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“I vizi capitali e i nuovi vizi”

Umberto Galimberti, I vizi capitali e i nuovi vizi. Feltrinelli, Milano, 2003, pp.128, euro 7,50.

Ad ognuno il proprio vizio. Ce ne sono per tutti nell’ultimo lavoro di Galimberti, che parla proprio di queste cattive abitudini. E un libro scritto da un autore così sagace non può che stuzzicare la nostra curiosità. Giornalista e saggista raffinato, sa coinvolgere appassionatamente il lettore esplorando lo spirito del tempo.

In questo piccolo e agile saggio, da poco uscito presso Feltrinelli, chiunque potrà attingere spunti interessanti sul proprio modo d’essere. Forse qualcuno si riconoscerà nei tratti caratteriali dell’avaro, dell’accidioso o dell’invidioso. E perché no, del lussurioso. Chi di noi, infatti, potrà negare di aver mai indossato quelli che Aristotele definiva a livello etico gli "abiti del male"?

Questi ed altri vizi capitali sono passati sotto la lente d’ingrandimento dall’autore per conoscere la loro anatomia.

A poco a poco ci lasciamo guidare e penetriamo nei meandri del nostro mondo interiore. Così scopriamo, ad esempio, che l’ira è una modalità reattiva per affermare se stessi, per dare linfa alla propria autostima; che l’invidia è un "meccanismo di difesa" che scatta quando confrontandoci con gli altri ci sentiamo sminuiti e minacciati nella nostra identità: ecco allora che denigrare l’altro diviene un modo per difendere il proprio valore.

Ma accanto a questi vizi, che noi tutti conosciamo e utilizziamo nel linguaggio comune per definire alcune caratteristiche della personalità, propria ed altrui, ve ne sono molti altri di cui Galimberti si fa portavoce. Conformismo, consumismo, sessomania, spudoratezza, culto del vuoto. Ed ancora indifferenza emotiva, o meglio sociopatia. Ecco a voi la mappa dei nuovi vizi: sono quelle cattive abitudini, spesso inconsapevoli, figlie della nostra epoca. Chiamati impropriamente "vizi", dilagano contagiando ognuno di noi e anziché personalizzare il nostro modo d’essere, si esprimono per lo più in uno scimmiottare collettivo. Ed è proprio in queste tendenze di massa che l’autore affonda la sua lama, risvegliando le coscienze.

Ma cosa rimane della nostra specificità, del vivere autentico che la società omologata ha ingabbiato? Nessuno di noi ha voglia di liberarsi da queste sbarre? E qui Galimberti ci dà una mano. O per lo meno ci aiuta a prendere consapevolezza dei meccanismi subdoli che regolano l’uniformità delle nostre menti.

Mentre scorrono le pagine vengono a galla uno dopo l’altro gli effetti collaterali di queste cattive abitudini. E ce ne sono eccome di questi effetti! A quanto pare la nostra identità non sta per niente bene. Si sta sgretolando. Langue nelle sue forze perché l’uomo ricerca sempre meno se stesso, indaffarato com’è ad occuparsi della propria immagine. In fondo ciò che conta è inseguire i trend del momento.

Buttare e sostituire le vesti del proprio apparire è diventato facile come usare e gettare gli oggetti che soddisfano i nostri bisogni inventati. Smarriti nel vortice dei consumi forzati navighiamo senza punti di riferimento. Ma esiste qualche porto cui approdare per non far strame del nostro essere più genuino?

In questo vagare errante fra identità che vacillano, Galimberti c’invita a seguire una via: l’educazione dell’anima. Quella che ci porta a recuperare le nostre radici mettendoci in contatto con il nostro cervello primitivo, con il nostro Io emozionale. Quella che mette in sintonia il cuore con la mente e la mente con i gesti. Un percorso che è il terreno fertile per la crescita della nostra individuazione, per il recupero della specificità delle nostre scelte.

E "c’è un gran lavoro da fare nell’educazione preventiva dell’anima (e non solo del corpo e dell’intelligenza) per essere all’altezza del nostro tempo, che ha bruciato gli spazi della riflessione, ridotto all’insignificanza quelli della comunicazione, ma soprattutto ha inaridito il sentimento, che è poi l’organo attraverso il quale ‘si sente’, prima ancora di ‘sapere’, cos’è bene e cos’è male."

In conclusione, il saggio ci offre una lettura godibile e salutare, una marcia in più per ricercare un’autenticità del vivere. E forse aumenterà la vigilanza verso quei "vizi collettivi", che prima scambiavamo come valori della modernità e che alla fine delle pagine sveleranno il loro vero volto: la mortificazione della nostra anima.

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