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QT n. 4, aprile 2012 Documenti

Testimoni di Geova: pro e contro

La nostra cover-story sui TdG ha suscitato un mare di commenti. Un confronto aspro ma sostanzialmente civile tra fedeli, apostati e profani desiderosi di informarsi. Eccone una breve antologia.

I commenti ai nostri articoli che compaiono sul relativo sito (a volte riferiti anche a pezzi comparsi molti anni prima) sono frequenti, e ci compiacciamo del fatto che il dibattito si sia sempre mantenuto, anche quando il dissenso era profondo, nei termini della correttezza. Qui vogliamo riferire della discussione apertasi con l’articolo di Marta Faita

Quando bussa il Testimone”, pubblicato nel febbraio scorso, che ha suscitato un interesse e un numero di interventi - ad oggi, circa 120 - decisamente notevoli. Prima ancora che QT di febbraio fosse visibile sul sito, e semplicemente leggendo i titoli sulla copertina, alcuni Testimoni di Geova sono partiti con una sorta di attacco preventivo. “Non ho letto l’articolo on line perchè sarà disponibile tra qualche settimana” - scrive Pietro il 20 febbraio, ma già non gli piace il termine “geovisti” utilizzato dall’autrice. “Mi chiedo - prosegue - se usate il termine ‘papisti’ quando trattate di qualche reato commesso da un prete. Ho l’impressione che l’autore abbia un po’ di pregiudizio e di innocente ignoranza... Ripeto, non ho letto l’articolo, ma, come si dice, il buon giorno si vede dal mattino”.

Subito, Jò Ribelle rilancia: “Non avendo la possibilità di leggere l’articolo, la mia curiosità mi ha spinto a leggere il curriculum dell’autrice dell’articolo. Dai trascorsi di Marta Faita, mi aspetto qualcosa fuori dalle semplici banalità frutto, spesse volte, di alcuni improvvisati conoscitori del sociale e della psiche umana”. Sembrerebbe un complimento, ma... “Sarebbe interessante - prosegue Jò - sapere come mai l’autrice abbia sentito la necessità di scrivere qualcosa sui Testimoni di Geova. Sarebbe stato più utile un articolo su come spalmare la senape su wurstel e medaglioni di carne”.

È l’avvio di una valanga, che si srotola con i primi 25 interventi tutti precedenti la pubblicazione on line dell’articolo, il quale articolo d’altronde esce presto di scena: è soprattutto una accesa discussione fra TdG ed ex aderenti pentiti, che inseriscono una quantità di link a video e documenti che mettono in rilievo i punti dolenti della setta: il rifiuto delle trasfusioni, i ripetuti annunci di una fine del mondo mai avvenuta, il crudele trattamento riservato, anche dentro la famiglia, ai cosiddetti “dis-associati”.. Fino al discutibile discorso di un membro del Corpo Direttivo che nel 2005, nel corso di un’assemblea, invitava i TdG universitari a “riflettere in preghiera se smettere e fare qualcosa di meglio”.

Arrivano i profani

Poco o nulla, dicevamo, nel merito dell’articolo; salvo questa sorta di recensione del già citato Jò Ribelle: “Ho letto finalmente l’articolo di Marta Faita e a dire il vero non mi sono sentito fremere. L’autrice, in veste di romanziera, se voleva dare un taglio giornalistico all’articolo, ha sbagliato sia tempi che luoghi. Il linguaggio mi ricorda quello dei libri di Liala che mia sorella leggeva quando era affetta da scarlattina o aveva litigato col fidanzatino, riempiendo di lacrime le pagine di quei volumetti. Le sue argomentazioni infarcite da commenti di ex testimoni di Geova non impreziosiscono il suo lavoro, semmai lo rendono poco professionale collocandolo negli scaffali dei deliri più che nel reparto della sociologia”.

È un batti e ribatti piuttosto ripetitivo, di cui diamo questo solo esempio. Scrive Gladio: “La religione dei TdG contempla la proibizione delle trasfusioni di sangue, proibizione che è frutto della fallacia, dell’incompetenza e della pessima esegesi biblica del Corpo Direttivo dei TdG... Conosciamo, ahimè, dalla cronaca il triste epilogo a cui può portare questa proibizione delle trasfusioni”.

Gli replica Prostatico: “Caro Gladio, mi pare di capire che lei non ha nulla da obbiettare se qualcuno muore a causa di una trasfusione, visto che sbraita tanto per l’assenza della stessa. Voglio dire: grida allo scandalo se uno rifiuta questo trattamento, ma non mi pare che lei faccia battaglie o scriva ai giornali se annualmente muore qualche migliaio di persone nel mondo a causa delle trasfusioni o da esse ha qualche ricordo come un’epatite”.

L’inserimento di video e di citazioni da documenti ufficiali della setta, riguardanti soprattutto i difficili rapporti fra TdG e familiari fuorusciti, favorisce finalmente l’intervento di persone non addette ai lavori, che chiedono spiegazioni e conferme di notizie che gli sembrano incredibili.

E la valanga avanza, provocando infine la stizzita reazione di Akille: “Capisco che gli ex Tdg hanno il dente avvelenato... Appartengono alla numerosa fauna di ex di tutte le salse. Ex Avventisti con il loro bel sitino internet. Ex Pentecostali anche loro con il bel sito Ex Battisti. Ex Dc. Voltagabbana di tutte le risme. I gruppi di dissidenti sono necessari perchè certificano la serietà delle organizzazioni da cui fuoriescono o vengono espulsi”.

Duri ma educati

Proprio quando la mischia sembra doversi riaccendere, le acque invece si placano e la discussione diventa più produttiva. Akille, rimproverato dal sig. Delemme (“Cosa è questo tono che assume, questo voler incitare ed aizzare?”) improvvisamente abbassa il volume, pur mantenendosi sarcastico: “Gentile Sig. Delemme, siamo nelle regole democratiche del parlar civile, mi pare. Com’è ovvio, quando l’argomento è la religione e le sue interpretazioni, i temi si fanno caldi. Mi dica Sig Delemme, giusto per parlare con quel tono civile che mi pare non sia mai mancato, lei cosa propone di fare verso la religione dei TdG? Ha suggerimenti, indicazioni da darci... insomma, quando bussano i Testimoni si devono chiamare i carabinieri?”.

“Personalmente - è l’immediata replica - credo sia sufficiente congedarvi cortesemente e farvi presente che non sono gradite le vostre visite di propaganda religiosa. Naturalmente se vi occorresse ristoro (un caffè, una bibita) o usufruire dei miei servizi igienici sareste i benvenuti! Visto che lei è un fautore della libertà d’espressione converrà che anche i vostri ex hanno tutto il diritto di denunciare all’opinione pubblica quanto di negativo hanno patito nell’ambito della vostra religione”.

E il possibile litigio si trasforma pian piano in un minuetto.

Poche, in questo mutato clima, le eccezioni, costituite da proteste perché i TdG, con il loro proselitismo, “rompono le balle” e da tale Mangiadìo, che fedele al suo nickname intende affrontare il tema alla radice: “Ma nel XXI secolo state ancora a bastonarvi sulla vera adorazione degli esseri soprannaturali creatori di mondi e salvatori di anime e su quali sono i veri umani che hanno la licenza divina per farvi entrare nei paradisi eterni? Siete proprio un branco di tribali che danzano attorno al totem onnipotente secondo le istruzioni dello stregone di turno”.

Paola, l’ecumenica

Negli ultimi quindici giorni il dibattito è monopolizzato dalla fiorentina Paola Gerini (una, finalmente, con nome e cognome!), che con toni ecumenicamente concilianti invita gli ex TdG a non infierire sui fratelli rimasti nell’organizzazione e sostiene che il maltrattamento riservato agli apostati sia una cosa del passato. Del resto, “nella Chiesa Cattolica negli anni ‘50 chi votava comunista era scomunicato. Quello che intendo è che se in alcune sacche locali può essere stata mantenuta questa posizione, l’atteggiamento generale dei TdG nei confronti dei disassociati non è più questo”..

Ma il suo interlocutore più assiduo, Pikopiko, insiste, dimostrando come anche in documenti recenti si invitino i TdG ad emarginare i traditori. E lo scambio fra i due prosegue lungamente a botte di citazioni, con sporadici interventi di altri che per un attimo riaccendono i toni roventi; ma Paola, che nega di essere una TdG (“Io sono una Cristiana che accetta le diversità di tutti coloro che incontra... Sono battezzata in una chiesa protestante, ma frequento numerose altre chiese e gruppi religiosi”), pur cavandosi qualche sassolino dalle scarpe, riesce infine a placare le acque: “La vecchia Paola avrebbe potuto controbattere alle sue farneticazioni pseudo-teologico- filosofiche con altrettante argomentazioni non meno farneticanti, ma la Paola tornata da Damasco, non può che abbracciare il giudizio di Alexia ringraziandola di aver messo in dubbio la sua buona fede, perché forse è vero, dietro le mie parole si nascondeva il malcelato orgoglio di sentirsi parte di un progetto meraviglioso, quello dell’essersi scoperta finalmente figlia di Dio”.

Sicché Socrate può a buon diritto concludere: “Trovo molto invitante la passione che anima le persone intervenute su questo argomento”.