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Quando parlano i muri

Due writers si raccontano.

Luisa Begani

Il Graffiti Writing è una manifestazione sociale, culturale e artistica molto più articolata e complessa di quanto possa sembrare. Il fenomeno nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni Sessanta, come espressione di ribellione verso una società che offriva poche possibilità a ragazzi appartenenti a ceti sociali disagiati. Negli anni Ottanta diventa una pratica diffusa e arriva anche in Europa.

Bologna è stata una delle prime città ad importare il fenomeno, ed ospita quindi una scena piuttosto ricca di eventi, grazie anche alla presenza di crew (gruppo di artisti che dipingono insieme) storiche e di writers riconosciuti nell’ambiente.

II writing è strettamente legato alla cultura hip hop. Quest’ultima propone infatti le caratteristiche quattro "discipline" o "elementi": il DJ’ing (fare il dj); l’MC’ing (cantare musica hip hop); ballare la breakdance; e il writing (l’arte di dipingere). Alcuni ragazzi iniziano a fare writing proprio seguendo questo percorso. Altri, invece, cominciano in altro modo: ammirando le opere di alcuni ragazzi che già disegnano, e, conoscendoli, vengono presi dalla voglia di cimentarsi anch’essi. All’incirca è quanto è successo ai due ragazzi che abbiamo intervistato: Lou, una ragazza di Bologna che ha dipinto per alcuni anni e ha smesso da più di tre, e Spin (questa la sua tag, ovvero la firma, lo pseudonimo), originario delle Marche, che pratica writing dal 2000. Entrambi studiano e lavorano e hanno rispettivamente 23 e 24 anni.

L’obiettivo di ogni writer è quello di farsi conoscere nella comunità, cosa che si ottiene inizialmente tramite la tag (la firma), ma soprattutto creando nel tempo uno stile personale e originale. Nonostante la tag e le sue evoluzioni siano il fenomeno più esposto nei media, si tratta del livello artistico più basso del writing. Difatti nella comunità chi non riesce a passare a forme espressive più valide viene generalmente bollato come "scarso".

Il writing è un’arte impegnativa e costosa, che richiede costanza e applicazione per imparare a padroneggiare la tecnica. Per realizzare un pezzo di medie dimensioni, essendo molto allenati, ci vuole almeno un pomeriggio, e servono come minimo 3 o 4 bombolette (che costano all’incirca 3.80 euro). Queste vanno scelte considerando qualità come la resa della vernice, la brillantezza dei colori, la capacità di aderire alla superficie senza scivolare e la qualità delle valvole. Anche i tappini, con cui si può variare la dimensione dello spruzzo, comportano un’ulteriore spesa. Niente sostituisce però il tocco dell’artista: "Ci sono ragazzi, come ad esempio Duchamp, che riescono a realizzare linee di contorno spesse solo un centimetro o anche mezzo", dice Lou.

L’Aerosol Art (una delle espressioni del writing) ha solitamente due soggetti, che è facile trovare combinati tra loro: il lettering (le scritte) e i puppets (le figure). Sia Spin che Lou prediligono quest’ultimo genere. "Io cerco sempre di trasmettere qualcosa, suscitare un’emozione. - dice Spin - La scritta, anche se tecnicamente perfetta, risulta meno comprensibile ai profani. Le facce che faccio io, invece, sono più leggibili. Inoltre alle facce abbino una frase, per rendere ancora più chiaro il significato". Uno dei suoi lavori, per esempio, rappresenta un bambino con in mano una biro davanti ad un foglio bianco, e a fianco la scritta "Allenate la vostra mente, non fossilizzatevi!".

Il contesto storico e sociale del writing e quindi il suo significato sono sicuramente molto cambiati rispetto alle sue origini. Secondo Lou, certe rivendicazioni avevano un senso preciso nel contesto dell’America in cui hanno avuto origine. Al contrario in Italia quello che era senso di ribellione sociale è diventato di ribellione generica, tipicamente adolescenziale, che porta i ragazzi a identificarsi nel gruppo hip hop.

"Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il mondo dell’hip hop e quello dei writing sono fortemente gerarchici e strutturati; c’è un gergo, c’è un modo di vestire, ma soprattutto c’è una scalata sociale da compiere. All’interno di questo sistema fortemente gerarchico si collocano appunto le varie faide, lotte di potere interno, nonché il concetto di ‘rispetto’, importantissimo nell’hip hop, che in teoria vuol dire riconoscere e stimare l’esperienza di chi si è impegnato più di te e per più tempo, ma spesso si traduce in un banale ‘giù la testa’".

Il motivo per cui Lou ha deciso di smettere, oltre alla mancanza di tempo e soldi, è proprio l’idea negativa che nel tempo si è fatta di queste logiche. In generale chi pratica writing, anche a livelli alti, ha poco interesse per i valori sociali di solidarietà e riscatto che un tempo permeavano queste attività.

Esistono tuttavia felici eccezioni. A Bologna, per esempio, la PMC (Porzione Massiccia Crew) è un esempio di come la cultura di strada possa ancora dare qualcosa di veramente positivo alla società. Questi ragazzi hanno riadattato i valori di base dell’hip hop ai veri problemi delle nostre città di oggi, per esempio trattando il tema della multiculturalità. Così molti stranieri hanno potuto esprimere il loro disagio tramite la musica rap.

Anche Spin crede che il fenomeno attuale abbia poco a che fare con quello delle origini. Disegnare è per lui un rituale, un’abitudine che lo ha accompagnato nella sua crescita. Gli piace passare la domenica con gli amici: disegnare insieme tutto il giorno, parlare, fare pause per mangiare e bere qualcosa, divertirsi. Dipingere è però anche qualcosa di più: una pratica sociale che sta prendendo sempre più piede, e che può servire da vetrina commerciale, aprire qualche sbocco per il futuro.

"Perché disegno su un muro quando potrei farlo solo per me stesso su un pannello in un garage? Perché spero sempre che qualcuno, vedendo i miei lavori, li apprezzi e mi contatti per un lavoro, una parete in casa sua o una scenografia, per esempio. Per lo stesso motivo ho un sito in cui espongo i miei lavori. Mi piacerebbe molto poter vivere di questo. Oltretutto, guadagnerei quanto guadagno ora lavorando in fabbrica, un lavoro pesante e in cui devo fare turni anche domenica e di notte".

Sono molti infatti i casi di artisti che, da esperienze "illegali" di writing, sono passati a lavorare nel campo dei design, della tipografia, della moda, integrandosi poi pienamente nel mercato dell’arte. Esiste quindi una contraddizione tra l’originario significato dei writing, di denuncia e opposizione al sistema, da cui il suo carattere prettamente illegale, e le nuove direzioni che una parte di esso sta prendendo, un nuovo carattere meno sociale e più artistico-estetico, che meglio si coniuga con il mercato dell’arte.

Un contrasto su cui forse non sono d’accordo neanche gli amanti di quest’arte. Spin, ad esempio, ritiene che la componente illegale, come disegnare di notte su muri e treni, sia ineliminabile (per quanto sia apprezzabile la creazione di appositi pannelli). Per Lou invece la cultura dell’illegalità che accompagnava il writing oggi non ha più ragion d’essere e chi è veramente interessato può benissimo cimentarsi entro gli spazi consentiti.

Lou ci tiene a fare un’ultima ma importantissima precisazione riguardo i monumenti storici. "Un vero writer non imbratterebbe mai un monumento o un edificio antico. Un writer si ritiene un artista, e come tale rispetta l’arte altrui, e la storia dell’arte. E’ fondamentale chiarire bene questo punto: non si mescolino mai il problema dei writers con quello dei danneggiamenti agli edifici storici.

Un writer ‘taggerà’ con piacere su un intonaco appena ridipinto, ma non toccherà mai i mattoni a vista di una chiesa. Chiunque lasciasse la propria firma su un monumento antico verrebbe stigmatizzato e criticato anche nello stesso ambiente, come uno che non rispetta le regole e che non sa quello che fa, uno sfigato".