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12,7 per cento

E’ la percentuale di donne elette alle recenti elezioni regionali. In Sudtirolo, intanto...

La percentuale di donne elette nelle ultime consultazioni regionali, quelle di aprile, è del 12,7 per cento, una cifra trascurabile, che di fatto conferma l’esclusione delle donne, dei loro interessi e della loro concezione della vita, dalle assemblee elettive. Conclusione amara: la politica è vecchia e non riesce a rinnovarsi che in parte.

Se si guardano i dati più da vicino, si vede che nel centro-destra sconfitto la percentuale media di donne è addirittura al di sotto del 9 per cento (8,7), che nell’Unione si sale fino ad un misero 15,6, un dato molto al di sotto di quel terzo considerato indispensabile a rendere significativa una presenza diversa all’interno di un’assemblea.

Parlano i numeri: i più "alti" ma rari sono di Toscana (donne in entrambi gli schieramenti, ma sempre solo al 25 %) e Lazio (27% per l’Unione); all’opposto, il 97% di uomini in Puglia, però nessuna donna eletta dall’Unione in Veneto (6 donne su 54, tutte della Cdl, nella regione più dinamica d’Italia!) e in Umbria, guidata da una presidente, due donne all’Unione e tre al centrodestra. Solo nelle liste civiche la percentuale arriva quasi al 30 per cento, ma le iniziative dei cittadini ormai sono poche e marginali, schiacciate dalle logiche e dai troppi soldi dei grandi partiti. Questi ultimi, dal canto loro, dimostrano di non saper farsi carico della necessità di avvicinare la politica alla realtà, rimanendo ancorati alla situazione di partiti di soli uomini, per società che si pensano fatte da soli uomini, piuttosto ignoranti dei concetti di empowerment e mainstreaming.

Il rovesciamento politico con la vittoria del centro sinistra mette sotto gli occhi di tutti la necessità di un rinnovamento profondo dei modi e dei contenuti della politica: solo se le donne e i giovani e i nuovi soggetti sociali saranno ammessi a partecipare come soggetti attivi (e non come decorazione di lista) alla gestione della cosa pubblica nelle realtà locali e nei parlamenti regionali e nazionali, sarà possibile il cambiamento profondo capace di ricostruire la speranza del futuro in un paese gravemente disaffezionato e preoccupato per ciò che gli potrà accadere in seguito alle sciagure della gestione privatistica berlusconiana della cosa pubblica.

Nella Provincia di Bolzano la legge sulle quote nelle liste comunali ha introdotto un imbroglio di cui hanno approfittato i partiti: il calcolo del terzo, come prescritto dalla legge regionale, viene aggirato dal fatto che le liste a Bolzano possono contenere una volta e mezzo il numero dei mandati. Dunque se ci sono 40 posti in consiglio comunale, i candidati possono essere anche 60. Basta presentarne 41, quaranta uomini e una donna, e la legge è rispettata alla lettera, ma non nella sostanza. Chi ha fatto la legge è riuscito a vanificare i principi fissati in Costituzione e nello Statuto d’Autonomia riformato, e chi non si è opposto ne è stato complice.

Grazie alle campagne del Comitato Parità, la competizione per valorizzare almeno a parole la presenza delle donne è in atto. Si fa la voce grossa, per nascondere il fatto che in genere si è ben lontani dal dettato costituzionale che prevede la parità fra generi in ogni lista. Molte sono parenti (in lista a Bolzano c’è anche la moglie dell’ex segretario del partito etnico nonché parlamentare), ma nelle liste civiche in molti comuni, e nel capoluogo con la lista Enrosadira, è spuntato il fenomeno di una reale e forte presenza femminile, quasi che la riscossa verso il sistema congelato o importato della politica sudtirolese parta fisicamente dalle donne. Lo conferma la veemenza con cui i partiti si scagliano contro le candidate sindache. Le accuse vanno da un estremo all’altro: "Rubano i voti a noi", ha detto il segretario dei DS, che pensa che i voti dei cittadini e perfino delle cittadine "appartengano" a lui; "Sono donne non realizzate in quanto tali" ha detto un signore di destra; "Donne strane, senza figli", ha scritto la moglie di un politico che fa la giornalista in attivo supporto del marito, cercando di colpire alla cieca un obiettivo che non c’è (moltissime candidate hanno figli), e ripescando così la classica accusa di Rabenmutter, madre corvo, che viene rivolta in Tirolo alle donne che alzano la testa dalla classica triade delle tre "K", Kirche, Küche, Kinder, chiesa, cucina, bambini.

Invece le donne che si presentano alla competizione elettorale sono sorridenti e sicure di sé, capaci di gestire figli e lavoro, e quasi sempre anche intense attività di volontariato sociale, segno che non vogliono scaricare le tradizionali responsabilità, ma far sì che la società tenga conto di ciò che fanno, di ciò di cui c’è bisogno, e che gli uomini le condividano; donne ormai rassicurate dalle campagne informative che anche qui fanno breccia, grazie alle normative europee (come accadrà per la Turchia, fra un po’ di tempo), e decise a farsi largo nel governo di Comuni che sono stufe di veder governati da padrini di periferia, prepotenti e monarchici, indifferenti ai bisogni delle loro giovani famiglie e a chi aspira ad una società meno competitiva e più solidale.

Come ad Appiano, dove la candidata sindaca della lista civica, un’insegnante elementare molto tranquilla e molto benvoluta dai genitori dei suoi scolari, viene attaccata violentemente da un assessore SVP e minacciata, ma reagisce pubblicamente. Niente lamentele, ma niente silenziosa rassegnazione. Anzi, denuncia pubblica e interpretazione "politica" a tutto sfavore del prepotente.

E finalmente il Sender Bozen, ne parla, a lungo, intervistandola e dandole voce, mentre tante donne nel passato hanno dovuto subire senza che nessuno ne desse conto.

Gli altri giornali tacciono, o scelgono le grandi foto dei maschi in competizione (è il fascino del ricordo della battaglia dei galli), a dire che ci vuole un uomo per risolvere i gravi problemi (sono sempre gravi prima delle elezioni, salvo non darne notizia appena fuori dalle stagioni elettorali) delle nuove spartizioni del cemento e della difesa della libertà di scorrazzare dappertutto in auto.

Le candidate sindache parlano "solo" contro il progettato megainceneritore, non vogliono la svendita di Azienda elettrica, vogliono asili nido, scuole materne e più assistenza agli anziani, aria pulita e parchi in cui i bambini possano giocare, luoghi dove figlie e figli adolescenti possano incontrarsi e creare legami senza cadere vittime di dipendenze, città in cui ci si possa muovere a piedi, in bicicletta e in sedia a rotelle, senza pericolo di essere affumicati o uccisi, città dove si investa nella densità delle occasioni di incontro e amicizia contro malattie mentali e depressioni.

Cose da nulla per la grande politica. Cose da tutto per chi vuole vivere.