Dipingere oggi la figura
Nebojša Despotovi?: “Tutte le nostre vite” Barbara De Vivi: “Due di due” Trento, Galleria Civica, fino al 5 ottobre
I due artisti contemporanei presenti in questa mostra, un uomo e una donna, entrambi cresciuti nei corsi dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, sono pittori figurativi che hanno sviluppato stili molto diversi, ma condividono una tendenza intimistica.
Nebojša Despotovi?, nato a Belgrado nel 1982, dice in un’autopresentazione alcune cose illuminanti sul proprio lavoro, in particolare sul grande polittico realizzato apposta per questo spazio, in realtà un’unica ininterrotta immagine di pittura sciolta, dal gesto libero e veloce, in bianco e nero, che – come dice lui – cerca di creare un “contesto immersivo”, qualcosa che va oltre l’impostazione degli altri 14 quadri esposti. Immersivo per le figure che sono i soggetti principali della scena, ma immersivo anche per lo spettatore che percepisce uno spazio dilatato, dove l’interno di una stanza è privato delle scansioni delle pareti e della prospettiva e diventa quasi il continuum di uno spartito.
L’esecuzione veloce non deve trarre in inganno: a monte c’è una lunga e attenta preparazione sia spaziale che figurale, tendente ad evocare un contesto che si colloca a metà tra un palcoscenico teatrale e un set del primo cinematografo, cui allude appunto la scelta del bianco e nero.
Anche le altre opere sono rivolte alla scena della (propria) intimità domestica, creando una sorta di “diario pittorico che si muove con discrezione fra i territori della memoria familiare”, come scrive Gabriele Lorenzoni, curatore della mostra insieme a Daniele Capra, dietro i quali tuttavia si avverte sordamente l’eco delle vicende di guerra che hanno imperversato nei Balcani. Costanti dello stile di Despotovi? sono il rifiuto della forma realistica e definita, il gesto libero e dinamico, la deformazione dello spazio, l’accumulo delle forme, un colore innaturale e spesso materico, il nero che serpeggia: tutti elementi che in qualche modo trovano la propria ascendenza nelle ricerche espressioniste.

Più giovane di dieci anni, Barbara De Vivi rivela tuttavia, in questa che è la sua prima mostra personale in un museo, una matura definizione di tematica e di linguaggio, che la pone tra gli artisti emergenti della pittura di figura fatti oggetto di maggiore attenzione. Il fulcro del discorso è già segnalato dal titolo, “Due di due”, tratto dal romanzo di Andrea De Carlo, vale a dire il tema del doppio, una costante della storia dell’arte, che De Vivo affronta coinvolgendo nell’opera la figura della propria sorella, presa come modella e come metafora di un alter ego dell’artista.
Sono immagini su carta di grande formato che possiedono la leggerezza e la trasparenza dell’acquerello (ma si tratta di acrilico), e una generale sensazione di liquidità in cui il relativo realismo del corpo viene smaterializzato, e il letto forse metaforico su cui è disteso diventa contesto ondulatorio e quasi onirico.
Alle spalle di questo ciclo di grandi proporzioni, c’è un lungo lavoro di produzione di immagini di piccolo formato che vediamo qui nella serie “Disegni d’archivio” (2024/2025), un universo di suggestioni figurative che l’artista ha raccolto ed elaborato da una pluralità di fonti visive, sia dai media contemporanei che dalla stori a dell’arte, facendone un personale deposito a cui attingere.
Secondo Carlo Sala, curatore di questa mostra insieme a Gabriele Lorenzoni, il lavoro di Barbara De Vivo “scava negli stati d’animo attraverso l’uso della controfigura, come mezzo per proiettare nei dipinti tutta una serie emozioni e disagi che l’artista vuole guardare da fuori, come fosse un’altra persona”.