick", "non c’è conflitto che non ci renda uguali al nemico, non c’è abisso in cui si possa guardare impunemente".

Il problema, se vogliamo, è che il mondo al di qua dell’armadio che conduce a Narnia ci mette di fronte a scelte assai più complicate: si è pro-TAV o anti-TAV? Con Paolo Di Canio o contro Paolo Di Canio? Con Bush o con Bin Laden? Dove stanno i minotauri? Dove gli unicorni?

Il Bene e il Male sono così belli distinti solo nei fantasy ideologicamente fragili e nei peggiori action movies. Nella realtà occorre imparare ad approfondire le differenze, rifiutare le false alternative e schivare scelte di campo ridicole.

Il problema non sarebbe nemmeno un problema, se non fosse che "Le cronache di Narnia – Il Leone, la Strega e l’Armadio" è una pellicola della Disney. Volendo fare i parrucconi, ci sembra che il film sia decisamente diseducativo. Più che questi bianchi e neri, sarebbe istruttivo mostrare ai ragazzi le varie tonalità del grigio. Se non si vuole trovare un giorno sul loro comodino i libri scritti da Oriana Fallaci.

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