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Morandini e lo sterco del diavolo

Due anni fa, in questa stessa rubrica, notavamo che “è buona cosa che in Trentino si sia stabilito l’obbligo, per i consiglieri provinciali, di fornire annualmente informazioni su reddito e proprietà. Quest’anno, però, ben tre consiglieri si sono rifiutati - non dimenticati - di farlo”. Fra costoro, c’era il cattolicissimo Pino Morandini, che così spiegava la propria decisione: “In questi ultimi anni ho dovuto tollerare commenti non obiettivi sul mio conto. Oggi difendo la dignità mia e della mia famiglia”.

Una motivazione decisamente infelice, giacché poteva ingenerare il sospetto (certamente infondato) che rivelando l’entità del suo patrimonio potesse dar adito a supposizioni maligne sulle fonti di tale ricchezza.

Con la storia dei vitalizi, ecco riemergere il difficile rapporto di Morandini col denaro. Infatti, dopo aver allora dimostrato che si vergogna di far sapere quanto è benestante (E lo è decisamente: “È Pino Morandini il consigliere provinciale più ricco, con quasi 300 mila euro lordi” - si leggeva a suo tempo sul Trentino, che precisava come fosse “impossibile il confronto con l’anno precedente, perché Morandini ed Eccher, assieme a Nerio Giovanazzi, si erano rifiutati di consegnare la propria documentazione”), allo stesso tempo non se la sente proprio di mollare l’osso, pur in presenza di una situazione di privilegio da tutti (tranne alcuni interessati) ritenuta scandalosa.

Da quanto leggiamo, Morandini, dopo Mauro Delladio, è il politico che ha ottenuto la cifra più consistente (1.112.665,16 euro) e ora, secondo la legge del luglio scorso, dovrebbe restituire meno di 1/3 di quel malloppo (319.955 euro); ci pare che gliene resterebbe abbastanza da assicurargli una serena vecchiaia, ma lui, al pari di altri colleghi, si è impuntato: non ci sta, e si è rivolto al giudice.

Come altri, appunto; i quali però almeno evitano le tartufesche autodifese goffamente messe in atto da Morandini. La decisione di fare ricorso “è stata una scelta sofferta”, ma inevitabile “a fronte della gogna pubblica e della strumentalizzazione fatta dal qualche nuovo politico... È una questione di dignità importante per chi ha fatto dell’attività politica una promozione di valori e di civiltà, andando spesso controcorrente e vivendo in isolamento”. E comunque “dell’uso del denaro si risponde al Padreterno prima e poi alla comunità e alla famiglia”. Alla comunità, appunto!

Quale sia il rapporto fra i contributi versati e l’entità del suo vitalizio non l’ha calcolato, ma anche se quegli 800.000 euro residui sono una cifra “importante”, si sappia che lui ha “sempre pensato a persone che stanno nel bisogno”.

Se a questo punto qualcuno ancora pensasse che Morandini ciurla nel manico, ecco, decisiva, una citazione: “Vorrei ricordare al riguardo un pensiero di Cesario di Arles spesso citato dall’attuale Pontefice e dal suo predecessore: ‘La ricchezza non può fare del male a un uomo buono, perché la dona con misericordia, così come non può aiutare un uomo cattivo, finché la conserva avidamente o la spreca nella dissipazione’ (Sermoni, 35,4)”.

Eppure c’è chi ancora non è convinto, nonostante Cesario di Arles. Su Vita Trentina del 19 novembre il signor Paolo Ivaldi gli si rivolge: “Che sconforto, che delusione! Io che ho messo la faccia, come tanti altri, al tempo delle votazioni per sostenere la tua candidatura, caro Morandini! Io che assicuravo tutti che sei il paladino in difesa dei valori cristiani... È proprio vero, anche il Vangelo con un po’ di astuzia si può piegare ad ogni ingordigia. E non vale, sai, il paravento della beneficenza. Con i soldi degli altri è fin troppo facile farla”.