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QT n. 1, 13 gennaio 2001 Scheda

I miracoli del turbocapitalismo

a cura di Achille Rossi

Forse nessuno meglio di Edward Luttwak ha saputo riassumere in una sola parola il significato e l’orientamento del fenomeno della globalizzazione economica. L’ha chiamata "turbocapitalismo", per mettere in risalto l’accelerazione senza freni di un processo che accumula la ricchezza in mani sempre più ristrette e devasta sistematicamente le società umane e la natura. In realtà questo capitalismo selvaggio consacra la società dell’apartheid, decreta la fine dello sviluppo, impone la crescita senza occupazione. Va bene per un quinto dell’umanità e condanna gli altri quattro quinti alla disperazione.

Come può stare in piedi un sistema del genere in un mondo in cui la gente è più acculturata, le informazioni arrivano in tempo reale, le persone hanno la possibilità di spostarsi da un continente all’altro? Solo una formidabile colonizzazione dell’immaginario collettivo, dispiegata attraverso gli oggetti di uso quotidiano, può realizzare un simile miracolo.

Bisogna riconoscere che i processi economici della globalizzazione sono supportati da una visione dell’uomo coerente, pur nella sua falsità: l’essere umano è concepito come una creatura insulare e avida, dagli appetiti illimitati, senza interdetto e senza regole, privo di uno spazio simbolico per comunicare con gli altri. E l’astuzia del sistema consiste tutta nel convincerci che una prospettiva simile è naturale e dunque invalicabile. Contro la dura legge della natura s’infrangono anche i sogni più generosi: non rimane che chinare il capo e accettare il proprio destino. Così il cerchio si chiude e si può ingoiare quella terribile mercificazione della realtà che in altri tempi sarebbe apparsa, e in altre culture ancor oggi appare, come un segno di barbarie. Allora la sanità, l’istruzione, i servizi possono essere inclusi senza scandalo nella logica della competitività, che diviene la chiave di volta delle cosiddette società avanzate.

Avanzate in che cosa? Nella distruzione del legame sociale fra i cittadini e nella dissoluzione del rapporto che vincola le persone con il territorio che abitano e le istituzioni che le rappresentano. Appare evidente, dunque, che la lotta alla globalizzazione non si combatte soltanto sul fronte economico, ma anche su quello cultu-rale. Forse il reale è altro da quello che ci propongono gli accoliti della globalizzazione e sono possibili pratiche sociali ed economiche che partono da altre prospettive e non obbediscono al grande dogma della maggiorazione del profitto.

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La colonizzazione dell’ immaginario
Achille Rossi

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