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Assicurare la vecchiaia

A proposito della discussa "tassa per la vecchiaia".

Se ne è parlato per anni in Regione, senza arrivare ad alcun risultato. Poi ha deciso la Provincia di Bolzano di dare il via all’Assicurazione di cura, la Pflegeversicherung. I giornali hanno titolato "Tassa sulla vecchiaia" e hanno dato voce soprattutto a coloro che esprimono una posizione critica. Alcune critiche in effetti sono fondate, soprattutto quelle che richiamano l’attenzione sulla necessità che la contribuzione sia adeguata e sostenibile da tutti. Ma è bene dire che non si tratta di una tassa - e alcune critiche da parte sindacale derivano proprio da questo, dal fatto cioè che la cifra da pagare non è commisurata al reddito, ma uguale per tutti - e in ogni caso si tratterebbe di una tassa "per" la vecchiaia e non "sulla" vecchiaia.

E’ una diffusa tragedia che colpisce tante famiglie, ma in particolare tante donne, quando un congiunto si viene a trovare in condizione di non-autonomia e questa situazione viene affrontata quasi del tutto privatamente. Si tratta di un fenomeno diffusissimo, e destinato a crescere sia nei numeri che nella gravità della condizione, con il venir meno delle famiglie numerose e con il diffondersi del lavoro delle donne (a proposito di quest’ultimo è di pochi giorni fa la dichiarazione del presidente dell’Associazione industriali a favore di una maggiore presenza delle donne nei ruoli dirigenti dell’attività industriale e l’impegno di numerose aziende a costituire asili nido e scuole materne all’interno del tessuto industriale e artigianale). Il lavoro di cura oggi si assomma a quello all’esterno della famiglia, e un ulteriore carico fa scricchiolare l’equilibrio fra le persone e delle persone stesse.

Chi decide, come la maggioranza desidera fare, di tenere con sé i propri parenti, si trova preso in un incubo concreto, nella ricerca disperata di conciliare la vita e il bisogno spesso illimitato degli anziani, specialmente se questi sono affetti da gravi malattie degenerative come l’Alzheimer, o dalle varie forme di demenza senile; si mette alla ricerca di "badanti" affidabili e spesso clandestine, si rivolge al Comune e alla Provincia, superando enormi difficoltà burocratiche per ottenere un aiuto dagli insufficienti servizi di assistenza domiciliare che sono a disposizione. Altri bussano alla porta dei cronicari, che tuttavia soffrono di mancanza di posti e di infermieri, e da dove segnali allarmanti fanno dubitare che il trattamento sia all’altezza dei diritti delle persone ad essere curate e rispettate.

Il fenomeno di per sé positivo del prolungarsi dell’età di vita viene lasciato ad una gestione individuale.

I dati sono già impressionanti, ma più delle statistiche vale l’esperienza diretta di migliaia di persone, che vedono pesare completamente sulle loro spalle le conseguenze di un fenomeno destinato a durare nel tempo e che non può che essere affrontato con l’aiuto della mano pubblica o comunque in modo collettivo. E’ dunque ora che si ponga fine agli indugi. L’hanno capito l’assessore Saurer e gli Arbeitnehmer, la corrente dei lavoratori all’interno del partito di maggioranza, che hanno accettato modalità insoddisfacenti dal punto di vista della loro rappresentanza, pur di cominciare a mettere le basi di questo nuovo servizio, nella speranza probabilmente che nel corso dell’approvazione del relativo disegno di legge si possano apportare quei miglioramenti necessari a superare l’impressione che siano sempre i soliti a pagare per tutti.

La tendenza della Provincia di Bolzano, in cui la SVP governa con alcuni esponenti del centro sinistra, è infatti di tagliare lo stato sociale. Nonostante l’aumento della spesa sanitaria, segnali forti, come l’introduzione dei ticket anche per fasce di utenti molto deboli, come gli anziani, e per medicine salvavita, come i controllori di pressione e le terapie di mantenimento degli operati di tumore, e i tagli nel sostegno alle persone portatrici di handicap, indicano che il favoloso bilancio dell’autonomia viene indirizzato soprattutto per gonfiare la spesa dei lavori pubblici e di un ulteriore sviluppo economico, piuttosto che nel miglioramento della qualità della vita dei più deboli.

L’assicurazione di cura, con tutti i limiti della forma con cui è stata approvata dalla giunta provinciale, è il riconoscimento della dimensione collettiva di un problema generale, ma per ora non vissuto come tale dalla società sudtirolese. Si prende dunque atto della fine dell’illusione della perpetuazione di un modello famigliare tradizionale, finora sostenuto dalla monetizzazione dei servizi, all’interno del quale la donna sostituisce l’impegno collettivo a favore delle situazioni di debolezza sociale.

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