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QT n. 1, gennaio 2013 Servizi

Il guru e gli attivisti

Il nostro confronto con i grillini di Trento. Tra la buona volontà, le difficoltà del debutto ed un leader ingombrante.

Le sparate di Grillo fanno sempre un gran rumore. Non si riesce mai a capire quale sia il legame tra l’espressione franca e la pacatezza che mostrano i militanti del Movimento 5 Stelle ogni volta che appaiono da qualche parte, e le berciate del loro leader che provoca, insulta, storpia i nomi. Ma ora il Movimento è cresciuto, manderà qualche suo rappresentante in Parlamento, ed è nell’interesse di tutti chiarire non solo il legame tra Grillo, Casaleggio e i militanti, ma anche tutte le ambiguità che sono emerse nel corso dell’ultimo travagliato anno: dalla cacciata di alcuni esponenti come Favia e Salsi, alle votazioni online per scegliere i parlamentari, a quelli che saranno i programmi.

Nel tentativo di dipanare le nostre perplessità abbiamo parlato con due attivisti del gruppo 5 Stelle locale (una trentina di attivisti per 130 iscritti online), Martino Ferrari, 22enne studente di giurisprudenza, e Manuela Bottamedi, 43enne insegnante di diritto in una scuola superiore. Occasione per un dibattito sereno e cordiale.

Iniziamo dalle parlamentarie. Le considerate un successo? 32.000 votanti in tutta Italia. Tabacci, ultimo classificato delle vituperate primarie del centrosinistra, con l’1%, ha preso più voti.

Vero. Ma sono state importanti per sperimentare un metodo innovativo. I pochi voti dipendono dal fatto che ha potuto votare solo chi era registrato come militante del Movimento al 30 settembre. La ragione è semplice: con il boom di consensi degli ultimi mesi, il timore di infiltrazioni è forte. Non vogliamo i nostri Scilipoti, e il prezzo da pagare è stata una chiusura, che sarà momentanea.

A parte i risultati, molte sono le critiche sul metodo. Scarsa trasparenza, enorme difficoltà nei ricorsi. Ci chiediamo quanto sia sensato affidarsi alla Rete, quando c’è il potere di mezzo.

La Rete è la direzione verso la quale andremo inevitabilmente, ed ha grandi potenzialità. Su questo siamo sulla linea dei Partiti Pirata del resto d’Europa, e online ci scriviamo anche il programma. Poi, le perplessità sono legittime, e ogni critica è benvenuta, perché il sistema è da migliorare. Come detto, è stata la prima sperimentazione.

Quindi, dubbi sui meccanismi, ma completa fiducia nella buonafede di chi ha tutto in mano. Nessun dubbio su Grillo e Casaleggio?

Il Movimento ha due anime: chi vede Grillo come un guru e chi, come noi, vede limiti e storture nel processo. Ma tutti riconosciamo che ci ha dato una grande opportunità, una piattaforma per farci sentire. Ed è una persona onesta, che non aveva il bisogno economico di questo progetto. Siamo convinti lo faccia per passione. Il nostro auspicio è che, una volta entrati in Parlamento, Grillo faccia il portavoce, ma che il Movimento sia sempre più autonomo. E Casaleggio è uno strumento prezioso per l’informatica ed il marketing elettorale. Strumento che ormai c’è in ogni partito.

A questo proposito, un’opinione sulle recenti “epurazioni” di membri del Movimento in Emilia Romagna.

Non ci è piaciuto l’atteggiamento. Ma c’è anche da dire che entrambi gli espulsi erano venuti meno a delle regole del Movimento: la Salsi a quella di evitare i talk show, mentre Favia voleva concorrere per un terzo mandato. Il modo in cui sono avvenute lo ricolleghiamo alla tensione che c’è in questo momento per la paura di infiltrazioni.

Veniamo alla politica e al contesto locale. Una prima critica: nel vostro programma manca la parola “lavoro”.

Come il lavoro, mancano altri temi: agricoltura, turismo, università. E il welfare, che vogliamo venga prima di tutto, come nostro cavallo di battaglia. Le proposte le facciamo quando ne siamo certi. Quando avremo finito l’elaborazione, avremo proposte chiare su tutto.

E per ora quali proposte?

Sull’ambiente, che è un tema tradizionalmente caro a tutto il movimento, c’è molto. Crediamo, per esempio, che non sia demagogia pensare di poter diventare la prima Provincia con i trasporti pubblici gratuiti. Sull’economia abbiamo un tarlo: le partecipate della Provincia. Sono troppe, e l’80% non in servizi essenziali, ma in settori che devono essere lasciati ai privati, di modo che il pubblico si occupi meglio di quello di cui si deve occupare: lo Stato sociale.

E l’Autonomia? Grillo non ne è sembrato un sostenitore.

Non è vero. I giornali avevano i titoli già pronti quando ha parlato di Autonomia. Lui è stato l’unico uomo politico abbastanza onesto da dire che va riformata, che così com’è non va bene. Se fosse per noi, l’autonomia l’avrebbero tutti. Ci sarebbero gli Stati Uniti d’Italia, un federalismo solidale ben diverso da quello della Lega.

Sui diritti dell’immigrazione alcune affermazioni di esponenti del movimento ci hanno lasciato molto perplessi.

Effettivamente Grillo ha espresso dubbi su alcune cose, come sulla proposta di una legge per dare la cittadinanza ai figli di immigrati che vivono in Italia. Ma è la sua opinione. Sull’immigrazione abbiamo opinioni di centrosinistra, che è del resto il campo a cui appartenevamo. Siamo quindi, ad esempio, favorevoli ad una legge di questo tipo. E crediamo che questo sarà l’orientamento del Movimento, perlomeno a livello provinciale.

Insomma, chi sono?

I membri del Movimento sono in gran parte delusi del centrosinistra, provinciale e nazionale, che provano a mettersi in proprio. C’è poco di antipolitico o apolitico, in questo caso, perché la caratterizzazione è abbastanza forte. La novità sta tutta nel loro sistema partecipativo di elaborazione delle proposte, che non è assolutamente da sottovalutare, e nel fatto che, persone che fino a poco tempo fa avrebbero potuto al massimo arrabattarsi in una lista civica nel loro comune, a febbraio finiranno direttamente in Parlamento. È una novità politica consistente.

Ma accanto a tutto ciò, troppe sono le perplessità che rimangono sullo sfondo. A cominciare dal programma, lontano dalla sua elaborazione definitiva. L’orientamento valoriale è chiaro e anche condivisibile. Cosa non scontata, che spicca, insieme alla loro onestà, nel panorama politico desolante in cui si inseriscono. Ma su tante questioni fondamentali non ci sono ancora proposte, e per ora è inutile cercare il pelo nell’uovo, come avremmo voluto fare, perché non c’è il pelo e neanche l’uovo.

Altro nodo da sciogliere è la leadership di Grillo. Dall’intervista è emerso quanto su questo punto le differenze di percezione tra aderenti al movimento ed esterni siano nette. Gli attivisti sembrano avere fiducia che Grillo, per quanto le sue opinioni siano le uniche a fare i titoli dei giornali, quando ci sarà da decidere rispetterà il motto del movimento: “uno vale uno”. Da osservatori ci sentiamo di dubitarne.

Infine la questione delle parlamentarie online. Secondo quanto ci ha detto Letizia Caporusso, ricercatrice presso l’Università di Trento ed esperta in voto elettronico, le votazioni online, al di là dell’esiguo numero di partecipanti, non costituiscono un sistema affidabile. Specie se non si fornisce alcun dettaglio circa il loro svolgimento, com’è accaduto in questo caso. Nessuna trasparenza nei risultati, nessuna possibilità di controllo, nemmeno la sicurezza che qualche hacker non abbia manomesso le procedure di conteggio, visto che il codice sorgente del programma, il cui controllo permetterebbe una verifica della vulnerabilità del sistema, non è stato reso noto. Ciò che nella consultazione elettorale tradizionale viene garantito dalla possibilità di un riconteggio delle schede, in questo caso deve poggiare esclusivamente sulla fiducia di chi, una volta visti i risultati, li diffonde. Fiducia che, perlomeno Martino e Manuela, seppur del tutto disposti ad ammettere i limiti del processo e ad ascoltare critiche, mostrano di avere. Ma che non si può chiedere agli elettori, che devono pretendere il rispetto di una regola chiave della democrazia: le cose non devono solo essere corrette, ma anche apparire tali.

Completezza delle proposte, chiarezza e trasparenza nei processi decisionali interni sono tutti problemi da risolvere, e non si possono derubricare ad affari interni al movimento, come vuole Grillo. Vanno risolti, perché un partito non è un’azienda, ma un’istituzione chiave di ogni sistema democratico. La gestione di questi punti critici sarà fondamentale per la credibilità di questo gruppo di volenterosi non professionisti, che presto dovrà misurarsi con le difficoltà più serie della politica: la realizzazione pratica delle belle idee e la gestione del potere.