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QT n. 19, 10 novembre 2007 Servizi

La città dell’utopia sulle rive del lago

“Ecoart 2007”: una impegnativa ri-creazione davanti alle acque di S. Giustina.

A partire dall’estate 2007, nella località denominata "le Plaze" a Dermulo, sulle rive del lago di Santa Giustina, è iniziata una collaborazione tra il Laboratorio sul Moderno di Trento e l’associazione Yoproduction di Cles, per realizzare il progetto "Ecoart 2007".

La porta d’ingresso alla Città dell’Utopia. (un albero dalle radici rovesciate pescato nel lago).

Già nell’estate del 2005 e in quella del 2006, Ecoart si era concretizzata nella realizzazione di due feste pensate per promuovere un modo diverso di vivere il lago di Santa Giustina e per dimostrare alla comunità nonesa che un luogo apparentemente deserto e abbandonato come "le Plaze" fosse in realtà vivo e animato da numerose persone, da un "popolo del lago" inscindibilmente legato all’ecosistema del luogo.

Gli intenti delle precedenti edizioni erano in realtà ben più complessi; c’era un desiderio di fare festa nel modo più rispettoso dell’ambiente, coinvolgendo gli artisti locali con il fine, magari un po’ implicito, di ridare significato ad un luogo e farlo diventare, per tre giorni almeno, un posto ricco di relazioni e di storie.

Quest’anno Ecoart tenta di superare le precedenti edizioni, introducendo un ingrediente portentoso, l’utopia, e staccandosi da un modello, magari un po’ edonista e festaiolo, per approdare ad un’idea di socialità e di relazionalità contraddistinta dalla meditazione, dal protagonismo della parola, dalla cura ecologica dell’ambiente e della mente.

Una prima utopia del progetto è la pulizia. Il lago di Santa Giustina perde molta della sua bellezza a causa dei detriti e dei rifiuti che si depositano sulle rive o dentro i canyon. Necessita di un intervento che da alcuni anni non viene compiuto. La nostra riflessione ci spinge a mettere assieme le due cose, pulizia e lago, inserendole in un contesto diverso, quello appunto dell’utopia "Ecoart07". Uomo e ambiente sono in relazione, la prospettiva con la quale si guarda e si immagina l’uomo è strettamente intrecciata a quella con la quale si guarda la natura. Se pensiamo all’uomo in modo superficiale, allo stesso modo penseremo superficialmente alla natura; se riusciamo a cogliere la profondità e la complessità della natura, riusciremo a cogliere quella dell’uomo e dei suoi contesti sociali. Così il lago è stato mappato, sono stati identificati sette punti critici da affrontare e la pulizia, attualmente, è stata svolta completamente in quattro di essi.

Alcuni rifiuti raccolti durante la pulizia del lago.

Quando abbiamo iniziato questo lavoro, il lago in alcune zone era intasato da ogni genere di cose, oggi lo ritroviamo più pulito e non solo per la nostra azione; l’ecosistema si è messo in moto, stimolato dai nostri pensieri: uomo e natura si sono migliorati a vicenda.

Infatti la pulizia non è solo un’azione ambientalista, ma è una grande metafora. Pulendo i canyon e le rive del lago si fa anche un viaggio di pulizia nella propria mente, individuale e collettiva, sottolineando la capacità dell’uomo di trasformare, di ri-creare, attraverso la ricerca e l’espressione di nuove idee, i luoghi fisici e mentali che abitiamo ogni giorno, affrontando le storture, gli inquinamenti, le ingiustizie, con uno sguardo teso all’utopia, alla possibilità di dare nuovo senso alle cose. Così i rifiuti raccolti vengono tutti riutilizzati, donando loro nuova vita e operando un rovesciamento concettuale importante che vede la ri-creazione di un qualcosa che non serve più e che inquina in un oggetto artistico in grado di essere invece bello e utile al tempo stesso. Così la porta della "Città dell’utopia" che sta nascendo alle Plaze è stata realizzata rovesciando un grande albero morto pescato nel lago e indirizzando le sue radici verso il cielo.

La "Città dell’Utopia" non è un luogo ideale, ma è un luogo concreto che dà luogo all’ideale, una città che stiamo costruendo weekend dopo weekend utilizzando materiali trovati sul posto, con l’intento di dare vita ad una nuova visione del territorio e dei suoi modi di viverlo, creando nuove relazioni e abbattendo vecchie dicotomie, come quella, tipica del Trentino, fra città e valle. Il tutto all’insegna del "perché no?" Perché non ricreare l’esistente, perché non riprendere a sognare quando nessuno sogna ormai più e sperimentare, di volta in volta, le sensazioni e le pratiche che escono da questo viaggio comune?

Lo schermo preparato sul pelo dell’acqua del lago di Santa Giustina per il cineforum di “Ecoart 2007”.

Non un evento, non una festa, ma una lunga ri-creazione, dove il lavoro, talvolta duro e sempre volontario, esce dai canoni del sacrificio per abbracciare la bellezza dell’ambiente e delle persone. Ri-creazione come trasformazione dell’esistente per migliorarlo continuamente, come intervallo gioioso e prolungato, che si incastra lento e profondo nella frenesia della superficialità in cui troppo spesso si cade oggi. Fino a quando? Fino a quando usciranno delle cose nuove da questo viaggio, fino a quando ogni spedizione in mezzo al lago ci insegnerà qualcosa.

La "Città dell’Utopia" così ha una porta, ha delle mura che la delimitano, ma che traspaiono al suo interno, per dare l’idea di una soglia più mentale che fisica, di una trasformazione di stato: ha un bar, un palco coperto, un forno per le pizze a forma di balena, uno spazio cineforum, un tempio in grado di trasmettere ancora un senso del sacro propositivo, lontano dalle sue derive attuali, tra spinte materialistiche e reazioni religiose antimoderne. Il tutto costruito con legno, rifiuti, pietre, liane, radici, il tutto raccolto con cura sul posto. Alcune opere sono già state ultimate, altre sono in costruzione, altre sono ancora luccicanti idee che stimolano ad andare avanti, a partire da ogni sabato mattina fino al tramonto della domenica.

Infine nella "Città dell’Utopia" c’è un parlamento. Sì, perché un’altra delle utopie di "EcoArt07" è la discussione. La sensazione da cui siamo partiti è che anche il semplice discutere, se fatto liberamente, senza dover necessariamente difendere il proprio interesse di parte o la propria cordata, in val di Non abbia un che di realmente utopico. Vorremmo si discutesse di cultura, giovanile e non, economia, democrazia, ambiente, immigrazione, famiglia e molto altro. Il punto di partenza per discutere è sempre il "perché no?" che dovrebbe alimentare molteplici (infinite) possibilità di riflessione, spunto, confronto. Il "perché no?" dovrebbe portare a immaginare ipotesi di valorizzazione della valle, opportunità di confronto per i giovani, forme di partecipazione diretta per scongiurare il pericolo, sempre più presente nelle comunità di valle, di delegare le decisioni che contano ad altri, agli esperti, alla politica sorda, alle ragioni economiciste, non rispondenti ai reali bisogni del territorio. Ci serviva un luogo apposito dove questo potesse avvenire e così l’abbiamo costruito e inaugurato con le prime discussioni, dalle quali sono uscite idee ed emozioni che basterebbero per scriverci un libro. Anche se è troppo presto, visto che si è convinti che il bello debba ancora venire.

Immagini delle operazioni di pulizia di Santa Giustina.

Un’altra utopia allora. Vorremmo realizzare l’obiettivo "Zero rifiuti. Zero Mozziconi: LSD – La Sigaretta Dopo". Un altro piccolo esempio di utopia. "EcoArt", prima in regione, ha sperimentato la festa a rifiuti zero, promuovendo il "Porta piatto e posate da casa per evitare la plastica, che ti facciamo lo sconto". Quest’anno si tenterà addirittura di evitare il problema dei mozziconi di sigaretta nel bosco. Per fare questo si sta progettando un oggetto, ideato dal Laboratorio sul Moderno di Trento, che prende il nome di LSD, che non ha niente a che fare con la psichedelia (o forse sì?), ma è un contenitore in acciaio in cui inserire le sigarette una volta utilizzate: La Sigaretta Dopo, appunto. Perché la cura della natura restituisce visioni che nessun allucinogeno può dare.

Piccole e grandi cose che rispecchiano un’unica tensione propositiva. Quando ci chiedono che cosa stiamo facendo, rispondiamo che si tratta di un viaggio alla ricerca dell’utopia. Un’utopia del profondo, dell’inafferrabile, forse del sacro; che parte dall’ecologia, dall’ambiente, dalla natura, per arrivare all’uomo, alla mente, all’anima, passando per tutto il resto. Un’utopia alla quale ci siamo resi conto si potrà arrivare solamente con grandi sforzi e ricerche, ma al tempo stesso con lentezza, senza fretta, imparando ad aspettare. Ecco, si tratta di un viaggio verso l’utopia, in profondità con leggerezza. Sulla mappa è stato segnato il punto di partenza che dice che "all’utopia non si arriva in solitaria" e che "la salvezza è cosa comune". E come sulle navi, quelle che trovano nuove rotte o che tornano dopo averle smarrite, a chi partecipa è richiesto il coraggio di perdersi e lasciarsi andare, la fiducia in chi si ha al proprio fianco per quanto sconosciuto, il folle desiderio di arrivare. Ed è un viaggio già iniziato per quanto per adesso si stiano solo gettando le fondamenta di quello che verrà.

Crediamo che in questo progetto siano in gioco delle interpretazioni nuove dell’uomo e della natura, ma soprattutto della loro intensa relazione. Il lago è un ecosistema naturale di cui anche gli uomini fanno parte a pieno titolo e la dimostrazione di questo ci appare nello scoprire un popolo del lago indissolubilmente legato, nelle emozioni e nelle idee, al bacino (artificiale) creato dalla diga. Il popolo del lago va considerato allora una sorta di minoranza, ma non da salvaguardare pena la sua scomparsa, ma una minoranza attiva, una metafora generativa che apre a tutti la possibilità di vivere l’ecosistema nella sue relazioni fondanti. E’ un popolo la cui identità è aperta e variegata, che si contamina e che apre un nuovo modo di vivere l’ambiente, ritenendosi parte integrante e attiva dello stesso. Si supera così la stagnante situazione di un ambientalismo oggi diviso in maniera lacerante tra tecnicismi e idealizzazioni, non in grado di creare alternative, troppo spesso distratto dal solo sentimento di opposizione nei confronti di un sempre più minaccioso e non definibile esterno.

Intervenire sulla natura può voler dire invece migliorarla, e al contempo esserne migliorati, se ogni azione è vagliata da una carica ideale sempre pronta a mettersi in discussione. Perché no?

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