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Arredo urbano? No grazie!

Alcuni sconfortanti esempi dei guasti compiuti a Trento in nome dell'arredo urbano.

Nel dicembre 1997 Italia Nostra organizzava un incontro sulla tutela dei beni monumentali, corredato da una documentazione fotografica che illustrava i guasti arrecati ai monumenti da interventi negativi come strade, linee elettriche e soprattutto dagli interventi di cosiddetto "arredo urbano", una moda nefasta diffusa nel Trentino a partire dagli ultimi anni e che è responsabile dello stravolgimento di antichi ambienti, al punto che uno dei relatori del convegno, un architetto, proponeva a gran voce che arredi urbani non se ne facessero proprio più. Nel cosiddetto arredo urbano infatti troppo spesso si attuano soluzioni disarmoniche - e tuttavia costose - con l’impiego di materiali e di tipologie estranee, il ricorso a incongrui prodotti prefabbricati e la sostituzione di aree verdi e piante monumentali con superfici artificiose in pietra e cemento.

Responsabile di tutto ciò è la mancanza di vincoli sugli spazi di pertinenza dei beni monumentali, la carenza di coordinamento tra i servizi provinciali preposti alla tutela dei beni monumentali ed al paesaggio e tra essi e le istituzioni comunali, la carenza culturale diffusa, una facile disponibilità finanziaria e la tendenza ad emulare le mode del momento. Tendenza che non accenna a fermarsi e della quale è un esempio Trento, dove il cosiddetto arredo urbano continua ad introdurre elementi impattanti nel tessuto urbano.

In questo modo è stata snaturata piazza Fiera, con l’innalzamento di oltre un me-tro del piano di calpestio e la conseguente alterazione dei rapporti spaziali, con l’introduzione di elementi estranei (quali le torrette degli ingressi al parcheggio sotterraneo e il goffo tentativo di mascherarle) e con l’isolamento delle antiche mura, ormai inavvicinabili a causa della corsia per gli autobus (nessuno ha pensato al danno provocato dagli scarichi alle pietre delle mura?) e delle grate di sfiato del sottostante parcheggio.

Nella pavimentazione delle vie del "giro al Sas" sono stati introdotti elementi cromatici di grande disturbo, con bande oblique in pietra rosa che cozzano contro i palazzi e hanno l’effetto ottico di accorciare le vie stesse, altri corsi di pietre - come in largo Carducci- non si raccordano fra di loro mentre l’ossessiva disposizione concentrica ha trasformato piazza Pasi in un tiro a segno.

Ma, a parte i grossi interventi - accanto ai quali si pone anche la recentissima alterazione dello spazio di fianco alla chiesa di sant’Apollinare (vedi QT del 10.10.98)- è una pletora diffusa di piccoli interventi che, sommati gli uni agli altri, rischia di intaccare la bellezza del centro storico. Trasformazioni di edifici che sovvertono i rapporti spaziali, come la ex filanda Tambosi in via Santa Croce che nella nuova veste architettonica si presenta sopraelevata e coloratissima deprimendo ancor più i "Tre Portoni", l’antico accesso al palazzo delle Albere, oppure la ristrutturazione dell’abitazione in via Torre d’Augusto, che con la sopraelevazione e la colorazione rosa costituisce un elemento dissonante nei confronti del vicinissimo castello.

Ma, a parte la concessione disinvolta di permessi di ristrutturazione, sono le iniziative comunali a suscitare perplessità. Gli impianti di illuminazione innanzitutto, lampioni seriali che omologano tutte le strade, dai lungadige, a Piedicastello, alla zona antistante la stazione, a via Verdi, dove lampioni appropriati avrebbero potuto esaltare il carattere monumentale della via, destinata a diventare uno degli assi di penetrazione nel centro storico e caratterizzata da edifici di rappresentanza tardo ottocenteschi. Eppure Bolner e Lupo, nella pubblicazione del 1979 "L’arredo urbano: proposte di un metodo di studio per la lettura ed il rinnovo dell’immagine della città", avevano indicato la strada, laddove scrivevano: "Un progetto di illuminazione... è la ricerca della figurabilità di un ambiente, è la possibilità di creare scenografie, di far emergere con tocchi sapienti questo o quell’oggetto..., di studiare, proporre o riproporre temi del design di apparecchi illuminanti in relazione alla loro funzione e al tipo di effetto che si intende realizzare"

Anche i lavori sulle strade non tengono conto delle caratteristiche storico ambientali dello spazio urbano: abbattimento di muri di cinta (il progetto, poi rientrato in seguito alle contestazioni, di demolizione in via delle Tabarelle, la risistemazione della piazza di Meano e di quella di Villamontagna), posizionamento di guard rail mastodontici oppure di banali transenne in metallo zincato, senza mai pensare di ricorrere al legno, come fanno i nostri vicini tirolesi, o a una dignitosa verniciatura. Il verde poi, con la realizzazione di aiole improbabili come quella in largo Porta nuova, che non dialoga per nulla con l’architettura razionalistica dell’ex casa del Fascio, opera del 1938 di G. Lorenzi, l’architetto del Grand Hotel Trento, oppure quella che con una serie di sezioni di tronchi accatastati tende a schermare l’entrata delle automobili nel parcheggio sotterraneo di piazza Fiera. Interventi rari, per fortuna, e dovere vuole invece che si spezzi una lancia in favore dell’assessorato al verde che in pochi anni ha creato spazi verdi dovunque in città e fuori.

E infine una realizzazione imminente che ridurrà una delle più belle vie del centro a un banale centro commerciale: l’installazione di vetrine commerciali sotto i portici di via Suffragio. A sottolineare l’importanza della via nell’urbanistica del centro è forse utile riportarne la descrizione di R. Bocchi - fra l’altro consulente per il Piano del Centro Storico, adottato dal Comune di Trento nel 1985- nel libro "Trento. Interpretazione della città": "E’ questa forse la più singolare delle formazioni urbane di Trento, interamente bordata sul lato occidentale da portici a larghe arcate ribassate che conducono verso quello che un tempo era l’approdo fluviale. Certamente è lo scorcio più pittoresco della città e il più vicino alla tradizione urbana dell’area gotica". E ancora: "Questa schiera è fra le più integralmente conservate della città".

I portici di via Suffragio sono stati recentemente restaurati, con la pulitura degli elementi lapidei e la posa di una nuova pavimentazione nonché di un nuovo impianto di illuminazione (non del tutto convincente quest’ultimo). L’operazione è frutto di una collaborazione tra il Comune, che ha redatto il progetto, ha curato la pavimentazione e l’impianto di illuminazione, e il privato, cioè i commercianti della via, che hanno curato il rifacimento degli intonaci e il consolidamento delle murature. Il progetto è stato redatto dall’architetto Claudio Pisetta dell’Ufficio progettazione e direzione lavori del Comune di Trento. Se l’operazione di restauro è stata condotta con sufficiente rispetto, l’imminente realizzazione di una serie di vetrine espositive, posizionate sotto gli archi, stravolgerà l’aspetto armonioso della via porticata introducendo un elemento estraneo e impattante realizzato in uno stile consono più a un centro commerciale che a un’architettura storica, come sostengono anche i negozianti della via.

Nell’illustrare il progetto alla stampa (vedi L’Adige del 28 gennaio ‘98), l’architetto ha affermato che gli era sembrato giusto ricreare l’atmosfera tipica delle città altoatesine, ma ricreare l’atmosfera altoatesina è del tutto fuori luogo per Trento dove i modelli artistici sono assai differenti da quelli in uso nelle centri urbani dell’Alto Adige. In pratica un rifacimento di via Suffragio sul modello dei portici di Bolzano, Bressanone e Merano significa travisare le caratteristiche storico artistiche della via. In via Suffragio i portici, ad arco ribassato, sono ampi e alti per permettere il ricovero di cavalli e carriaggi dei viaggiatori che sostavano nelle osterie e locande della contrada, non erano quindi destinati all’esposizione di prodotti commerciali. Introdurre sotto le arcate elementi difformi come le vetrinette commerciali significa dunque alterare gli spazi che definiscono i portici e travisare l’urbanistica storica della via. L’installazione delle vetrine è stata ben poco discussa, qualche riunione con i commercianti e basta, niente pubblico dibattito e niente confronto con architetti e urbanisti. Come sempre si fa tutto in sordina salvo presentare il fatto compiuto, senza la minima riflessione su un un progetto che snatura l’aspetto di una delle vie più belle e caratteristiche di Trento proprio adesso che a Bolzano molti si interrogano sull’opportunità delle vetrine di via Portici .