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Riforma della scuola: all’I.T.I. la pensiamo così

La scuola ha certo bisogno di riforme continue, per contribuire alla "formazione" dei bambini e dei giovani, ma anche degli insegnanti, dei dirigenti, di tutte le persone che lavorano e vivono in essa.

Le riforme approvate negli anni scorsi, dell’autonomia scolastica, dell’esame finale di Stato, dell’insegnamento del ‘900, della formazione e dell’aggiornamento degli insegnanti, hanno suscitato un ampio dibattito, e avviato innovazioni didattiche impegnative, mai concluse, nel lavoro che ognuno di noi svolge qui all’Iti.

Il progetto di Scuola dell’attuale governo, di Silvio Berlusconi e di Letizia Moratti, però ci preoccupa, in quanto:

- riduce gli anni di educazione uguale per tutti i bambini e i ragazzi;

- impone ai giovani una scelta precoce fra studio e lavoro, fra scuola secondaria superiore e formazione professionale.

- rinuncia al raggiungimento del diploma a 18 anni, e quindi della laurea a 21;

- tende a sopprimere il valore legale del titolo di studio (le commissioni d’esame tutte interne alle singole scuole sono il primo passo in questa direzione);

- rompe l’unità della scuola nazionale, separando fortemente i programmi scolastici regionali;

- afferma la centralità della scuola privata, che sarà sempre scuola per pochi, e penalizza la scuola pubblica, aperta a tutti, e pagata con le tasse di tutti;

- affida la gestione degli istituti a consigli d’amministrazione, in cui diminuiscono i membri eletti da insegnanti, studenti, personale non docente;

- affida al voto di condotta una motivazione all’impegno, che va invece conquistata ogni giorno nella relazione educativa fra adulti e allievi.

La società italiana, aperta sull’Europa e sul mondo, ha bisogno di più diplomati e laureati, da ottenere con una scuola più colta e più seria, in cui crescono l’insegnamento interdisciplinare e l’apprendimento di gruppo, abitata da persone che pensano, si interrogano, si emozionano anche.

Una scuola, scrive Umberto Galimberti, che punta invece più sull’addestramento che sulla formazione critica, non giova né alla società né ai singoli cittadini, ma nemmeno all’economia. Anche l’impresa e il lavoro hanno bisogno di individui critici, capaci di imparare per tutta la vita.

Seguono le firme di 70 insegnanti, 218 studenti, 45 non docenti

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La scuola è formazione o addestramento?

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