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“Bozner Filmtage - Bolzano Cinema”

Un festival a Bolzano

“Filmtage Bozen/Bolzano Cinema” alla 29a edizione: così vivace da sembrare la trentesima. La Provincia di Bolzano finanzia e la BLS (Business Location Südtirol) offre locations e sostegno organizzativo che attirano molti autori e produttori.

Hanno vinto due svizzeri e uno spagnolo. In concorso c’erano lungometraggi, documentari e cortometraggi no-words. La partecipazione a quest’ultima sezione, curata dal Cineclub Bolzano, era aperta quest’anno a film di tutta Europa. Ne sono arrivati 300 e ammessi alla selezione 26, di cui molti belli. Ha vinto “Lila”, dello spagnolo Carlos Lascano, che unisce fantasia e animazione. Racconta di una ragazzina che con disegni che si animano cerca di portare gioia a chi le sta intorno, come una piccola fata scherzosa.

Nella sezione no-words altri due film spagnoli hanno ricevuto dalla giuria una menzione: Àlvaro Granados con “Eideann” e Alberto Ruiz Rojo per “Flash”. Secondo la modesta opinione di chi scrive (che ovviamente non ha potuto vedere l’intera programmazione) erano molto belli anche “Le Plongeon” di Delphine Le Courtois (Francia) e “Flush” di William Dinesen (Danimarca).

Ma ahimè, non si possono premiare tutti! D’altronde le giurie di tutte e tre le sezioni del festival hanno premesso di avere faticato a scegliere, per l’elevato livello generale. Negli anni scorsi c’erano un paio di film che sovrastavano gli altri, ma questa volta non è stato così. Quindi, oltre ai premi, sono state assegnate più menzioni speciali del previsto.

“Chrieg”

La giuria internazionale per la sezione lungometraggi ha premiato “Chrieg” di Simon Jaquemet come miglior film, una scelta confermata dal pubblico, che poteva votare a sua volta. Opera prima di un giovane regista svizzero, il film, girato anche in Sudtirolo, racconta una storia di ribellione e violenza di giovani contro gli adulti. Due menzioni speciali sono state date a “Hedi Schneider steckt Fest” di Sonja Heiss e a “Wir sind Jung; wir sind stark” di Burhan Qurbani. Quest’ultimo, figlio di rifugiati afghani in Germania, racconta un episodio drammatico avvenuto nel 1992, a tre anni dalla riunificazione tedesca, quando 3000 neonazisti diedero fuoco a un centro per l’accoglienza dove vivevano 150 rifugiati vietnamiti.

In concorso c’era anche “Vergine giurata”, il film della regista di corti Laura Bispuri, una storia affascinante, che però semplifica un po’ troppo il racconto della vicenda della malinconica Alba Rohrwacher, rappresentando un’Albania rurale, selvaggia e primitiva, e un’Italia-Bengodi (Roma nella finzione, Bolzano nella produzione). Sua nipote in piscina fa concorrenza a Esther Williams, contrappunto un po’ esagerato alla neve perenne e ai rudi abiti della prima parte.

Nella sezione documentari ha vinto “Die Böhms” di Maurizius Staerkle Drux, nato in Germania ma sempre vissuto a Zurigo. È la vicenda di una famiglia di architetti, privata e professionale. Menzione a “I want to see the manager” di Hannes Lang. Nato a Bressanone, formatosi come falegname e poi geometra, Lang ha lavorato nel Filmstudio Penn di Castelrotto, ha studiato documentario all’Università d’arte per i mass-media di Colonia e fondato una cooperativa di produzione. Pluripremiato per i suoi lavori, ha realizzato un film in sette episodi, ambientato ognuno in un diverso paese del mondo, di cui racconta la condizione umana ed economica.

“Brenna tuats scho lang”

Il pubblico ha dato il suo premio a “Brenna tuats scho lang”, un film di Marcus Rosenmüller sul musicista “rock-alpino” austriaco Hubert von Goisern,.

Niente premi a “Tristia- Eine Schwarzmeer-Odysee” del polacco Stanislaw Mucha, docente universitario che vive a Berlino. Un bel film-viaggio lungo le rive del Mar Nero attraverso gli stati che vi si affacciano, fra paesaggi, storia antica e recente, persone, musica, Ovidio e le guerre etniche del Caucaso. Nient’affatto scontato e neppure turistico. Io lo consiglio...

Nei giorni del festival sono stati proiettati anche film fuori concorso. Nel settore Forum è stato presentato, accompagnato da una mostra, il film “Quando il Garda era un mare”, che racconta con fotografie, spezzoni di film e interviste, la storia degli “studios” galleggianti a Peschiera, dove furono girati decine di film sui corsari e in costume fra il 1959 e il ‘66, quando una tempesta spazzò via il set marino. Le navi erano fornite da Walter Bertolazzi, per dieci anni anche gestore del cinema Corso di Bolzano.

Nella sezione Local Artists, grande affluenza di pubblico ha avuto il film “Der letzte Patriarch” (L’ultimo patriarca) del berlinese nato a San Candido Georg Tschurtschenthaler e di Jan Zabeil. È la storia degli ultimi cinque anni della presidenza Durnwalder, esaminata sotto la lente di Machiavelli. Il dibattito è stato appassionato fra chi l’ha considerato troppo poco critico e chi pensa che i sudtirolesi vi siano rappresentati in cattiva luce. Inquietante invece, soprattutto per il rischio che venga proiettato nelle scuole, “Rattenlinie” di Karin Duregger. Vi si narra la fuga attraverso il Sudtirolo dei grandi criminali nazisti, che vennero qui protetti e aiutati in ogni modo, e che in alcuni casi lasciarono le loro famiglie, ben accolte dalla popolazione locale. La regista affronta la questione in modo acritico. Un anziano prelato ripete più volte nel corso del documentario che la Chiesa locale doveva aiutare i criminali in fuga, perché si trattava di “Menschen in Not”, persone bisognose di aiuto. Il film viene presentato come basato su recenti studi storici, ma lo spirito che lo informa è ben diverso: nulla vi si dice infatti di cosa avessero fatto i vari Mengele, Eichmann e Bormann per essere ricercati dalla polizia degli Alleati, che sembra li perseguiti. Realizzato per l’ORF, la radiotelevisione pubblica austriaca e finanziato da BLS (Provincia di Bolzano), il film è infarcito di immagini dall’elicottero di paesaggi che non c’entrano niente, ma soprattutto dà un cattivo messaggio. È sconcertante che l’ORF, con la sua tradizione di splendidi documentari storici, mandi in onda una cosa simile. Il dibattito seguito alla proiezione ha visto numerosi presenti criticare duramente la mancanza di contrapposizione alle affermazioni degli intervistati, fra cui la nipote di Bormann.

Countdown” è un corto di Rolf Mandolesi che senza parole racconta il taglio di una sequoia dal diametro di 9 metri e vecchia di 110 anni da parte del proprietario di una casa a Merano, senatore SVP, che riesce ad ottenere il permesso impegnandosi a piantare al suo posto un altro albero. La gente guarda malinconica e rassegnata, nel fragore della sega che uccide la bellissima pianta. L’ultima immagine è la pavimentazione a cubetti del giardino là dove l’albero si ergeva.

Infine “Tiroler im Urwald” (Tirolesi nella giungla), di Luis Walter, racconta come vivono i tirolesi e i trentini in Brasile giunti alla quinta o sesta generazione (“Molto meglio i trentini” - mi ha detto Arnold Tribus che l’ha visto).

Ha chiuso la rassegna la proiezione di “Elser- Er hätte die Welt verändert” (Elser- Avrebbe cambiato il mondo), di Oliver Hirschbiegel, già presentato fuori concorso alla Berlinale in febbraio, sulla vicenda di Georg Elser, un personaggio riscoperto solo recentemente dalla storia germanica. Costui organizzò da solo un attentato alla vita di Hitler, ma il meccanismo orario della bomba da lui costruita e messa nella birreria di Monaco dove il Führer teneva un discorso, sbagliò di 13 minuti (“13 Minutes” è il titolo internazionale del film) e l’attentatore fu preso. Il film rappresenta un giovane pieno di vita, cui piace suonare, ballare, amare e vivere, che però sente l’imperativo morale di fare qualcosa di fronte alla dittatura e alla guerra. Un film emozionante su una bella figura di uomo e cittadino coraggioso.

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