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“Bonifiche” in Val di Non

Francesco Borzaga
Spormaggiore

Merita a mio giudizio molta attenzione l’allarme arrivato giorni or sono da Spormaggiore relativo ad una “bonifica agricola” in corso a Maurina. È interessato all’operazione un lotto di 1486 mq. situato nell’immediata prossimità della bella chiesetta della Madonna di Lourdes, con una pendenza che arriva al 40%.

L’allarme ci arriva da una persona qualificata, l’ex comandante dei vigili del fuoco di Mezzolombardo Guido Dalrì, che ricorda come l’intera valle sia un colabrodo costituito da argilla e inzuppato d’acqua. “Basta un niente - ci ricorda Dalrì - per farla cadere”. È questo un fatto che posso confermare: in occasione delle forti piogge del 1998 il fondo Maso Fratton, di proprietà del F.A.I., dove mi recavo frequentemente, slittò vistosamente a valle, cancellando in pratica il sentiero di accesso e lo stesso accadde a molti terreni in prossimità.

Il territorio di Spormaggiore, non diversamente da quanto accade in tutta la Val di Non, è da anni interessato da un’attività di “bonifica” che potrei definire frenetica. Ovunque, anche nei più piccoli appezzamenti, si mettono a dimora piante di melo, di solito in file serrate e di dimensioni minuscole. In molti casi, come si può controllare, si esboscano particelle caratterizzate da pendenze davvero impressionanti, raggiungibili con tracciati trattorabili lastricati in cemento, altrettanto arditi. In questo contesto, certamente, le frane non sorprendono.

Non dubito minimamente che tutto sia in regola e che i funzionari siano preparati e seri, ma d’altronde è umano che i medesimi tengano conto dei desideri e magari delle indicazioni che arrivano dal mondo politico che li sovrasta. E a volte il risultato lascia perplessi. Lo si è visto ad esempio con la discarica di Monte Zaccon in quel di Roncegno, dove a palesare distorsioni, abusi e illegalità è dovuto intervenire il corpo forestale della vicina Vicenza.

Anche da altri punti di vista nutro qualche riserva nei confronti della melicoltura intensiva nonesa. Si tratta di un’economia a forte e crescente rischio di concorrenza. E non da oggi la coltivazione industriale e intensiva di minuscoli alberelli, sostenuti e protetti da una pioggia di pesticidi, è oggetto di proteste e denunce. La frutta prodotta sarà magari lo specchio della salute, ma comunque i pesticidi inquinano il suolo, l’acqua e l’aria. Anche il paesaggio noneso è pesantemente compromesso da questa monocoltura industriale, fra l’altro per i continui disboscamenti volti a fare spazio a nuovi “pomari”. E qui vorrei ritornare a Maurina, dove si dice siano stati eliminati cespugli, robinie e altre piante. Mi permetto di non essere d’accordo: i boschi della valle dello Sporeggio sono bellissimi, con le loro formazioni di caducifoglie mesofile, ciliegi, olmi, frassini, faggi e querce, rare in Trentino. I boschi non dovrebbero essere eliminati, bensì curati e fatti conoscere.

Purtroppo si sa che la prospettiva, fondata o no, di nuovi maggiori guadagni rende ciechi. Non è però mai troppo tardi per cambiare strada.

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