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Un decreto sicurezza che ci rende più insicuri

Un passo indietro che non tiene conto delle vite e le storie delle persone e il lavoro delle tante organizzazioni fatto in questi anni

Centro Astalli (Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati)

Esprimiamo preoccupazione per gli effetti che le nuove misure introdotte dal Decreto varato all’unanimità dal Consiglio dei Ministri potranno avere sulla vita dei migranti e sulla coesione sociale dell’intero Paese. L’unificazione del Decreto sicurezza e del Decreto immigrazione in un unico testo di legge ci pare fuorviante e sbagliata. Ancora una volta si va a reiterare la nefasta equazione che assimila i problemi di sicurezza interna, come criminalità organizzata e terrorismo, al tema della gestione delle migrazioni e in particolare delle migrazioni forzate, che ben altro sforzo legislativo richiedono in termini di programmazione, gestione e integrazione dei migranti.

Registriamo come un arretramento sostanziale la riforma dello SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti asilo e Rifugiati) e l’esclusione da questo tipo di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Viene così meno il principio fondamentale secondo cui la riuscita di un percorso di integrazione debba partire dalla prima accoglienza, come chiaramente espresso anche nel Piano Integrazione per i rifugiati del Ministero dell’Interno.

Lo SPRAR, un sistema virtuoso, riconosciuto tale anche da osservatori internazionali, viene ridotto, nonostante sia l’unico sistema di accoglienza che garantisce la massima trasparenza nella gestione delle risorse. Si potenziano altresì i grandi centri per richiedenti asilo, che, come ampiamente dimostrato, non prevedendo alcun coinvolgimento delle amministrazioni locali, incontrano resistenze e ingenerano tensioni sociali.

Si tratta di un passo indietro che non tiene conto da un lato delle vite e delle storie delle persone e dall’altro del lavoro di costruzione che da decenni tante organizzazioni umanitarie e di società civile hanno fatto in stretta collaborazione con le istituzioni, in particolare con gli enti locali, in un rapporto di sussidiarietà che ha rappresentato la linfa vitale del welfare del nostro Paese. Criminalizzare i migranti non è la via giusta per gestire la presenza in Italia di cittadini stranieri. Aumentare zone grigie, non regolamentate dalla legge, e rendere meno accessibili e più complicati i percorsi di legalità contribuisce a rendere il Paese meno sicuro e più fragile.

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