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QT n. 3, marzo 2022 Cover story

Perfido: l’udienza

Le strategie processuali, le argomentazioni, i tentativi dilatori

Chi legge queste note le troverà un po’ tardive. Sono infatti riferite all’udienza del 18 febbraio, mentre quando il giornale sarà in edicola si sarà tenuta l’udienza successiva, del 2 marzo.

Anche per questo riportiamo solo le linee generali del dibattimento, cercando di individuare le strategie dell’accusa e delle difese.

Queste prime udienze sono dedicate alle eccezioni procedurali: non si entra cioè nel merito dei fatti, si vede se il percorso che ha portato al processo è legittimo.

Nei processi ci sono due tipologie di avvocati: quelli che presentano eccezioni a raffica, anche totalmente infondate, puntando sulla quantità, e lasciando al giudice il compito di scremare e magari confidando nel giudice sovrappensiero; ci sono poi gli avvocati che cercano di essere precisi e propongono al giudice solo argomentazioni fondate o comunque non infondate.

Nell’aula di Perfido si sono sovrapposte queste due scuole di pensiero, intrecciandosi con le modalità di difesa degli avvocati calabresi e romani, esperti in processi di mafia (non sappiamo se su questa dizione si scatenerà l’ira dell’avv. Fedrizzi, vedi alle pagine precedenti) e degli avvocati locali, meno adusi a questi processi. Abbiamo visto che i difensori calabresi si sono dimostrati particolarmente agguerriti nel presentare montagne di eccezioni, mentre i trentini sono sostanzialmente a rimorchio: si associano alle eccezioni dei calabresi, a dire il vero anche alle più strampalate.

In effetti le argomentazioni pretestuose fioccano: sembra che l’intento sia non tanto avere ragione, ma ritardare il più possibile il processo (strategia peraltro perfettamente legittima).

Nello scorso numero abbiamo parlato del tentativo, operato dalla dott.ssa Araniti che difende Macheda, e subito seguita da tutti gli altri, di spostare il processo da Trento a Reggio Calabria, adducendo una sentenza della Cassazione che in realtà stabilisce proprio il contrario: lì c’era un sodalizio con base, direzione, operatività in Calabria e un distaccamento nel Nord Italia; e pertanto il processo si tenne a Reggio; noi invece abbiamo un sodalizio con testa, gambe e braccia in Trentino con collegamenti con la Calabria. E quindi è logico che il processo si svolga a Trento, e così difatti ha stabilito la Corte.

Altro tentativo dilatorio è la presunta incapacità di Innocenzio Macheda di esercitare il proprio diritto alla difesa per danneggiamento della capacità di memoria: questo asserisce la sua legale, ma non la perizia psicofisica fatta eseguire dal GIP e quella successiva richiesta dalla Corte, per cui Macheda viene dichiarato abile e arruolato. Non parliamo poi dei tentativi di rinvio attuati con gli imputati che a turno si ammalano di Covid: il giudice stralcia la loro posizione e va avanti con gli imputati sani, all’udienza successiva fa rientrare gli ex covidosi, ormai guariti, nel fascicolo principale. Sembra che non si ammali più nessuno.

Lo scontro più articolato avviene sull’ammissibilità delle intercettazioni, che in effetti sono il cuore dell’operazione Perfido, e se si tolgono quelle, la difesa andrebbe a nozze.

L’avv. Migliucci, difensore di Federico Cipolloni, pone una questione procedurale che porterebbe alla nullità del primo decreto d’intercettazione, e di conseguenza anche di quelli successivi. In sostanza il punto è che, per tutelare il cittadino da attività inquisitorie troppo pervasive, per legge la Procura non può mettersi a intercettare chiunque: devono sussistere gravi indizi di reato. E, asserisce Migliucci, all’epoca della prima intercettazione, nel marzo del 2017, Giuseppe Battaglia era incensurato, senza precedenti penali; quale poteva essere il sospetto degli investigatori? Forse perchè era stata coinvolto (nel 1999) in una precedente acquisizione, definita sospetta e anomala, della cava Camparta? O forse perchè nel 2009 avrebbe acquisito il 20% delle quote della società Marmirolo fallita nel 2004, in società con tal Antonio Muto (qui la voce dell’avvocato si increspa in un sorriso minimizzante, come se Muto fosse un passante, e non un ‘ndranghetista di prima grandezza) poi condannato per bancarotta, mentre Battaglia ne è uscito illibato? Quindi, conclude l’avvocato, nel 2017 i ROS non erano a conoscenza di condotte configurabili come delittuose, non c’era alcun sospetto di una struttura organizzata tesa alla commissione di reati; e quindi non si doveva intercettare.

Si rassicuri, l’avvocato Migliucci, i sospetti su Battaglia invece c’erano e così evidenti che anche un piccolo giornale come QT, con le sue modeste forze investigative, era arrivato a una serie di servizi dal titolo “Infiltrazioni mafiose in Trentino” che prendeva spunto dal pestaggio dell’operaio cinese Hu Xupai (del 2014, tre anni prima dell’inizio delle intercettazioni) e analizzava le modalità estremamente sospette dell’acquisto della Camparta. Se noi avevamo tali corposi indizi, non li poteva avere anche la Procura? (Se proprio non li aveva, bastava che leggesse QT). E così sulla Marmirolo, e sul socio di Battaglia Antonio Muto, già pesantemente condannato (vedi il nostro servizio “L’affare Marmirolo: gli ‘ndranghetisti e il Trentino”).

Più interessante probabilmente l’eccezione sull’accesso alle intercettazioni. Vari legali contestano che sia stata svolta ulteriore attività investigativa dopo il rinvio a giudizio (ma la Corte ricorda che nulla lo vieta, se sussistono gravi indizi di colpevolezza) e che una seconda tranche di intercettazioni sia stata resa accessibile alla difesa solo nel gennaio 2022, rendendone arduo se non impossibile un ascolto ragionato, anche perché le difese hanno diritto ad effettuare una loro traduzione dal calabrese stretto utilizzato dagli indagati. Su questo punto si vedranno le decisioni della Corte.

Poi c’è stato il capitolo Parti Civili. Buoni ultimi si sono svegliati anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’Interno, che hanno presentato costituzione di Parte Civile tramite l’avvocato Gabriele Finelli dell’Avvocatura dello Stato. Bene quindi? Anche il governo riconosce l’importanza dei processi di mafia, cosa che peraltro dovrebbe essere pacifica, anzi minimale?

Bene un bel niente, la costituzione, a processo iniziato, è tardiva, come tale la hanno denunciata le difese, e così ha riconosciuto la Corte. Forse a Roma sono distratti, o sciatti (c’è sempre la scusa del Covid...). O forse peggio: sono mesi infatti che il grillino on. Fraccaro, eletto in Trentino, già ministro con il governo Conte, sollecitava la costituzione di parte civile da parte del governo attuale. Ora, non diciamo certo che Draghi sia complice della ‘ndrangheta, ma che a Roma al di là dei discorsi ci sia una colpevole sottovalutazione del fenomeno mafioso, questo purtroppo ci tocca riconoscerlo.

Infine le liste testimoniali. Ogni parte in causa presenta una sua lista di testimoni, sulla cui ammissibilità discutono le altre parti e su cui decide la Corte. E qui abbiamo rivisto la particolare ostilità delle difese nei confronti degli operai parte offesa e soprattutto nei confronti di QT, quasi che fossimo noi, e non i PM, l’avversario principale.

Quasi tutti i difensori si sono opposti, uno dopo l’altro, all’ammissione della nostra lista testi, invocandone la tardiva presentazione, nonostante la nostra difesa (avv. Marsili) avesse sottolineato la correttezza della procedura seguita. L’avv. Stolfi ha più sottilmente motivato l’opposizione, sottolineando come noi saremmo “parte eventualmente danneggiata, non offesa” e quindi nel processo le normative ci lascerebbero minori spazi d’azione. Deciderà la Corte.

Opposizione è stata presentata anche alla nostra richiesta di far deporre l’attuale Presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, da sentire come “testimone qualificato”. Così obiettavano i difensori :“Morra viene sentito come consulente tecnico - e tecnico non è - oppure come testimone - e non è testimone dei fatti in esame?”

In realtà sembra si voglia dare meno risalto possibile al processo, e la presenza di Morra viene osteggiata in quanto verrebbe subito seguita dai media nazionali.

Infine qualcuno se ne è uscito con una contestazione surreale. Era l’avv. Meregalli, difensore di Demetrio Costantino, che si è messo a contestare la testimonianza di Vigilio Valentini da noi richiesta “sul tentativo dei Carabinieri di Albiano di interrompere un dibattito pubblico organizzato da QT sull’inchiesta Perfido”. “Ma è mai possibile, vorrebbe dire – ha sbottato l’avvocato con sorrisetto tra l’indignato e il derisorio – che i Carabinieri siano collusi! Ma questa è calunnia!”. Noi non sappiamo se i CC siano collusi, però ci sentiamo di ricordare all’avvocato che purtroppo ci sono stati molteplici casi di servitori dello Stato collusi con i mafiosi, e che, come dalle carte processuali, i carabinieri di Albiano, pur innocenti fino a prova contraria, sono indagati proprio per associazione mafiosa..