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QT n. 5, 6 marzo 1999 Servizi

Un bel dibattito. Ma non basta

Crisi e prospettive della sinistra nel dibattito di “Società Aperta”. Le idee ci sono, però...

Da due mesi la Chiesa del Nordest ha avviato una insistente campagna per il rilancio della riforma federalista dello Stato, ultima occasione - affermano i settimanali diocesani - per evitare che la politica vada definitivamente in sonno. Il rischio, ammonisce Vita Trentina, è quello di "lasciare il campo ai giochi di potere, agli intrallazzi della partitocrazia e dei furbi, per ritornare alla situazione che ha creato Tangentopoli: una corruzione della politica che rivela il disfacimento della società".

In generale, a sinistra non si è dato gran peso ad una così dura ed inedita iniziativa del mondo cattolico ufficiale. Lo ha fatto l’associazione "Società Aperta", invitando sabato 27 febbraio don Agostino Valentini a discutere in profondità, con i mondi della sinistra trentina, le ragioni di uno stato di cose che anche nel Trentino, per quel che riguarda il sonno della politica, non si discosta molto da quello delle altre provincie del Nordest. Un’occasione utile per intrecciare riflessioni teoriche, ma anche storia e cronaca: la cronaca della situazione italiana dopo il passaggio dal governo Prodi a quello D’Alema. La cronaca dei mesi estenuanti per formare la nuova giunta provinciale, delle tattiche esasperanti, e dei risultati a molte ombre che hanno segnato la conclusione delle trattative.

E allora una prima constatazione. Una riforma articolata dello Stato non si farà mai con forze strutturate in maniera centralistica e verticistica. Lo sono oggi i partiti o quello che di essi è rimasto. Lo sono le forze sociali e imprenditoriali, gli stessi mondi dell’associazionismo. Non basta che i temi della libertà e della responsabilità, del diritto alla differenza, della sussidiarietà che sono alla base delle proposte federaliste, siano condivise da molti. In realtà i partiti, incapaci di produrre una autoriforma, si sono come inceppati. E stanno mettendo a repentaglio residue speranze, energie, voglia di partecipazione e di impegno civile. Eppure, senza forzature, qualche filo rosso spezzato della storia potrebbe essere riannodato.

La sinistra italiana è nata, almeno al nord, come un articolato mondo di espressioni sociali, che solo tardivamente ha trovato una sintesi nella forma partito. Le municipalità, le cooperative, il sindacato, i gruppi parlamentari, il giornale Avanti!, la Critica Sociale di Filippo Turati, l’Umanitaria di Milano, erano le espressioni federate dei mondi sociali che in quel momento la sinistra rappresentava, che si ritrovavano uniti nell’azione dalle grandi idee e dall’impegno - come si diceva allora - di trasformare le plebi in popolo. Per molti versi analoga era la strutturazione e l’organizzazione del variegato mondo cattolico.

Le concezioni autoritarie dello Stato che prevalsero in Europa per quasi tutto il secolo, travolsero quest’organizzazione federalista della sinistra. Ebbe la meglio, dal 1917, il modello di partito leninista, cui si uniformò quasi tutta la sinistra italiana fino agli anni recenti.

L’autoriforma è stata possibile altrove - pensiamo alla Francia - dove i traumi erano stati pari se non maggiori di quelli subiti dai partiti italiani. Perché quindi in Italia la crisi dei partiti sarebbe irreversibile e dovremmo accontentarci di comitati elettorali che ci organizzano ogni cinque anni la possibilità di esprimere il nostro voto? Non si può invece superare la crisi tornando alle fonti di un più diretto, federale rapporto fra partiti e società?

C’è nelle ragioni e nelle esperienze della cultura della sinistra europea uno spazio per non arrendersi ad un "pensiero debole", fatto di effimere convergenze e di evocazioni puramente emotive basate sull’ipotesi di una società civile immacolata e di un mondo della politica corrotto. Zattere su cui è facile imbarcarsi, perché non richiedono coerenze, riferimenti, culture e storie. Terreno fertile, al di là dei propositi dei fondatori, di trasformismi e opportunismi di ogni sorta. Basti pensare ai nomi che sono circolati in questi giorni in Trentino come possibili rappresentanti del nuovo movimento di Prodi e Di Pietro.

Si è parlato di un federalismo a geometria variabile, che nasca dalla maturazione sociale e dalla collocazione geopolitica. Viviamo in una terra che dopo cinquant’anni di prospera autonomia, può esprimere il massimo del proprio impegno e produrre esperienze innovative; solo che si pensi a rinnovare e non a distruggere.

La riforma della Regione va fatta perché abbiamo maturato capacità di rapporti positivi fra Trento e Bolzano senza bisogno di legami artificiosi, non certo perché ognuno vada per proprio conto.

E’ possibile ricercare un federalismo idoneo alla situazione nostra anche per la sinistra trentina. Lo ricerchiamo da almeno tre anni. Per questo è stata importante l’occasione di rilancio avviata con l’incontro della scorsa settimana. Ma al contempo bisogna essere consapevoli di come queste ipotesi, se rimangono a livello delle enunciazioni e dei dibattiti, fatalmente si inaridiscono. E questo pericolo lo si è percepito nel corso dell’incontro con gli interventi di chi oggi ha le responsabilità politiche più dirette: impegni pienamente condivisibili, ripetuti ad ogni dibattito, ma di cui poi non si tiene conto nella concreta azione politica.

E questo è il limite evidente dell’esperienza trentina dei Democratici di sinistra, progetto ideale condiviso da molti, ma poi esauritosi in una mera sommatoria di pur significative sigle.

Per questo è necessario rimettere sui binari giusti il progetto federale della sinistra trentina. Senza che di ogni scelta, anche la più importante come quella di ritrovarsi corresponsabili del governo provinciale, rischia di trasformarsi in palude quotidiana che tutto normalizza e inaridisce.

Ed è infatti proprio dalle conclusioni cui si è giunti per la formazione della giunta provinciale che paradossalmente la sinistra trova ostacoli nel suo percorso federale. Pesa come un macigno l’avere abbandonato le competenze nel settore scolastico, della ricerca e dell’università. Pesa la rinuncia ad avere in giunta un uomo come Vincenzo Passerini che aveva dimostrato, ricevendone conferma dal consenso elettorale, di saper tenere il timone progettuale di un settore vitale. Pesa l’aver accettato una distribuzione scriteriata di competenze fra i vari assessori che renderà ancor più difficili i necessari coordinamenti, sempre ostici nella farraginosa macchina della Provincia. Le competenze ambientali sparpagliate su quattro assessorati, servizi come quello delle acque e dei parchi divisi fra due o tre referenti assessorili. Alla faccia della legge Galli, che impone una gestione unitaria dalla sorgente alla foce delle risorse idriche, e delle 10.000 firme raccolte per avere un unico referente politico in capo al settore ambientale!

I settori economici che sono stati affidati con criteri da Enalotto piuttosto che in base ad accorpamenti funzionali. Una frenesia puramente distributiva sembra aver colto la coalizione nel momento ultimo dell’assegnazione delle competenze. Sarà difficile non pagarne le conseguenze.

In un programma di legislatura frutto di compromessi evidenti, senza infamie ma anche senza smalti particolari c’è un’idea-guida che può aiutare a ritessere rapporti sociali, spirito comunitario, responsabilità sociali: l’impegno per i patti territoriali. Ma è possibile per il polo riformista trentino prepararsi a questo impegno programmatico culturale senza riuscire ad essere espressione federata dei mondi che nei comuni e nelle valli, nei consigli comunali e nella vita sociale, si battono perchè il sacrosanto principio della sussidiarietà non sia trasformato nel principio che i poteri forti si appropriano dei beni collettivi senza che nessuno possa rivendicare un più forte e più alto interesse generale? La scommessa riformista al governo non riuscirà se non sarà guidata da un gruppo dirigente che sia espressione dei mondi che rappresentano questo Trentino impegnato a difendere identità e mondialità, mercato e regole sociali, sviluppo e tutela. Sarebbe solo una scorciatoia avventurosa temeraria, con la logica di aggiungere qualche orpello alle responsabilità di giunta acquisite.

Una situazione delicata e difficile, da recuperare in modo che malgrado i tanti disincanti, in troppi non sentano il tentativo di tirarsi fuori. Per questo insistiamo sulla necessità di non abbandonare il lavoro per un processo federativo delle forze della sinistra trentina. Non più solo sommatoria di partitini e movimenti, ma anche aggregazione di mondi vitali, che si riconoscono nelle ragioni della sinistra europea. Purché queste siano coerentemente espresse e intransigentemente motivate.

I tempi sono sempre più limitati. Occorre dar prova di chiare bussole ideali e programmatiche. Aprirsi a tanti mondi, ma non perdere quelli che alla sinistra dovrebbero fare naturale riferimento. Occorre non lasciarsi ingabbiare in modelli organizzativi nazionali che già hanno compresso la possibilità di avere qui un’esperienza inedita e autonoma rispetto al processo che ha portato alla formazione dei democratici di sinistra a livello nazionale.

A Roma in questi giorni i DS hanno voluto assumere il pensiero di Carlo Rosselli come una delle bussole fondanti la cultura della sinistra italiana. Vittorio Foa ha ammonito la sinistra su troppo facili e maldigerite cooptazioni di storie complesse e lontane. Quello che comunque ci serve di Rosselli è la determinazione a sgombrare la politica dai tatticismi e delle ideologie decrepite, l’impegno di una vita per realizzare una federazione politica che sappia dire una parola "da sinistra" ai temi dell’uomo d’oggi.

I socialisti europei sono stati a congresso a Milano. Hanno rivendicato l’autonomia della politica rispetto a un liberismo che tutto sembra dover livellare e molto emarginare. Negli immediati giorni a venire, sarà inevitabile, malgrado i tanti disincanti, riprendere qui il progetto possibile di equità e responsabilità sostenuto da tutta la sinistra federata trentina.

Verificheremo se, almeno per la sinistra, il sonno della politica comincia ad avere termine.