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QT n. 7, 4 aprile 1998 Cover story

Il tramonto dei culi di pietra

Colpo di mano o fine di un'epoca? L'inaspettata rivolta dei negozianti e il crollo del vertice dell'Unione Commercio. La liberalizzazione europea, la società trentina e i suoi giurassici rappresentanti. E anche negli altri palazzi le poltrone scricchiolano...

Un golpe... un colpo di mano: questi i primi commenti, talora acidi, più spesso increduli, alla notizia dell'inaspettato tonfo di Giuseppe Bertoldi, presidentissimo dell'Unione Commercio e Turismo e incredibilmente trombato alle elezioni interne alla propria categoria, i negozianti al dettaglio.

Una caduta clamorosa, che ha messo in subbuglio il piccolo ceto dei culi di pietra: gli inamovibili burocrati incollati alle poltrone degli enti parapubblici trentini, abituati a giocarsi al proprio interno presidenze e consigli di amministrazione (io eleggo te, tu nomini lui, lui elegge me e così via). Un giro di persone autoreferenti, abbarbicate a posti di potere e accomunate da un'unica finalità: tenere le posizioni; cosa peraltro semplice, perché non devono rendere conto a nessuno, gli obiettivi sono vaghi, la concorrenza inesistente, i meccanismi elettorali sotto controllo.

E invece è accaduto l'impensabile: il cittadino/commerciante si è ribellato, ed ha trombato il potente Bertoldi. Il quale ci ha messo del suo, così sicuro dei propri consensi, non aveva attivato nessuna delle tante soluzioni di recupero che consentono a un uomo d'apparato di restare sempre a galla ed ha così reso inevitabile la propria sconfitta.

E' solo un incidente? All'Unione si avrà un mero avvicendamento tra uomini d'apparato? Oppure è il sistema in discussione, negli anni dell'Europa e della concorrenzialità sono i culi di pietra ad aver fatto il loro tempo, dinosauri in via di estinzione?

Partiamo dall'Unione Commercio e Turismo, che attraverso gli anni ha radicato una presenza vasta e articolata. Fatta non solo delle migliaia di iscritti, ma anche dei servizi forniti, e delle società fornitrici; fra di esse spicca la Seac, da tempo affermatasi a livello nazionale, che attraverso varie diramazioni produce software, vende hardware, tiene corsi sulla gestione delle aziende, contabilità, ecc. Ed è stato proprio il successo a creare problemi: l'esistenza di ricche società collegate ha reso l'Unione un'associazione peculiare, le sue posizioni di vertice molto ben retribuite e quindi particolarmente ambite: il negoziante che si installa al vertice dell'Unione non è solo alla guida della propria categoria, fa un salto di qualità sociale, lui e il suo conto in banca. E così nel corso degli anni si è venuta a creare una stretta cerchia di dirigenti, sempre più staccati dall'attività originaria, e sempre più tesi a conservarsi il nuovo ricco posto. Ed ecco quindi i nomi di Bertoldi, Ferrano, Buratti, Gardumi e Bort, ricorrere negli anni alla testa di tutte queste società, e parallelamente (tranne Bort nell'ultimo scorcio) avere un'attività propria sempre più evanescente.

L'appetito vien poi mangiando e la nomenklatura dell'Unione si collega con gli inamovibili burocrati di altri enti, Camera di Commercio in testa: si salda così il giro dei culi di pietra, al perenne assalto di tutte le poltrone (Cassa di Risparmio, Interporto ecc). Ma l'estensione dell'influenza va di pari passo con la perdita di contatto con le esigenze della base: le recenti aspre battaglie sulla Fondazione Caritro (per avere più poltrone nella Cassa di Risparmio) o le dichiarazioni di fuoco pro-PiRuBi, fanno parte di giochi di potere che hanno una logica autonoma, e nulla hanno da spartire con gli interessi dei commercianti.

E questo è il punto: mentre i vertici si perdono in giochi tutti loro, la categoria attraversa un periodo di sbandamento. I problemi sono noti: l'inadeguatezza della struttura commerciale, la tensione tra grande e piccola distribuzione, la concorrenza di vicine aree geografiche, l'ingresso anche a Trento di catene distributive nazionali ed europee. In tre parole: l'arrivo della concorrenzialità, della liberalizzazione, dell'Europa.

Non è che Bertoldi non se ne accorga (ed anzi, due anni fa una proposta dell'Unione di aggiornamento delle leggi provinciali poteva essere anticipatrice); ma non è questo il fronte su cui si impegna, e quando lo fa, sbaglia tutto. Anche qui anteponendo al merito dei problemi, le proprie alleanze: alleanze politiche (il centro-destra, verso cui è confluito tutto il gruppo dei culi di pietra, già democristiani) e alleanze di categoria (la linea Bilie della Confcommercio nazionale, di cui Bertoldi è vicepresidente). E così arriviamo all'assurdo della recentissima manifestazione contro il decreto Bersani (che liberalizza licenze ed orari): con i due - Bilie e Bertoldi - che, all'intervista su L'Adige di un sottosegretario che li accusa di voler mantenere vincoli e scartoffie, dal palco replicano con inusitata violenza verbale, ma con un solo argomento: il sottosegretario taccia perché è un comunista.

Insomma, di fronte al malcontento della categoria, Bertoldi lo attizza, si atteggia a Masaniello, ma alla resa dei conti porta l'Unione all'immobilismo quando non all'impotenza: la riforma della Camera di Commercio si guarda bene dal sostenerla, la riforma Bersani cerca di stopparla a Borghetto. Il mondo ci cambia tutt'intorno e l'Unione impreca contro Prodi, contro i politici, contro la Provincia; e cerca di tenere il Trentino fuori dal cambiamento. Facendogli solo accumulare ritardi.

E così, in una categoria che si sente a rischio, è iniziato a montare il malessere. "Bertoldi ha annunciato la svolta, l'associazione che fa il sindacato, che tutela la categoria - ci dicono dall'interno dell'Unione - Una svolta dichiarata, ma non praticata. Perché per essere efficaci non si possono avere preclusioni politiche, non si può parallelamente portare avanti un lavorio in una precisa area, e magari sparare a zero sull'altra, che poi è quella al governo. Gli associati su questa strada non hanno mai seguito i vertici dell'Unione (che arrivarono a sostenere finanziariamente - con i soldi dell'associazione - chi si candidava nelle liste di centro-destra, con risultati disastrasi: Gianni Bort trombato alle elezioni comunali di Trento n.d.r.). Insomma, Bertoldi ha intuito il malcontento, ha cercato di cavalcarlo, ma non c'è riuscito. E ne è stato travolto."

Le prime avvisaglie si ebbero quest'estate, quando 42 commercianti del centro storico inviarono all'associazione una lettera aperta contro l'ennesima spartizione di cariche alla Seac: "Il nostro voleva essere un chiaro segnale - ci dice Fabio Gecele, uno dei promotori dell'iniziativa - Nel commercio, nel turismo tutto cambia, ma non la struttura dell'Unione, troppo burocratica, né i dirigenti, un blocco di potere immobile da anni, troppo impegnato nelle spartizioni."

Il secondo segnale fu più vistoso: la trombatura da parte degli esercenti di Giorgio Buratti, scialba creatura di Bertoldi, che da anni lo aveva proiettato ai vertici dell'associazione. Buratti si difese con le unghie e i denti, in un'assemblea concitata al punto da richiedere l'intervento dei carabinieri, ma non gli servì l'estrema risorsa di chiudere fisicamente le porte dell'associazione in faccia a un gruppo di oppositori: fu sconfitto da Cavosi, presentatesi all'insegna del rinnovamento.

Infine fu la volta dello stesso Bertoldi, che doveva vincere in souplesse l'assemblea dei dettaglianti del comprensorio di Trento. Contro di lui fu allestita una lista improvvisata ma non troppo, di commercianti del Bren Center e di Via Tre Novembre, un gruppetto di giovani (tra cui Corrado Detassis dell'Elettrocasa e soprattutto Marcelle Carli, del clan Gentilini: già brillante segretario dei giovani De ai tempi di Malossini, vide la propria carriera politica stroncata da Tangentopoli (si dimise quando il padre fu beccato con la tangente nell'impermeabile); ora è direttore del Bren Center e promotore del coordinamento giovani imprenditori sostenuti da Renzo Facchinelli (a capo del Dao-Crai, gruppo di acquisto che collega più di 150 negozi alimentari).

Bene, questo gruppo, in un'affollata assemblea, non solo vince, ma si porta via il banco: prende tutti i posti, e lascia a bocca asciutta Bertoldi e tutta la sua lista.

Un colpo di mano? Difficile "i manovrano 200 persone, specie se si è dei semplici colleghi. Questo è infatti l'altro dato rilevante, la partecipazione; anche in altre assemblee dove non ci sono stati risultati inaspettati, si è avuta un'insolita alta affluenza. Forse è la categoria che si sente in difficoltà, e chiede cambiamenti. "Dopo l'89 e Tangentopoli sono cambiati i partiti, dopo il ciclone Cobas sono cambiati i sindacati, solo le associazioni sono rimaste tali e quali; e inadeguate - ci dice Marcello Carli - Devono innanzitutto cambiare i criteri della rappresentanza, non è accettabile il perpetuarsi di oligarchie interne che fatalmente sono portate ad anteporre a tutto la propria permanenza. Questo attraverso due vincoli: la limitazione del numero dei mandati e la non cumulabilità delle cariche; e attraverso la creazione di meccanismi organizzativi che permettano ai vertici, come accade all'Associazione Industriali, di seguire la propria impresa-bottega, i rappresentanti non devono formare un ceto a parte, non devono sganciarsi dalla propria attività, che poi è l'unica che li legittima."

Come si vede la nouvelle vague dell'Unione sposa in pieno le critiche più radicali all'attuale gruppo dirigente. E nel merito della conduzione dell'Unione?

"E' attualmente un buon ente erogatore di servizi; ma non di tutela sindacale. Come si è visto con il decreto Bersani, che si è voluto osteggiare tanto violentemente quanto improduttivamente, invece di gestirne le modifiche. Insomma l'associazione deve agire come una chiara, trasparente lobby che porta avanti gli interessi di categoria, e in nome di questi stringe alleanze, propone progetti, attua mediazioni. Il che è molto diverso dall'occupare posizioni di potere affinchè il singolo possa riceverne gratificazioni ed emolumenti; o perché possa fare favori spiccioli.

Il discorso vale anche per gli enti che hanno ricadute sul mondo economico. E' giusto che l'Unione vi abbia dei posti, ma deve essere promossa l'eccellenza, il nominato non deve necessariamente essere un commerciante, può essere un consulente, oppure - uso una parola in questi giorni provocatoria - un professore. E anche qui trovando formule perché queste persone non si consolidino in questi posti, non tornino a formare un ceto a sé."

A questo punto il crollo di Bertoldi diventa comprensibile. Un gruppo dirigente separatesi dalla base, inadeguato ai nuovi problemi, travolto non appena si è profilata un'alternativa credibile.

Ora bisognerà vedere se ci sarà cambiamento effettivo, oppure se prevarranno le nascoste risorse degli apparati, e ci si limiterà alla sostituzione di Bertoldi con uno del suo gruppo. Ma i problemi che stanno dietro al malcontento dei commercianti sono problemi veri, da affrontare sul serio; e un esito gattopardesco della battaglia per la presidenza li farebbe solo marcire.

E più in generale, è la modernizzazione del Trentino che pone un problema di rappresentanza. Dopo i fatti dell'Unione, anche i burocrati della Camera di Commercio non si sentono più tanto sicuri.

Forse la stagione dei culi di pietra è proprio finita.