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La famosa “Direttiva Bolkestein”

E inoltre: le multe alle grandi aziende (a iniziare da Eni e la sua politica di non aumentare l'importazione di gas algerino per tener alti i prezz)i, la vendita dei farmaci e una pubblicità ingannevole.

Cogliamo l’occasione dell’approvazione il 16 febbraio a Strasburgo dalla UE della direttiva Bolkestein per rispondere a molti consumatori che ci hanno chiesto un parere sulla questione. La direttiva Bolkestein ha in parte messo ordine alla libera concorrenza nei Paesi della Comunità Europea, per cui ad esempio una ditta polacca operante a Francoforte dovrà rispettare la legislazione del lavoro tedesca, mentre una ditta tedesca operante in Lettonia potrà avere il vantaggio di abbandonare la costosa normativa della madrepatria e adeguarsi alla più giovane normativa dello Stato ospitante. Il Parlamento Europeo ha però escluso dalla concorrenza quei servizi, come quelli bancari, assicurativi, postali, del gas, dell’energia e dei trasporti urbani che, al contrario, avevano più bisogno di una forte dose di competizione, per stabilizzare in basso le tariffe ed alzare la qualità dei servizi.

Secondo IntesaConsumatori, dunque, i consumatori europei, con l’approvazione della direttiva Bolkestein, non hanno nulla da festeggiare, perché se è vero che sono stati attenuati gli effetti di una liberalizzazione selvaggia del mercato del lavoro, il ribaltamento della proposta iniziale (secondo la quale ogni impresa avrebbe mantenuto le norme del proprio Paese anche lavorando all’estero) ha sì introdotto l’adeguamento alla legislazione degli Stati ospitanti, ma ha comportato come contropartita l’esclusione dalla concorrenza dei servizi finanziari e delle aziende municipalizzate, le quali, spesso, erogano i servizi in regime di monopolio con prestazioni insoddisfacenti. Tutto ciò risulta preoccupante, in quanto vengono liberalizzati gli idraulici, senza intaccare i poteri dei veri monopoli.

Insomma, possono liberamente circolare le offerte di servizi nei settori delle agenzie immobiliari, turistiche, dei centri sportivi, del tempo libero, delle costruzioni, della distribuzione commerciale, dell’organizzazione di fiere, dell’affitto di autovetture, mentre sono stati esclusi dalla libera circolazione (violando uno dei principi ispiratore della Comunità Europea) i settori coperti da legislazione specifica e di interesse economico generale: come si è detto, i servizi bancari, finanziari, assicurativi, i trasporti, i porti, i servizi sociali, l’assistenza sanitaria pubblica e privata, gli audiovisivi, il gioco d’azzardo, la sicurezza, le agenzie di lavoro interinale. Sono altresì esclusi i servizi legali e le professioni e le attività collegate con l’esercizio di autorità pubblica, come i notai.

La nostra amara conclusione è che l’Europa dei cittadini e dei diritti dovrà ancora attendere.

Le multe dell’Autorità Garante. T. M. di Arco ci chiede informazioni sulle multe che le diverse Autorità Garanti comminano alle grandi aziende. Prima di entrare nel merito dei singoli casi, ci preme rilevare come le multe date dalle diverse Autorità dimostrino da un lato che le politiche di cartello praticate dalle compagnie (siano esse energetiche, telefoniche, assicurative, ecc.) strozzano i consumatori con tariffe che risultano le più alte d’Europa, dall’altro evidenziano l’incapacità del Governo a calmierare i prezzi con piani che vengano rispettati da tutti gli operatori.

1) La maximulta all’Eni. La multa di 290 milioni di euro irrogata dall’Antitrust all’Eni per aver volontariamente ritardato gli investimenti nei gasdotti tra Algeria, Tunisia e Italia abusando della propria posizione di monopolista nelle reti del gas, dimostra – proprio in una fase di razionamento del metano - la presenza di politiche di cartello, da anni denunciate da Intesaconsumatori, per mantenere artificiosamente le tariffe. Ma tale decisione di infliggere la sanzione più elevata dall’Antitrust italiano (dopo i 360 milioni di euro irrogata al cartello delle compagnie nel settore RC Auto) evidenzia l’incapacità del Governo a calmierare i prezzi per l’assenza di politiche energetiche, mediante i ricorsi a condoni e leggi truffa, approvate a tambur battente proprio per premiare comportamenti contro il mercato, come la legge truffa salvacompagnie, evitando la restituzione di 4,2 miliardi di euro di danni, inferti ad oltre 18 milioni di assicurati.

Nella decisione dell’Antitrust (a cui Intesaconsumatori si era rivolta già un mese fa con un esposto proprio per accertare la reale concorrenza nel settore dell’energia), che si riferisce alla scelta dell’Eni del 2003 di bloccare il potenziamento del gasdotto che attraversa la Tunisia controllato attraverso la società Trans Tunisian Pipeline Company, nonostante gli impegni presi con le autorità di regolamentazione e gli altri operatori, con un potenziamento da concludersi entro il 2007 (l’indagine Antitrust è iniziata nel 2005), che determinerà il mancato arrivo in Italia nel biennio 2007-08 di circa 9,8 miliardi di mc. di gas, si possono configurare danni ai consumatori, che Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori - alla stessa stregua della multa Antitrust - cercheranno di quantificare per proporre azioni risarcitorie.

La scelta dell’Eni di non "sbottigliare" il tratto tunisino del gasdotto che collega l’Algeria con l’Italia fu determinata da rischi di "eccesso di offerta", la più classica delle politiche di cartello adottata dai monopolisti per mantenere artificiosamente alti prezzi e tariffe, considerazione che appare oggi anacronistica e beffarda per consumatori che rischiano continue riduzioni delle forniture dalla Russia, con un conseguente prelievo di 5,1 miliardi di mc. di riserve strategiche.

Il rispetto degli impegni da parte dell’Eni per un maggior afflusso di gas algerini e tunisini avrebbe potuto attenuare la crisi di questa stagione, offrendo maggiori prospettive di stabilità ma anche un raffreddamento di tariffe, tra le più elevate d’Europa.

Intesaconsumatori (Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori) è pronta a costituirsi in giudizio davanti al Tar del Lazio a favore dell’Antitrust nel caso di impugnativa del provvedimento da parte dell’Eni, ma i danni inferti ai cittadini si possono intanto quantificare in almeno 4 miliardi di euro (dati i precedenti Antitrust che sanzionano circa il 10% dei danni causati e dato lo sconto di 100 milioni di euro), che dovranno essere restituiti - stavolta fino all’ultimo centesimo - alle taglieggiate famiglie italiane per circa 250 euro a testa, direttamente nelle bollette.

2) Multa a Tim per pubblicità ingannevole. La multa di 71.000 euro inflitta dall’Antitrust a Tim per pubblicità ingannevole è una notizia positiva, ma l’irrisorietà della multa vanifica i suoi effetti benefici. Per un colosso come Tim pagare una sanzione così bassa è vantaggioso, anche perché, grazie alla pubblicità ingannevole dell’offerta commerciale, ha incassato somme assai maggiori. Sarebbe quindi opportuno non solo inasprire gli importi delle sanzioni, aggiungendo magari uno zero, ma anche studiare meccanismi di indennizzi diretti per gli utenti, ossia forme di risarcimento in denaro per i clienti ingannati da una pubblicità scorretta.

3) Multa a Telecom. Il Consiglio di Stato ha confermato la multa di 115 milioni di euro stabilita dall’Antitrust nei confronti della compagnia telefonica.

L’associazione dei consumatori ha sostenuto, in occasione dell’udienza dinanzi al Consiglio di Stato, che "gli utenti non ne possono più delle prevaricazioni di Telecom, di condizioni vincolanti e di tariffe eccessivamente elevate. Auspichiamo che adesso questi 115 milioni di euro vengano restituiti agli utenti, così come prevede la norma secondo cui le multe inflitte dall’Antitrust devono essere utilizzate in favore dei consumatori".

A proposito di medicine.B.N. di Aldeno si meraviglia della campagna portata avanti dal Ministro Storace contro la vendita dei farmaci sui banchi dei supermercati. Secondo Federconsumatori l’ampliamento delle vendite dei farmaci da banco nella grande distribuzione permetterebbe l’abbattimento dei costi, come già avviene negli altri paesi.

L’obiettivo dovrebbe essere quello di aumentare i punti vendita, in modo da pagare, per esempio l’aspirina ad un prezzo decisamente più basso di quello odierno (in Inghilterra l’aspirina costa un euro, in Italia 5!).

In secondo luogo c’è la questione ancora più rilevante dei cosiddetti farmaci equivalenti, il cui uso permetterebbe di risparmiare miliardi di euro anche al servizio sanitario nazionale, ma che ancora oggi subiscono boicottaggi da tutti gli attori della filiera: chi produce, chi commercializza, chi prescrive e chi vende al cittadino.

Un ulteriore forte risparmio deriverebbe infine dalla messa in commercio di confezioni monouso o monodose, così come deciso unanimemente dal Parlamento, una misura che però stenta a decollare e che ridurrebbe notevolmente gli sprechi, con ingenti risparmi sia per il servizio sanitario che per i consumatori.

Unicredit: una pubblicità ingannevole. P. M. di Trento ci ha segnalato di aver ravvisato sul sito di "Unicredit Banca" un caso di pubblicità ingannevole, che abbiamo subito segnalato all’Autorità Garante. Il fatto si riferisce all’offerta "Norton Internet Security 2006", che sul sito di Unicredit Banca verrebbe fornito alla clientela con uno sconto del 40% rispetto al prezzo praticato in negozio. L’acquisto del pacchetto in negozio è infatti di 49,99 euro, cifra che con lo sconto del 40% scenderebbe a 24,99, ma che, con l’aggiunta di diverse spese accessorie e del relativo bonifico, alla fine risale a ben 46,84 euro.

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