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QT n. 1, gennaio 2016 L’editoriale

Il declino

Più volte siamo tornati sul sostanziale declino della nostra Provincia. I lunghi anni di Dellai, oggi celebrati come un periodo felice in cui una politica riformista garantiva lo sviluppo del Trentino, sono alla radice dell’attuale palude. Ugo Rossi sta governando nel solco di Dellai, continuando quell’approccio, alla lunga fallimentare, costituito da ricette vecchie e intriso di quel clientelismo che si concretizza in un “vogliamoci bene” di facciata ma, in sostanza, nelle cordate degli “amici degli amici”. Il mondo cambia, il Trentino no. Resta immobile. Quindi declina. Ormai non possiamo più tentare di competere con i nostri cugini sudtirolesi. Il Trentino è ancora in cima alle classifiche della vivibilità: un dato confortante ma che deriva da un’antica efficienza, non certo dall’attuale stagione. Assomigliamo sempre di più alle nostre regioni limitrofe, con in più un ente pubblico ipertrofico che controlla tutto con un eccesso di burocrazia.

Le ultime vicende della sanità dimostrano in maniera lampante il pressappochismo in cui siamo impantanati. Inutile ripercorrere i cambi di strategia, le scelte ondivaghe, i proclami contraddittori, i ritardi: tutto ciò ha finito per creare confusione, incertezza, inefficienza. E quindi deterioramento della qualità di un servizio essenziale come la salute.

L’assenza della politica è totale. Le fusioni tra comuni sono alle prese con problemi finanziari e organizzativi, le comunità di valle evanescenti, i sindaci pronti a protestare sulla chiusura dei “punti nascita”, in genere vuoti di contenuti, oppure già in crisi dopo 6 mesi come per il sindaco di Trento Andreatta. Esiste la Giunta provinciale, una sorta di Comitato permanente del politburo cinese composto da 8 “immortali”, che praticamente decide tutto in completa autonomia. Il Consiglio provinciale, nullificato da anni, è un’assemblea utile forse ai consiglieri per togliersi qualche sassolino dalle scarpe, ma è ininfluente su qualsiasi decisione che conta. La Giunta tuttavia non ha una strategia. A sua volta è incartata e soggetta a mille pressioni. Autonoma nelle scelte, ma priva di bussola è una “nave senza nocchiero in gran tempesta”. In nessun settore esiste una linea chiara se non quella di far quadrare i bilanci. “Ugo può fare solo il ragioniere”, così un suo autorevole compagno di partito. Ovviamente in questo modo il Trentino declina.

I partiti non esistono. Per il PD basterebbe uno spazio bianco. Oppure nero, fate voi. Comunque un colore uniforme che cancella tutto. Gli esponenti democratici che, in teoria, sembrano divisi su tutto, in realtà sono uniti nella difesa del proprio particolare. La riunione della corrente di Borgonovo Re, Civico e Nicoletti (gli ex kessleriani) promette una ventata di idee; per ora è il solito refolo che non segna la primavera. Idem per i proclami a mezzo stampa del “saggio” Olivi, pronto a dispensare discorsi in politichese che finiscono con una foto sul giornale. Poi nulla.

L’istantanea di questa stagione ce la dà però il congresso dell’UPT col surreale scontro tra Dellai e Mellarini. L’ex presidente, che da quando è a Roma le sbaglia tutte, tenta un’improbabile replica di anni ormai passati. E perde ancora. Mellarini, riuscito nel miracolo di far lievitare il numero delle tessere (passate in poche settimane da 300 a 2800), vincerà il congresso ma si troverà segretario assessore di un partito dalla confusa linea politica. Aprire al centro per imbarcare gli ex grisentiani e i “civici”? Il futuro è rappresentato da Salvatore Panetta (già fondatore della Margherita, consigliere provinciale, assessore al comune di Trento, re della comunità dei calabresi sempre pronti a portargli voti e tessere)? In realtà tutti sanno che Dellai, Mellarini, Olivi, Gilmozzi hanno come obiettivo Roma, chi per andarci chi per rimanerci. Qui sono arrivati al capolinea, ma dietro di loro non c’è nessuno.

Anche il PATT, che sembra in salute, è diviso: sta in piedi solo perché è nella stanza dei bottoni. Idee non se ne vedono, mentre le antiche usanze autonomiste (clientele, arretratezza culturale, richiami pantirolesi d’antan) si perpetuano come se nulla fosse.

Il Movimento 5 stelle, già di per sé fragile, qui da noi può fare solo opposizione senza, almeno per ora, essere credibile alternativa di governo. Così il centro-destra, le cui tendenze cattolico-tradizionaliste o leghiste sembrano avulse dal tessuto sociale, prima che politico, resta inconcludente oppositore.

I cittadini del Trentino, a cui i discorsi allarmati sulla crisi della coalizione di governo non interessano, vanno avanti lo stesso, nonostante una classe dirigente ormai palesemente inadeguata.

Aspettare una rivoluzione che non verrà? Potremo continuare così ancora per alcuni anni, ma forse un giorno rimpiangeremo di non essere riusciti a farci rappresentare da persone più capaci, lungimiranti e attenti al bene comune..