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QT n. 12, dicembre 2016 Trentagiorni

Un democristiano atipico

Non posso dire di aver conosciuto Giorgio Grigolli nella sua concreta attività politica. Quando sono entrato in contatto con lui era già “fuori”, già in pensione. Ritornato giornalista, acuto osservatore della realtà. Faceva politica in un altro modo, intervenendo nel dibattito pubblico trentino con prese di posizione spesso controcorrente.

Giorgio Grigolli

Non te lo saresti aspettato da un doroteo cresciuto all’ombra di Flaminio Piccoli, un esponente di quella DC di potere, spesso galleggiante su un Trentino perennemente immobile.

E invece con la fine della prima repubblica Grigolli, già avanti con l’età, si impose come un ex democristiano atipico senza quella nostalgica malinconia del bel tempo che fu. Anti-berlusconiano della prima ora, non fu neppure troppo influenzato da quel moralismo e quel senso di superiorità dei cattolici democratici impegnati in politica e che trovavano in Romano Prodi il proprio leader.

Grigolli, sicuramente di centro sinistra, fu critico attento e discreto anche all’imporsi di Lorenzo Dellai qui in Provincia. Lui era già “oltre”, aveva già altri interessi.

Quello che colpiva del “vecchio” Grigolli era la sua giovanile voglia di aggiornarsi, di stare al passo con i tempi. Soprattutto in ambito ecclesiale. Non capiva i “valori non negoziabili”, era aperturista o al limite problematico sulla fecondazione assistita, sul testamento biologico e addirittura sul riconoscimento delle coppie omossessuali, quando più forte era il tentativo restauratore della Chiesa italiana guidata da Ruini. Ma Grigolli seguiva la sua impostazione, quella di un degasperiano capace di perseguire con coerenza la laicità della cultura e della politica, anche cattolica. Tranquillo con la propria coscienza.

La sua scrittura giornalistica, spezzata, paratattica, a volte quasi oscura, non mancava certo di originalità. Sempre senza rancore, senza desiderio di rivalsa. Un esempio per i giovani. Un esempio per me: ricordo le sue telefonate di solito per incoraggiarmi a scrivere sui giornali oppure per dirmi che aveva condiviso quanto scritto da me. Non importava che mi avesse letto su Vita Trentina o su Questotrentino, perché non badava a ritriti schemi, non era fermo alla contrapposizione laici e cattolici. Badava al contenuto, al modo di argomentare. Non voleva dare lezioni, esprimere investiture o eredità. Era lui stesso, punto e basta. Proprio per questo spero che resti a lungo un punto di riferimento per la nostra comunità, foss’anche solo per misurare la distanza che corre tra figure come la sua e i personaggi che oggi animano l’agone politico.

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