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Considerazioni di un cacciatore non ancora pentito

Recentemente si è svolto a Comano Terme il convegno sul tema "Caccia sostenibile e difesa della natura", organizzato dal Circolo "Ars Venandi" in collaborazione con il Comune di San Lorenzo in Banale.

In esso si è tentato il dialogotra cacciatori ed ecologisti, purtroppo, per quanto si è letto sulla stampa, con scarso esito. Prima di tutto per la preponderanza della componente dei favorevoli alla caccia: nessun rappresentante delle associazioni ambientaliste era tra i relatori ufficiali e tra i partecipanti effettivi alla tavola rotonda. Solo dal pubblico la voce isolata, anche se decisa ed efficace, di Maddalena Di Tolla, presidente di Legambiente.

Per onestà devo dire che il Presidente di "Ars Venandi" ha invitato più volte me ed altri ambientalisti a partecipare, ma ciò non è stato possibile per impegni precedentemente presi o per gravi problemi sopraggiunti.

Ritengo utile esporre le considerazioni e riflessioni che avrei voluto portare al convegno.

Premetto che sono stato cacciatore per almeno cinquant’anni, una decina d’anni da ragazzo, al seguito di mio padre, una quarantina con regolare licenza; ho avuto la fortuna di esercitare la caccia in ogni ambiente, nelle campagne di pianura, in collina, in montagna ed ho ancora vivi nella memoria momenti magici nella natura, emozioni, incontri, l’apertura al dialogo, il calore dell’amicizia.

Comprendo quindi l’insieme dei valori, la spinta interiore che ti porta a cacciare, la passione che pian piano ti viene trasmessa da tuo padre; per questo non considero né fondato, né auspicabile proporre la chiusura della caccia, ma come ex cacciatore sensibile e rigoroso e come ambientalista cosciente non posso non essere fortemente critico sulla normativa vigente e su molti comportamenti nella prassi venatoria.

Un dialogo sereno e costruttivo tra cacciatori ed ambientalisti vi potrà essere soltanto se i cacciatori daranno effettive prove di serietà e di impegno ecologista.

Ecco alcuni spunti. Non si sono mai visti cacciatori che rinunciassero a transitare sulle strade forestali. La caccia è considerata erroneamente inclusa negli usi civici tradizionali e così, in autunno, nel tempo della caccia, si osserva su quasi ogni strada forestale e fino ad alte quote un consistente aumento di passaggi di fuoristrada, moto, motocarri e quad, quasi che i cacciatori fossero tutti invalidi. Come possiamo definire sport la caccia, se ci si sposta motorizzati da una postazione all’altra?

Sarebbe molto più ecologico, invece che raccogliere ogni tanto rifiuti nel bosco, rispettare il divieto di transito in alcune strade forestali ed andare a piedi.

Sarebbe positivo se non ci si ostinasse in errori e in ridicole stupidaggini, peraltro sempre convalidate dal Presidente della Giunta provinciale, quali ad esempio la creazione e gestione del roccolo fallimentare; l’inutile tentativo di cattura dei mustelidi, prima del rilascio dei fagiani pronta caccia; l’estensione ai mesi primaverili del calendario venatorio, nel periodo più delicato per la crescita dei nuovi nati.

Mentre invece la categoria dimostrerebbe la sua serietà chiudendo la caccia alle specie in estinzione; appoggiando l’introduzione della lince nelle zone densamente popolate da ungulati; penalizzando severamente chi ferisce o colpisce un animale in parti non vitali (in Austria ai recidivi viene tolta la licenza di caccia).

E’ auspicabile anche un risveglio autocritico verso il rispetto delle regole, la rottura dei legami di reciproca connivenza e/o di opportunismo. Un cacciatore, se è sincero e non vive nelle nuvole, sa benissimo quanto è ampio il fenomeno del bracconaggio o per lo meno della furbizia nell’elusione delle norme. Sicuramente i capi "prelevati" sono molto superiori rispetto a quelli concessi e solo grazie al sistema delle risorse comunali, ossia al ridotto numero di cacciatori ed alla natura "provvida", le popolazione degli ungulati si mantengono floride, a parte quella dei caprioli in preoccupante recesso. Sarebbe quindi assai gradita e positiva una vera lotta al bracconaggio, con denuncia degli autori. In questa battaglia sarebbe importantissima la limitazione di circolazione motorizzata: il fuoristrada è il mezzo principe del bracconiere. Capisco che il comportamento rigoroso sia impegnativo e pericoloso; io ci ho provato ed ho perso un cane ed un altro l’ho salvato per miracolo.

C’è infatti questo inveterato ed odioso uso delinquenziale dei bocconi avvelenati, per eliminare rivali, avversari, accusatori e cani vaganti. Ma la micidiale stricnina non è rimasta ai cacciatori come residuo della lotta ai nocivi? Sono quindi loro quelli sui quali si concentrano i sospetti e sono solo loro che possono individuare ed espellere il marcio dalle loro compagnie.

In sintesi, rispetto all’ambiente, elogio della fatica, controlli severi, comportamenti seri, ecologici e lungimiranti, sincerità e rottura delle reciproche connivenze.

Paolo Mayr, Presidente della Sezione Trentina di Italia Nostra