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L’eroe fra arte e politica

Un bilancio dell’anno hoferiano

Rallegrato da molti milioni di euro pubblici, è (quasi) finito in Sudtirolo l’Anno Nove.

Sul grembiule contadino, la scritta “Ich bin Ander” (Io sono Ander, nome familiare di Andreas), è stato modificato dall’associazione gay Centaurus in Anders (altro, diverso), riferendosi all’eroismo” di chi oggi vuole vivere apertamente la propria diversità.

Intanto nel mondo è finita l’era Bush e l’elezione del presidente nero e radicale Obama ha portato speranza nuova; in Germania è stata confermata la cancelliera tedesca, esempio di politica dignitosa e seria; l’Italia è scivolata verso una condizione grigia di semi-democrazia, fra saghe di vecchi sporcaccioni, disonestà da cancellare con leggi personali e stampa asservita; il vertice di Copenhagen è fallito nonostante la drammaticità dei cambiamenti climatici; si privatizza l’acqua, negandola all’umanità assetata.

In Sudtirolo le Dolomiti sono state riconosciute come patrimonio dell’umanità, ed è partito subito il battage pubblicitario. La Svp ha ridotto il suo potere, incassando colpi esterni, come l’alto risultato del referendum sulla democrazia diretta (sia pure perso dai proponenti), e tanti segnali di disgregazione. Ma soprattutto si è festeggiato, celebrato, e un po’ anche studiato, il bicentenario dell’eroe Andreas Hofer. Un eroe dai tratti umani un po’ speciali, impegnato a favore della conservazione e contro i diritti umani.

In realtà l’Anno nove, come viene pomposamente chiamato, finirà come da tradizione il 20 febbraio, anniversario della fucilazione del protagonista. Ma è già tempo dei primi bilanci. Per quello scientifico sono da menzionare soprattutto le pubblicazioni dei lavori di Oberhofer, Blaas e Schennach. Delle numerose mostre, le più interessanti sono state quelle piccole, a Teodone/Dietenheim sulle immagini votive o a palazzo Riccabona di Cavalese. Al museo della casa natale di Hofer a San Leonardo in Passiria sono comparse le esperienze delle donne, ma sono scomparsi i trentini. Nella reggia di Innsbruck sono state esposte opere di artiste, ma il risultato non era di eccelso livello. Nella mostra di Castel Tirolo, i due protagonisti, Fallmerayer ed Ennemoser, accennano destini diversi rispetto al normale disastro degli esiti della rivolta. Bellissima cornice, ma scarso contenuto nella mostra sui von Sternbach a Castel Mareta in Val Ridanna.

In campo artistico si sono visti molti spettacoli e avvenimenti musicali segnati da ironia e intelligenza, piuttosto che delle retoriche rievocazioni del mito eroico. Da segnalare il bel “Siffri” di Monica Trettel e Günther Götsch, un raro spettacolo bilingue che scorre incredibilmente perfetto e spassoso per pubblici sia bilingui che monolingui: un esperimento linguistico riuscito, oltre che una rivisitazione attuale degli avvenimenti e delle celebrazioni.

Per il bilancio politico, i risultati sono diversi nelle tre province che hanno organizzato l’avvenimento. Temutissimo dal presidente del Tirolo e dall’opinione pubblica austriaca, il corteo del 20 settembre si è manifestato come una ben riuscita iniziativa turistica. In Trentino si è festeggiato molto, non si sa bene che cosa, convinti che i festeggiamenti possano costituire un buon contributo alla nascita del sentimento euroregionale con cui si spera di sfuggire alla normalizzazione leghista dell’autonomia trentina.

il corteo hoferiano a Innsbruck

In Sudtirolo l’anno celebrativo ha portato gli estremisti ad alzare la testa, le tematiche della toponomastica e dell’autodeterminazione hanno occupato le prime pagine. Ormai la toponomastica italiana nella stampa tedesca viene chiamata semplicemente “fascista” e nessuno si pone la questione dell’opinione delle popolazioni non tedesche o di recente immigrazione di fronte all’ipotesi di una doppia cittadinanza o di un voto sull’autodeterminazione. Queste questioni hanno annientato ogni tentativo delle forze sociali di attirare l’attenzione sulle sacche di crisi occupazionale e sulla distribuzione delle riduzioni del bilancio, queste ultime scaricate silenziosamente sui gruppi più deboli, anziani in testa. E Bolzano è scivolata pesantemente nelle classifiche della qualità della vita, facendo emergere un disagio che da lungo tempo opprime il capoluogo malgovernato della ricca Provincia autonoma.