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Contro l’indifferenza

Walter Ferrari

Le immagini che in questi giorni giungono dai Balcani ripropongono prepotentemente alla nostra coscienza molti interrogativi, ai quali spesso per pigrizia o indifferenza ci sottraiamo girando lo sguardo altrove. Penso però sia doveroso per ogni persona civile non sottrarsi agli interrogativi, spesso taglienti, lanciati dagli sguardi di altre persone costrette ad abbandonare la propria terra per cercare rifugio altrove. Spesso si sente cavillare sulla distinzione tra profughi di guerra e migranti economici, ma poco importa se queste persone stiano fuggendo dalla guerra o dalla miseria, siamo di fronte a un esodo di massa che trova ragione solo nell’impossibilità di condurre la propria esistenza in maniera dignitosa nel Paese in cui si è nati e spesso vissuti per anni.

Cerchiamo dunque di trovare quel minimo di compassione che ci consenta di vedere nell’altro la nostra immagine, riflessa nello specchio di una condizione che potrebbe essere la nostra. Chiediamoci innanzitutto cosa ci aspetteremmo dai nostri “opulenti” vicini se fossimo costretti a chiedere loro un rifugio. La domanda sferzante che i profughi, ammassati al freddo e sotto la neve a Belgrado, imprigionati o respinti dal muro ungherese e dalla polizia croata o costretti a rischiare la vita sui gommoni per attraversare il Mediterraneo, pongono alle nostre coscienze è: dov’è la vostra umanità e come si esprime ?

Chiediamoci anche quanto potrà reggere un’Europa trasformata in fortezza, accerchiata da un’umanità in fuga da guerre, da Paesi depredati economicamente e da cambiamenti climatici le cui responsabilità sono anche europee.

Tanto più che all’interno dell’Europa stessa vi sono milioni di esclusi, basti pensare che sono alcune decine di milioni i disoccupati UE. Milioni di disoccupati e sotto-occupati che costituiranno per le élite europee la forza d’urto, resa docile dall’opera dei vari Salvini o Le Pen, disponibile ad essere gettata nell’arena per difendere una fortezza che non è certo la loro. Una fortezza in cui, sulle ceneri della civiltà, si sta preparando il dominio della barbarie.

Fortunatamente in mezzo a tanta indifferenza si vedono ancora esempi piccoli e grandi, ma pur sempre di immenso valore, i quali sussurrano messaggi che vanno in tutt’altra direzione.

Mi auguro che molti trovino il coraggio di seguirli, se non altro per poter ancora sostenere lo sguardo di quei ragazzi afghani in fila nel freddo balcanico che troppo assomigliano ai ragazzi italiani che i fascisti nostrani mandarono in Russia a morire.

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