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Falsi d’autore

Troll, fake news e opinione pubblica

Alzi la mano chi pensa di aver compreso il vero significato delle parole Troll e Fake News. Non sentitevi in difetto, se avete nascosto la mano o fatto finta di cercare qualcosa nella borsa: vi diamo degli spunti noi, siamo qua apposta.

Nella vostra esperienza di cittadini del mondo avrete certamente notato la presenza di persone che hanno scelto, quasi come fosse un mestiere, di essere dei rompicoglioni: la redazione di QT, ad esempio, ne raccoglie un buon numero, compreso il sottoscritto. Si tratta di un fenomeno tipico della natura umana, di cui difficilmente riusciremo a liberarci, e che consideriamo sano, dato che i rompicoglioni consentono alla società di guardarsi dentro e migliorarsi.

Però, come ogni fenomeno sano che si rispetti, esiste la sua degenerazione, che ha trovato nei social ampio spazio. Si chiamano troll: prendono il nome dai corrispondenti scandinavi degli orchi delle fiabe, ma sono dei semplici, banalissimi rompicoglioni che entrano nelle discussioni sul web, le infastidiscono con argomenti non pertinenti e se possibile irritanti.

In casi normali, è sufficiente zittirli, usando le apposite funzioni di blocco utente. Lo fece con me Maurizio Gasparri, allora vicepresidente del Senato, solo per un post su Twitter in cui lo accusavo di fare un uso un po’ infantile dei social. Me ne farò una ragione, negli anni a venire, ma mi diverto ancora a raccontare l’episodio.

Il problema però si pone quando questi troll si organizzano in grandi numeri e decidono di intervenire contro questo o contro quello, allo scopo di diffamare, screditare, diffondere fake news.

Le fake news sono notizie sensazionali, che spesso raccolgono l’indignazione di moltissime persone, ma che hanno la caratteristica di essere false, inventate ad arte. In italiano le chiamiamo bufale: raccontano di malefatte immaginarie di questo o quel politico, seminano il panico sui vaccini, rivalutano Tolomeo e la sua teoria sulla terra piatta (nel 2019).

La loro pericolosità sulle scelte dell’opinione pubblica è diventata una questione di primaria importanza. Le notizie false vengono condivise rapidamente, grazie al sensazionalismo di cui sono infarcite, acquisiscono autorevolezza e diventano verità, a causa dell’alto numero di condivisioni che ottengono. L’artefice di questa mistificazione è la cattiva e diffusissima abitudine a non verificare ciò che ci passa sotto il naso: l’opinione pubblica ci casca e si muove di conseguenza: non si vaccina, vota male, crede che la terra sia piatta (sic).

Il caso russo

Negli ultimi giorni è girata in Italia la notizia, in realtà vecchia di almeno un anno, secondo cui una giornalista e blogger russa, Lyudmila Savchuk, oggi 37enne, sarebbe riuscita ad infiltrarsi per due mesi in una organizzazione di troll, raccontando ciò che avveniva lì dentro.

Nel 2015 la Savchuk notò che improvvise ondate di messaggi aggressivi venivano scagliate, a mezzo social, contro attivisti dell’opposizione nella città di San Pietroburgo: messaggi molto simili fra loro, inviati in precisi momenti. Il fenomeno era abbastanza sorprendente e il sospetto che si trattasse di un’azione organizzata era forte: indagando più a fondo scoprì che una delle società sospettate di coordinare queste campagne diffamatorie, detta IRA-Internet Research Agency, stava assumendo persone in grado di creare contenuti scritti. Lyudmila non ci pensò due volte e si fece assumere. Per due mesi lavorò all’IRA-Internet Research Agency in un anonimo palazzo al numero 55 di Savushkina, una strada di San Pietroburgo.

Ciò che Lyudmila scoprì lì dentro era sconcertante: centinaia di giovani russi, suddivisi in reparti diversi per contenuti, creavano account falsi sulle principali piattaforme social e li usavano per diffondere messaggi contro questo o quel candidato alle elezioni ucraine o americane. Una vera e propria fabbrica della diffamazione, una troll farm orientata ad influenzare l’opinione pubblica dei Paesi coinvolti.

Le indagini che seguirono la pubblicazione del reportage di Savchuk condussero ad accusare alcuni fiduciari di Vladimir Putin, tra cui un ristoratore conosciuto come lo “Chef di Putin”. L’ex KGB oggi a capo del Cremlino, infatti, usciva sempre trattato coi guanti dai post prodotti dalla troll farm. Secondo Savchuk, “fa sorridere quando Putin dice di non sapere nulla di troll o che i troll non esistano. Basta leggere i giornali controllati dal Cremlino o ascoltare la TV di Stato, per notare che i contenuti della propaganda di Stato russa sono gli stessi postati dai troll”.

La vicenda dell’IRA è stata poi collegata alle elezioni americane: evidentemente Putin vedeva come una minaccia l’elezione di Hillary Clinton, preferendo Trump.

La storia dimostra che è perfettamente possibile ciò che a prima vista potrebbe sembrare una fanfaronata da complottista: è possibile orientare l’opinione pubblica utilizzando i social network, è un’attività che ha un notevole interesse economico e c’è chi è disposto ad investirci ingenti quantità di denaro.

Difendiamoci dai troll

Al momento non abbiamo dati a disposizione per dirvi se ciò stia avvenendo o meno in questo momento, ma vista la vastità del fenomeno e la prossimità delle elezioni europee, riteniamo utile dare dei suggerimenti per verificare ciò che ci passa sotto il naso, per controllare la sincerità dei nostri interlocutori in rete e dare il nostro piccolo contributo contro la disinformazione.

Se in una discussione, in qualche pagina di social network, venite attaccati senza motivo da una persona che non conoscete, per prima cosa andate a controllare il suo profilo: se notate che le informazioni sono incomplete, lacunose o poco chiare, se non riuscite a capire il nome o la provenienza della persona che vi attacca, allora molto probabilmente siete di fronte ad un troll, che si è creato un account fasullo per poter attaccare senza essere riconosciuto.

La polizia postale sarebbe perfettamente in grado di recuperare il simpaticone, ma valutate se è il caso di dar da fare alla forza pubblica: potrebbe essere sufficiente bloccare il troll o banalmente segnalarlo agli amministratori della pagina. In questo caso si tratta di uno dei rompicoglioni di cui si parlava all’inizio, che ha solo voglia di farsi due risate, e che sparisce con quattro blocchi utente ben assestati.

Ma non sempre è così semplice: alcuni troll adottano una strategia più raffinata, e prima di sferrare l’attacco raccolgono la fiducia di altri utenti, spesso inconsapevoli. Quando il troll lancerà l’attacco queste persone saranno portate a solidarizzare con lui, rendendo la vita più difficile alla vittima dell’attacco, che può essere sia una persona che una pagina intera.

Ci sono poi livelli ancora più raffinati di troll, come quelli che riescono ad acquisire dagli altri utenti una fiducia tale da farsi nominare moderatori delle pagine, diventando praticamente intoccabili.

Si arriva poi, come nel caso di Lyudmila Savchuk, al livello massimo: un’organizzazione opportunamente finanziata, che fa del troll una professione.

Riconosciamo le fake news

Se non abbiamo l’abitudine ad entrare in discussioni sui social, siamo relativamente protetti dai troll. Tuttavia potremmo essere esposti al pericolo delle fake news. Le fake news si manifestano secondo diverse modalità: uno è l’articolo di blog o giornale che assomiglia ad un sito famoso e attendibile, e invece non lo è. Si pensi al celebre Fatto QuotiDAINO, che ovviamente gioca sull’assonanza con il più celebre il Fatto Quotidiano, o Il Giomale (GioMale, non GioRNale), Il fattone quotidiano, Rebubblica e via dicendo. Tutte queste testate contengono notizie inventate di sana pianta, ma imitano in tutto e per tutto la grafica del giornale originale, riuscendo ad ingannare i lettori più distratti, che molto spesso non controllano, e condividono.

Nella maggioranza dei casi le fake news sono abbastanza facili da riconoscere con un po’ di attenzione e di ricerche con Google. Se l’articolo che state leggendo riporta date non chiare, luoghi non ben precisati, nomi di esperti che non esistono siete molto probabilmente di fronte ad una bufala.

Se avete dei dubbi, esistono in rete diversi siti web che catalogano le bufale circolanti on line, vi mostrano il perché sono falsi, ed eventualmente vi raccontano la vera notizia: date un’occhiata al lavoro di Paolo Attivissimo, fondamentale negli anni per diffondere la cultura della lotta alla disinformazione a mezzo web, con il famoso blog Il Disinformatico. Altri siti dove poter accertare la veridicità delle notizie che state leggendo sono www.bufale.net e www.butac.it.

Per cui, quando avete dei dubbi su quello che state leggendo in rete, meglio perdere un minuto per controllare la veridicità della notizia, eventualmente avvertendo chi ve l’ha condivisa: darete un contributo prezioso alla qualità dell’informazione che gira in rete.

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Massimo Mantellini (a cura di Barbara Bertoncin)

Commenti (1)

alcune fake news sono più pericolose di altre Carlo

È stato dimostrato più volte che le fake news su Internet non spostano voti… Anche se qualcuno creasse dei profili fasulli avrebbe sicuramente una ridotta, se non ridottissima, schiera di "amici" o di iscritti; e la maggior parte di questi sono anch'essi fasulli o comunque ne condividono già il pensiero. Quindi la diffusione di queste false notizie risulta solitamente limitata. Per di più molti vanno a verificarla sui siti tradizionalmente più affidabili e questo limita ancora di più la loro diffusione. Nella storia invece ci sono state delle fake news molto pericolose e propagandate non certo da qualche troll su Internet ma da istituzioni, governi e giornali… Ecco qui un bel video che ne racconta qualcuna: https://www.byoblu.com/2019/01/18/la-manipolazione-dei-media-come-il-sistema-ci-tiene-sotto-shock-enrica-perucchietti/
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