Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca

Una corsa a ostacoli

L’ippodromo di Merano chiude. Cosa farne?

In Sudtirolo ci sono temi del dibattito politico e luoghi sui quali si concentrano opinioni contrastanti non solo per ragioni economiche, sociali e ambientali, ma in cui i nazionalismi contrapposti o i pregiudizi inconsapevoli allontanano spesso le soluzioni dei problemi.

Un caso diverso dalla toponomastica e dai monumenti, ma anche in parte oggetto di pregiudizi e di memorie storiche non condivise, è quello dell’ippodromo di Merano-Maia che, come molti impianti analoghi in Italia, è in crisi. I soldi per il Gran Premio di Merano venivano fin dal 1948 dall’Unire (Unione nazionale per l’incremento delle razze equine), ente pubblico costituito nel 1932 dal governo fascista e sostituito pochi anni fa dall’ASSI, Agenzia per lo sviluppo del settore ippico. Nell’agosto 2012 anche questo ente è stato soppresso, e le sue competenze spostate al Ministero dell’agricoltura. Quest’ultimo non ha soldi, quindi gli ippodromi attraversano un periodo difficile e qualcuno chiude i battenti. La città di Merano si trova di fronte al bisogno di risanamento e di parziale ridestinazione di un’area immensa, e finora non sembra in grado, neppure con l’intervento della Provincia, di affrontare la questione.

L’ippodromo attuale fu disegnato e realizzato nel 1935 dall’architetto milanese Paolo Vietti-Violi, autore fra l’altro di San Siro a Milano, delle Capannelle a Roma e di numerosi altri impianti sportivi. Dopo una lunga storia di successi crescenti, che hanno contribuito a portare a Merano un turismo qualificato, oggi l’ippodromo non è più in grado di sopravvivere solo con un’attività di élite come le corse dei cavalli. Il Comune, che deteneva la maggioranza delle azioni, ha dovuto cederle e la società che le ha acquistate non sembra avere idee chiare sulle prospettive future. Sull’area incombe il rischio della speculazione edilizia, che lavora silenziosamente, e ha buone chance, dato l’indebolirsi dell’economia che gira intorno alle corse dei cavalli, con i suoi artigiani e veterinari specializzati, i fantini, gli allenatori, ecc.

L’impianto odierno nacque per iniziativa locale, ma con un fortissimo sostegno personale da parte di Mussolini, del prefetto Mastromattei, e di esponenti della famiglia reale. Per questo, a lungo è stato visto dalla popolazione di lingua tedesca come un oggetto “italiano”, estraneo. Oggi la situazione è cambiata, e moltissimi sono i meranesi di lingua tedesca che si recano alle corse a giugno e a settembre.

Ciò che alcuni ignorano è che le corse dei cavalli sono state, fin dalla nascita del turismo a Merano negli ultimi vent’anni dell’800, un elemento significativo dell’offerta turistica. Oltre alle passeggiate, e addirittura alle cacce alla volpe nei dintorni di Merano, organizzate dal Reitklub, nel 1896 si tennero le prime corse, con i purosangue montati dai cavalieri nobili e coi cavalli avelignesi, una razza da poco inventata, che gareggiarono sulla spianata davanti all’hotel Meranerhof, dove oggi ci sono le Terme. A Merano non c’è mai stata acqua termale e quindi i sostenitori dello sviluppo turistico dovettero inventarsi una serie di attività e di “cure” per attirare ospiti internazionali. C’erano la cura dell’uva e le attività fisiche, dalle passeggiate lungo il torrente che traversa il centro, alle ginnastiche e agli sport. Era la prima offerta di wellness, che oggi ha ripreso a costituire uno spicchio non insignificante del turismo sudtirolese. Furono alcuni innovatori, fra cui il barone Kurt von Goldegg, liberali contrastati dai conservatori e dal clero nel loro obiettivo di sviluppare il turismo, che crearono nel 1900 il primo campo sportivo (Sportplatz), dove si potevano praticare numerosi sport e dove c’era la pista per le corse dei cavalli. Con l’aiuto del Comune e dell’Azienda turistica, le corse andarono avanti fino al 1914 in piena guerra, e ripresero quasi subito a guerra finita, nonostante il quadro politico sconvolto. Nei primi anni ‘20 i militari italiani, i nobili e i borghesi sostituirono le principesse dell’impero, continuando per un po’ la tradizione di vita mondana e salutare che caratterizzava l’offerta turistica meranese.

Il cambiamento dei gusti degli ospiti e poi la crisi economica internazionale spensero le luci della città di cura e dell’ippodromo. A metà degli anni ‘30, il desiderio di rilancio della città come polo di attrazione del turismo di alto profilo e anche ragioni di prestigio permisero agli appassionati di cavalli di ottenere la realizzazione di un impianto tutto nuovo. Nel dopoguerra le corse ripresero col Gran Premio e la Lotteria dei Milioni, tanto famosa da entrare nel gioco del Monopoli.

Oggi l’ippodromo, ancora bellissimo sia come impianto sportivo che come paesaggio circostante e come costruzioni di servizio, ha bisogno di una nuova visione, che ne indichi il riutilizzo di almeno una parte in nuove destinazioni redditizie. O c’è bisogno di una voce pubblica autorevole e partecipata, che salvaguardi l’area, in attesa che le idee si chiariscano e che i tempi della crisi passino, senza pregiudicare un luogo carico di potenzialità e di storia.

Parole chiave:

Commenti (0)

Nessun commento.

Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.