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QT n. 7, 8 aprile 2006 Servizi

Né rampanti né entusiasti

Giovani e politica: un deludente incontro organizzato dalle Acli.

Sul numero 5 di Questotrentino (A cena con D’Alema) Giovanni Agostini ha tracciato un significativo profilo della comunità politica presente all’interno della Sinistra Giovanile dei DS (ambiziosa, superficiale, retorica), arrivando perfino a concludere che forse la migliore politica si può ancora esercitare solo al di fuori dei partiti, relegando questi ultimi a mere occasioni di collocamento.

Un sottile, quanto perverso, piacere ha pervaso il mio corpo al termine della lettura. Nella mia mente si affollavano immagini di portaborse, più o meno consapevoli, di lacchè, di compagni presuntuosi, abili solo ad investire in notorietà clientelare, o poco altro. E assieme al piacere, montava progressivamente il rifiuto per la politica istituzionalizzata, partitica, burocratica. L’orgoglio duro e puro di chi si dice tra sé e sé "non entrerò mai nel partito, non mi avranno mai!" aveva avuto il suo momento di gloria.

Sollecitato dalla lettura dell’articolo di Agostini mi sono quindi presentato all’incontro "Politicando", organizzato il 26 marzo dai giovani delle Acli, con l’intento di avvicinare giovani e politica attraverso le sagge parole del buon Michele Nicoletti, i volti e le idee dei giovani membri di partito e gli appelli elettorali di Giorgio Tonini e Ivo Tarolli.

Il mio interesse, al riguardo, è nato soprattutto dalla possibilità di vedere ed ascoltare dal vivo i rappresentanti giovanili locali di alcune delle principali formazioni politiche: Luca Zeni (Margherita), Claudia Merighi (Ds), Devis Tamanini (Patt), Paolo Maccani (Rifondazione Comunista), Matteo Dal Rì (Udc), Andrea Merler (Forza Italia) e Roberto Pederzolli (An).

Ghigno malefico all’entrata, mi sono seduto in fondo alla sala già con l’acquolina in bocca, tipica di chi si sta apprestando ad un lauto pasto: desideravo gustarmi lo spettacolo offerto dal giovane popolo dei partiti. In sala, da contorno, un discreto numero di persone, tra cui diversi under trenta.

Ma come spesso accade, la grande attesa è stata tradita. Nel profondo le mie due anime (quella costruttiva e quella distruttiva) aspettavano, fauci spalancate, un dibattito appassionante, ed invece mi sono trovato a placarle, si fa per dire, con un brodino tiepido tiepido. Dalla platea dei giovani relatori non è giunta né l’illuminazione attesa dalla mia parte costruttiva, né del resto è pervenuto qualche segno di conformismo portaborsistico che, sulla scia di Agostini, mi potesse suscitare violente scosse critiche di disapprovazione. Nulla. Solo la Merighi, aiutata dalla sua voce impersonale tarata sui tempi e i modi di una stanca e stancante campagna elettorale, ha prestato fiato ad un’immagine tipo "piccola politicante cresce". Ma neanche troppo. Per il resto i contenuti sono stati deboli, al limite del rachitismo.

Invitati dal moderatore ad esprimersi sui temi della pace e della virtù, i nostri, fatta salva un’imbarazzante sbandata di Pederzolli che dava per certa, seppur in fil di voce, una futura guerra in Iran, non hanno brillato in originalità. Da parte dei più un triste ripiegamento vischiosamente politically correct sul rispetto reciproco, sulla giustizia e sull’equilibrio mondiale. Tematiche per nulla banali, per carità, ma servite in tavola con la noncuranza (o la mancata convinzione?) delle petizioni di principio dei volantini elettorali. Nemmeno Maccani, che ha tirato in ballo il problema della precarietà, ha affondato il colpo, limitandosi anche lui ai carillon dei manifesti rifondaroli.

Da segnalare un breve sussulto di Tamanini, che alla parola virtù ha lanciato una frecciatina, da sindaco in pectore, agli assessori provinciali e alla loro condotta non proprio trasparente. Rapido rincorrersi irrazionale di battiti in me, prima della calma piatta.

Al momento di presentarsi, i sette hanno raccontato alla platea il loro avvicinamento alla politica e chi si fosse aspettato slanci ideali, passioni folgoranti, episodi illuminanti, beh, sarebbe rimasto un po’ a bocca asciutta. Tono per lo più piatto, privo di grinta, carente di sostanza. Una sorta di pratica dovuta che mi ha ricordato l’entusiasmo (nullo) che si metteva al liceo alla lettura delle versioni di latino da correggere. L’orologio ha girato forse un po’ più in fretta alle parole di Dal Rì, piacevole ruggito a dispetto di un contenuto miserello della serie: non so perché faccio politica, so solo che mi piace trovarmi con altra gente, parlare e magari finire poi in pizzeria.

Dopo poco più di un’ora il palco è stato occupato dalle ingombranti figure di Tonini e Tarolli, per un consueto match elettorale.

All’uscita, passeggiando tra i profumi primaverili, ho pensato al tempo avuto a disposizione dai giovani relatori: una decina di minuti a testa, o poco più. Lo spazio utile per una presentazione e per rispondere ad una domanda. Ero perplesso. Forse il mio giudizio, che ho voluto riportare in queste righe, era stato affrettato. In fondo era già stato un bene che in quella sala non avessero brillato controfigure in miniatura dei boss dei partiti, alla faccia della mia anima distruttiva e assetata di portaborse. E poi in dieci minuti, si sa… No, l’aria primaverile mi aveva già rabbonito.

A distanza di qualche giorno è possibile fare un’ulteriore considerazione. Lodevole l’iniziativa delle Acli di dare spazio ai giovani, ma quanto mai discutibile di liquidarli in poco più di un’ora. Se si vuole evitare che occasioni come queste passino via blandamente (come in questo caso) o che finiscano in mano a piccoli stregoni della politica dell’immagine (come ha raccontato Agostini), è necessario garantire tempi e luoghi alla politica giovanile, promuovendo incontri pubblici, facendo spazio a candidati giovani, ma soprattutto alle loro idee, al loro pensiero.

Perché non avviarsi verso un laboratorio di pensiero, o più poeticamente verso un giardino dei pensieri, dove i molti ragazzi e ragazze in gamba possano discutere, ragionare, proporre, senza essere mossi dall’ambizione volgare alla poltrona o alla foto sul giornale, ma scuotendo il giochino "adulto", stereotipato e ingessato, delle aule istituzionali e delle sedi dei partiti?

Se qualche giovinastro o qualche avveduto adulto ha un battito da investire al riguardo, non esiti a comunicarlo (magari proprio qui su QT). Potremmo sempre essere in due.