Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 17, 14 ottobre 2006 Servizi

La fiera delle tecnologie digitali

SMAU 2006: i segni di una (ennesima) svolta tecnologica. E una commerciale/ strategica: l'e-Italia incentrato più sull'e-business che sui consumi di massa.

Bruno Sanguanini

Con il 7 ottobre, la 43a edizione di Smau, fiera milanese-internazionale dell’Information and Communications Technology (ICT), ha chiuso i battenti. Quest’edizione, rimasta aperta per quattro giorni feriali e incentrata sulla tematica dell’e-Business, secondo gli organizzatori segna una svolta epocale. Per il presidente Alfredo Cazzola c’è un aumento del 33,6% del numero delle aziende espositrici e ci sono 4 nuovi espositori su dieci, un turn over imputato al fatto che la decisione di arrivare a Milano è presa all’ultimo momento. Si trascurano però due particolari non irrilevanti: le dimensioni dell’impegno espositivo delle grandi marche dell’ICT e la qualità informativa degli stand.

Certo è che, per la prima volta dal 1994, viene a mancare ciò che ha fatto la fortuna sia pubblicistica sia mass-culturale di Smau: l’affluenza di centinaia di migliaia di visitatori nel week-end. D’altro canto, l’area dell’e-Consumer (consumi elettronico-digitali) è stata deliberatamente spenta. I padiglioni di virtual reality machines, videogames, telefonini, videocamere, che per anni hanno attirato migliaia di giovani, scolaresche, computer-maniaci, telefonino-dipendenti, cacciatori di gadget, cultori dell’ultima tecno-novità, sono rimasti nella nostra memoria. Ritorneranno a vivere? Difficile crederlo, visto che Smau, dopo aver assorbito due anni fa la Fiera bolognese Futurshow, storica manifestazione dell’e-Entertainment all’italiana, ne ha chiuso i battenti. Ora, entrando neIla nuova Fiera dislocata a Rho-Pero e disegnata dall’architetto Fuksas, è impossibile tenere a freno la memoria che corre al recente passato.

Nonostante l’ultimo lustro di crisi internazionale dei mercati dell’ICT, l’edizione del 2005 fu ancora larga di promesse. L’Expò era basata su quattro aree: e-Business, e-Consumer, e-Governement, e-Academy, ovvero le novità tecnologico-digitali per gli affari, l’intrattenimento e l’informazione, la cittadinanza elettronica, la formazione a distanza e l’e-learning. Notammo subito la mancanza dei grandi stand di Microsoft, Apple, Ibm, Toshiba, Adobe, Sony, Telecom Italia, ecc., ma fummo distratti dalla moltiplicazione dei padiglioni e dalla moltitudine dei prodotti allineati dalle medie e piccole marche della telefonia mobile. Ora che il mercato dei telefonini promette per i prossimi anni una crescita variabile dell’1-2% all’anno, i boss dell’ICT volgono la testa e gli investimenti in ben altre direzioni.

Per immaginare il futuro. "Scordatevi il passato" è il titolo che campeggia sui manifesti della Fiera. L’immagine-tipo è eloquente: è la fotografia color seppia di un gruppo di uomini in piedi con un look fine ‘800, vagamente western, che posa esibendo ora degli attrezzi da agrimensori e ora degli strumenti da tecnici delle ferrovie o della ricerca mineraria. Uno di essi, però, quasi accovacciato a terra tiene, aperto sulle ginocchia, un computer portatile. Si torna forse al computer? Pare proprio di sì, ma solo se c’è la banda larga o il Wi-Fi. D’altro canto, il 2006 segna il ritorno di un incremento dell’ICT: l’1,7%. Era dal 1999 che non si vedevano delle cifre sopra lo zero. Come mai tanta rinascita? Probabilmente è la conseguenza sia del boom della domanda di banda larga nei Paesi più industrializzati sia delle prospettive del "quad band", ovvero della connessione tecnologica computer-reti-televisione-telefonino al servizio dell’impresa, della pubblica amministrazione, della ricerca scientifica, ma soprattutto delle telecomunicazioni (TLC). E’ la conseguenza positiva del nascente incorporamento dell’ICT nelle TLC e viceversa? Probabilmente sì, almeno sulla carta, per ora. A vantaggio di chi? Della socializzazione di massa dell’ICT: a casa, in ufficio, a scuola, in fabbrica, ecc., si spera. A meno che non accada come nelle ultime guerre in Medio Oriente, dove i giornalisti incorporati nelle Divisioni occidentali al fronte ci hanno fornito poche notizie di prima mano e tante notizie pre-confezionate dall’Ufficio Stampa del Quartier Generale.

Quali sono le tematichechiave di Smau 2006? E’ presto detto: tecnologie e soluzioni per l’impresa; identificazione elettronica e sicurezza; telecomunicazioni; networking; sound & vision; digital imaging; soluzioni digitali per la pubblica amministrazione; e-mobilità, ricerca di base e applicata, editoria digitale, e-sanità e tecnologie per le organizzazioni complesse e per le associazioni no-profit.

Ma solo apparentemente c’è un po’ di tutto, in realtà l’offerta è commisurata alle dimensioni ed alle caratteristiche di ciò che i dirigenti degli stands chiamano il loro "utente finale" d’elezione, ovvero la media e piccola impresa, i distributori regionali, le istituzioni pubbliche di media grandezza, ovvero i "portatori d’interesse" che rappresentano gli assetti dominanti del mercato nazionale.

Da Smau 2006 manca (quasi) completamente l’e-Intrattenimento di massa (apparecchi, programmi, contenuti del consumo individuale nel tempo libero) e l’e-Educational multimediale (corsi, piattaforme, promo, ecc.) alla portata della capacità di spesa delle famiglie italiane. Il ‘quasi’ è giustificato dal fatto che, come spesso accade, quando si compie repentinamente un’inversione di rotta, il nuovo inciampa nella consuetudine. Infatti, da una parte i grandi espositori hanno presentato dei prodotti di media statura, dislocati in stand di media grandezza, e talvolta coronati da un giardino di prodotti in stile consumer. Dall’altra, i piccoli e medi espositori, soprattutto se portavoce di China, Corea, Taiwan, Singapore... , hanno quasi esagerato, esponendo in piccoli stand ciò che è facilmente trasportabile e a prezzo competitivo, ovvero chiavi Usb, schede-madre, cuffie digitali, micro-computer portatili, ecc.

Novità della Fiera sono le Iniziative Speciali. In e-Accademy ci si imbatte nell’offerta di circa 100 seminari a orario continuato. L’idea ha investito manager, professionisti, operatori di canale e tecnici. Ho frequentato un paio di seminari e, con malcelata sorpresa, ho visto qualche faccia già conosciuta: non più sopra la t-shirt nera e sotto i crani rasati in stile quasi-hacker, ma svettante su giacca e cravatta.

A scuola di web sociale. In un seminario, un trentenne ingegnere del Politecnico di Milano ha parlato di web semantico. L’argomento mi ha colpito non meno dello stile egregiamente discorsivo e poco paludato del relatore. Confesso di aver imparato qualcosa di nuovo. Peccato che nella saletta mancassero le classi universitarie di umanisti e scienziati sociali: avrebbero capito che l’ICT e le TLC, insieme, hanno il potere di governare le interazioni umane a distanza e la ricezione dei contenuti.

Il neo-web (Web.2), dice l’ingegnere, si sviluppa coltivando sempre meno la "logica ad albero", caratteristica di web.Uno, ma sempre più la "logica a specialità". Anzi, si avvale sia dell’una che dell’altra, bilanciando le risorse discorsive conformemente al destinatario del messaggio. Ciò la dice lunga sul perché tutti parlino di connettere le tecnologie ai contenuti, le organizzazioni alle capacità cognitive, l’identificazione informativa di un territorio meno sulla base dell’innovazione nell’auto-tradizione (trentino.wellness@ it, per esempio) e più sulla base delle specialità richieste (wellness.trentino@it, per esempio) che identizzano il locale su scala globale.

Non proprio esaltante è l’area "I percorsi dell’innovazione". Sebbene sia prospiciente l’ingresso di un padiglione-chiave, è sistemata in poco spazio, non è facilmente percorribile, presenta delle novità tecnologiche che si confondono un po’ troppo con le soluzioni tecniche dell’allestimento dello stand e della pubblicità. Insomma, l’architetto ha fatto un po’ troppo in fretta. Peccato, però, visto che l’idea, forse mutuata dal Salone primaverile del Mobile e del Design, merita di essere coltivata: soprattutto se gli incentivi per la "ricerca & sviluppo & innovazione" promessi dalla Finanziaria andranno a colpire benignamente le imprese emergenti che l’Università italiana promette di concimare con i suoi più promettenti dottorati.

Quali le novità? Una, anzitutto. Puntando sull’e-Business, la Fiera milanese mira a rimettersi in salute dopo un quadriennio di crisi. La statura internazionale è stata incrinata dalla lunga congiuntura del mercato ICT ma anche dal successo montante delle Fiere di Amburgo e Berlino – quest’ultima ha chiuso circa dieci giorni prima dell’apertura della manifestazione italiana. Poi, si vuole spingere sull’acceleratore dell’e-Italia. Se l’industrializzazione storica del Paese pare essere avvenuta in termini di "rincorsa frenata" dei Paesi occidentali più industrializzati, ora si perora la causa di accedere all’Information Society quanto più possibile in termini di "accelerazione controllata". Come? Puntando meno sui consumi di massa e più sull’e-Business.

Occorre, dicono gli esperti, far lievitare la spesa per i servizi ed i beni di Information Technology. Il Regno Unito spende 138 euro e la Francia almeno 56 per abitante: l’Italia arriva a 41 euro. Il settore cresce dell’1,2% nel Belpaese contro il 4,2% nella media europea. Allora, occorre spingere di più sulla spesa pubblica o sugli incentivi per la tecnologia informatica nella piccola e media impresa? Magari fosse così semplice! L’innovazione tecnologica non avanza mai in progressione geometrica, dicono i classici. Occorre qualcosa d’altro: ma questo Smau non lo dice.

L’edizione 2006 si preoccupa di fare cambiare rotta al Paese. Dimentica però di fare una diagnosi del presente. Che cosa accade se negli uffici pubblici, nelle piccole imprese, nelle case, un computer su due fa da soprammobile o è acceso per vagliare le offerte-vacanza o per video-giocare? E’ un segnale che nella nostra società manca qualcosa: l’effervescenza sociale per l’innovazione. Ciò dovrebbe far riflette i tecno-innovatori per spingerli a considerare l’importanza funzionale della condivisibilità sociale.

A che scopo? Per far sì, per esempio, che l’e-Governement sappia che cosa fa l’e-Business, e viceversa. Solo così l’acculturazione alle tecnologie avrà un futuro, divenendo meno schiava del consumismo personalizzato e più vocata a promuovere la cittadinanza digitale.

Parole chiave:

Articoli attinenti

In altri numeri:
Tempo reale
Roberto Loro

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.