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QT n. 3, marzo 2022 Trentagiorni

La solidarietà non deve impedire di ragionare

L'invasione dell'Ucraina: mettiamoci l'elmetto, ma sotto teniamo il cervello acceso

Mentre seguiamo con apprensione, solidarietà, e con rabbia, gli sviluppi dell'invasione russa dell'Ucraina, non possiamo al contempo ignorare alcuni brutti segnali che tendono a consegnarci ad una logica di guerra, dove la razionalità è sacrificata in nome della compattezza di fronte al nemico. Basti l'esempio del corrispondente da Mosca della RAI, Marc Innaro, che per aver citato l'espansione della NATO a est come causa (non giustificazione) di quanto sta accadendo, è stato pesantemente attaccato. Su questi temi riportiamo qui sotto, quasi per intero, il commento di Michele Serra comparso martedì scorso su Repubblica, che condividiamo pienamente.


“La guerra è orribile anche perché è il trionfo della semplificazione. Costringe a schierarsi (in questo caso lo si fa volentieri: con l'Ucraina), ma tende a costringere ogni discorso, ogni sentimento, in un rude sistema binario: o con noi o contro di noi.

Questa rudezza calza benissimo alle dittature, che di semplificazione vivono e di dialettica morirebbero. (...) Ma non si addice alle democrazie, che di dialettica vivono. Per questo la guerra delle democrazie è difficile. Perché sotto l'elmetto è previsto un cervello in attività.

Dobbiamo dunque temere l'insorgere di una logica di guerra anche nel dibattito che ci riguarda, noi che siamo dalla parte giusta. Si sentono toni e giudizi animosi, per esempio, nei confronti di chi ha dubbi sull'estensione della NATO a est; o ritiene che il Pentagono non sia, per diritto naturale, la Sede dei Giusti. In una guerra come questa ci deve essere uniformità di condotta e di schieramento, non uniformità di pensiero: non appartiene al nostro campo. Il nostro campo, se è vero che difendiamo la democrazia, ci costringe alla tolleranza, all'ascolto, al dibattito, anche al litigio. (...) Ma ci sconsiglia fortemente un atteggiamento da propaganda bellica, che rischia di classificare tra i cacasotto, se non tra gli amici di Putin, chiunque voglia continuare a discutere le responsabilità e i doveri impliciti nel definirsi “campo democratico”. Il “campo democratico” ha l'onore e l'onere di non diventare, in guerra, intollerante e ottuso. Il problema della democrazia è che è costretta ad essere democratica. Ha scelto la via più difficile. Ma non ne conosce un'altra”.