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QT n. 12, 12 giugno 1999 Servizi

La bufala dell’aeroporto

Il progetto dell’aeroporto: ingrandito a dismisura (per ragioni elettorali?), non rientra più nelle norme internazionali. E l’analisi costi/benefici si “dimentica” della concorrenza di Bolzano. Storia di consulenze, arroganze, pressappochismi. Così si prendono le decisioni che contano.

E’ scoppiata aspra sui giornali la polemica sul nuovo aeroporto. Polemica tanto dura quanto poco comprensibile: per un’oggettiva complessità degli aspetti tecnici, ma soprattutto perché - così ci è sembrato di capire - si fa un uso disinvolto di questa complessità. Un po’ come il vecchio latinorum di don Abbondio: per intortare il povero Renzo, alias la pubblica opinione, si fanno le cose più complicate di quello che sono.

E invece la storia vale la pena di conoscerla, perché istruttiva sul disarmante pressappochismo e sulla sostanziale casualità con cui si arriva a decisioni strategiche per lo sviluppo della comunità.

Inostri lettori sanno dell’improvviso risveglio, da qualche tempo, della questione aeroporto. Viene rimessa in discussione la decisione presa all’inizio degli anni ’90 (accordo con Bolzano: a loro l’aeroporto regionale, a noi l’interporto; parallelo ingresso della Provincia nell’aeroporto Catullo di Verona, che diventa lo scalo di riferimento per il Trentino; limitazione del Caproni al volo turistico-sportivo). Si scopre che il Caproni perde 400 milioni all’anno, "così non si può andare avanti", e si prospetta di passare ad aeroporto commerciale, con voli di linea: insomma di passare dall’attuale costoso giocattolino ad una autentica struttura di servizio, che costerà tanto, ma che potrebbe essere utile e fare utili (come pure essere un buco spaventoso, altro che i 400 milioni!).

Si tratta evidentemente di una decisione non semplice, da prendersi dopo attente valutazioni. Invece l’allora assessore competente, Sergio Muraro (lista Dini), vi si butta a corpo morto, sponsorizzando a spada tratta la realizzazione che, nello scorso autunno, diventa il fiore all’occhiello della sua campagna elettorale.

E ogni volta che se ne parla, l’aeroporto si gonfia: la pista, dagli attuali 980 metri, dovrebbe allungarsi nel marzo ’97 a 1.199 metri, e ora a 1.400 metri; l’aeroporto, che sempre secondo lo studio del ’97 doveva diventare di categoria 2B, oggi diventa 3C. E analogamente si gonfiano i costi: quelli ipotizzati di realizzazione (siamo ormai sui 30 miliardi); e quelli - già sostenuti - per i consulenti, dal momento che gli studi, i progetti si accavallano e viaggiano ormai su parcelle di alcune centinaia di milioni.

Questo il contesto in cui sorgono le attuali polemiche; che si sviluppano attorno al Piano di sviluppo aeroportuale commissionato dalla Pat alla società Tecno Engineering di Roma, consegnato nell’agosto scorso, sulla cui base sono state inoltrate le richieste di autorizzazione agli organi preposti, in primis l’Enac (più noto con la precedente denominazione, Civilavia).

Il punto è qui: sembra proprio che nella smania di ingrandire, l’aeroporto virtuale (cioè quello progettato) non facciano più i conti con l’aeroporto reale (lo spazio fisico a disposizione), sicché ora si prospetta una bocciatura da Civilavia e tutto il progetto aeroporto rischia una magra clamorosa. Come è stato possibile? Cerchiamo di vedere meglio.

Gli aeroporti (vedi tabella) sono classificati con dei codici: con un numero - da 1 a 4 - indicante le dimensioni fisiche dell’aerodromo (soprattutto la lunghezza della pista); con una lettera - dalla A alla E - indicante le dimensioni degli aerei abilitati all’atterraggio; con una denominazione relativa alle modalità dell’atterraggio (a vista, strumentale non di precisione, strumentale di precisione).

L’attuale aeroporto è turistico (quindi fuori tabella), con atterraggio a vista; quello previsto dal Masterplan (e riaggiornato nel ’97, con il progettato allungamento della pista a 1.199 metri) è un 2B atterraggio strumentale non di precisione; quello presentato dalla Tecno Engineering è un 3C sempre atterraggio strumentale non di precisione (con la pista allungata a 1.400 metri).

I problemi nascono con la seconda tabella, che oltre alla lunghezza della pista considera anche le altre dimensioni: in particolare noi riportiamo il dato che nel nostro caso è critico, la larghezza della striscia di sicurezza, la zona che attorno all’asse della pista deve essere del tutto libera da ogni ostacolo. Come si vede, nel caso di atterraggi strumentali non di precisione (quelli che ci interessano) la striscia di sicurezza per gli aeroporti codice 1 e 2 deve avere una larghezza di 150 metri, per quelli codice 3, di 300 metri.

E qui sta il bello: il progetto della Tecno Engineering prevede invece una larghezza di 150 metri. E difatti non c’è niente da fare, i 300 metri non ci sono, e non ci potranno mai essere: poco più di 300 metri è la distanza tra il fiume e la ferrovia. Lì in mezzo un aeroporto di quelle caratteristiche non ci potrà mai stare, a meno di deviare la ferrovia o intubare l’Adige.

Ma allora, come si fa a presentare un aeroporto di codice 3, con una larghezza da codice 2?

La relazione tecnica della Tecno Engineering contiene una frasetta furba: il progetto è finalizzato all’ "adeguamento della classificazione della pista da Codice 2B a Codice 3C (da associarsi all’eventuale adozione della categoria "strumentale").

Ma come "eventuale"? Un aeroporto commerciale deve prevedere l’atterraggio strumentale (sia pur non di precisione). Altrimenti, con l’atterraggio non-strumentale, a vista, si può atterrare solo di giorno, e quando è sereno. E nessuna compagnia aerea si metterebbe a operare su un aeroporto che non può garantire alcuna regolarità nei decolli/atterraggi (e d’altra parte, quale viaggiatore comprerebbe un biglietto da Trento, sapendo che per partire dovrà aspettare il primo giorno di sereno?)

Il fatto è (ancora tabella 2) che con una larghezza di 150 metri (la massima possibile al Caproni) ci può stare un aeroporto 2B strumentale, oppure un 3C non strumentale. La Tecno Engineering ci presenta un aeroporto 3C, ma poi entra nel vago ("eventuale adozione") sul fatto se sia strumentale o meno. Solo che questa vaghezza è inaccettabile: di un aeroportone inagibile non se ne fa niente nessuno.

Sollevate le polemiche, la società di Roma e gli assessori (l’ex Muraro e l’attuale Grisenti, che in un colloquio informale si è messo - improvvidamente secondo noi - a difendere su tutta la linea l’operato del predecessore) rispondono attaccando. Chi fa queste contestazioni è un ignorante, la materia è complessa... Abbiamo visto i chilometrici fax che la Tecno Engineering invia all’assessorato per confutare le obiezioni: un po’ di insulti ai contestatori, lunghissime disquisizioni sulle complesse procedure di volo di avvicinamento al Caproni (su cui la società ha svolto il vero lavoro) ma, sullo specifico tema sollevato (come si fa a presentare un aeroporto Codice 3 con una larghezza dimezzata, da Codice 2?) nessuna risposta.

A questo punto la palla passa a Civilavia. "Il parere di Civilavia non conta niente!" - tuona, raggiunto telefonicamente a Bruxelles da L’Adige, un sempre più nervoso Muraro. Il giorno dopo l’assessore torna a Trento, gli fanno presente che in questa situazione, l’ultima cosa da fare è mettersi contro Civilavia; e arriva la rettifica: "Figurarsi se ho detto una cosa del genere - ci dichiara - è stato il giornalista de L’Adige a inventarsi tutto". Certamente.

Insomma, mentre scriviamo è da più giorni che viene nervosamente attesa l’autorizzazione di Civilavia: visto che non potrà che essere negativa, si sta cercando di incartarla in maniera che non appaia come una sconfessione totale.

La via d’uscita potrebbe essere la seguente: "D’accordo, il Caproni può essere solo un aeroporto 2B strumentale non di precisione - ci ha detto una persona addentro le stanze aeronautiche - Che problema c’è? Alla città non serve un aeroporto più grande; e in questi termini il progetto della Tecno Engineering è okay." Peccato si siano spesi soldi per un progetto (il 2B era già disegnato) e per un’allungamento della pista (a 1400 metri) assolutamente inutili. Se questo sarà l’esito finale, il progettone del nuovo aeroporto sarebbe solo un costosissimo dépliant elettorale dell’assessore Muraro.

Il progetto è corredato da un’analisi costi/benefici, che dovrebbe costituire il supporto scientifico alla decisione - formalmente ancora da prendere - se costruire o meno l’aeroporto. Già i quotidiani hanno riportato il succo delle conclusioni: in apparenza positive (si sprecano le frasi tipo "buona redditività... numeri particolarmente positivi... buon rendimento economico"), ma in realtà molto caute; dopo tanti imbonimenti, la frase finale è una secchiata d’acqua fredda: "In fase di realizzazione e di gestione del progetto dovrà essere posta particolare attenzione alla componente ricavi/benefici". Ossia: state attenti, perché se le entrate si discostano anche di poco da quanto previsto, va tutto a rotoli.

Già queste conclusioni dovrebbero indurre alla prudenza (anche perché sono contenute in una relazione tutta tesa a sottolineare la positività dell’impresa: ed è comprensibile, se l’aeroporto si fa, il primo candidato a redigere il progetto esecutivo sarà la stessa Tecno Engineering; che è come chiedere: "E’ giusto fare l’aeroporto? Se mi rispondi di sì ti becchi un incarico di qualche miliardo". Il sistema Pat di gestire le consulenze è una barzelletta).

Dunque, dicevamo, nonostante tutto la Tecno Engineering è prudente. E prudentissima dovrebbe essere la Provincia. Infatti, se guardiamo un po’ da vicino questa relazione, ci sono diverse cose che non convincono. Anzitutto l’assunto di base: fare un’analisi costi/benefici su un’impresa esistente, di cui si vogliono valutare le previsioni di sviluppo, ha un senso; ma la stessa analisi su una cosa inesistente è molto più aleatoria, sfuma nella pura opinione.

Per esempio, si asserisce: "Con riferimento ai turisti stranieri, si è stimato di poter intercettare il 5% dei turisti di provenienza dal Regno Unito, nonchè un’ulteriore quota pari all’1% dei rimanenti flussi turistici." Punto e basta. E allora ci si chiede: perché il 5%, perché l’1%? E perché non il 10% e il 2%, con il che l’aeroporto sarebbe tranquillo? Ma anche perché non il 3% e lo 0,5%, con il che si chiude baracca e burattini? Insomma, non siamo ai numeri a casaccio, ma ci siamo vicini.

Ci sono altri punti molto discutibili, che risparmiamo al lettore. Anche perché il vero buco di quest’analisi costi/benefici è un altro, molto vistoso: presentata nel marzo 1999, non cita mai, dicesi mai, la presenza dell’aeroporto di Bolzano. Si parla continuamente di bacini di utenza, ma alla concorrenza di un aeroporto così vicino nemmeno un accenno.

"E’ uno studio fatto con grande prudenza e saggezza - ci dice l’assessore provinciale Grisenti - Non solo l’ho letto attentamente, ma l’ho sottoposto all’attenzione di altri consulenti (non per mancanza di fiducia, ma perché questa è la prassi giusta) e tutti concordano in questo giudizio positivo."

Sarà. Ma questa storia dell’aeroporto di Bolzano?

"Non è stato considerato perché non è assolutamente un nostro concorrente."

Come, no? Basta pensare ai turisti della val di Fassa, più vicini a Bolzano che a Trento.

"Proprio perché è uno studio prudenziale non tiene conto dei turisti."

Ma se dà anche le percentuali dell’utenza turistica!

"Lei si sta sbagliando. Non si considerano i turisti." (E’ Grisenti che sbaglia, figuriamoci se un aeroporto in una località turistica non tiene conto dei turisti).

E i residenti?

"Ma la Val di Fassa, come numero di abitanti, è irrilevante..."

Naturalmente non c’è solo la Val di Fassa: è tutto il nord della provincia, e le valli di Non e Sole che, da San Michele, possono andare a Bolzano sud o Trento sud. E non saranno certo i dieci chilometri d’autostrada in più a far scartare a priori l’aeroporto di Bolzano.

Insomma, Bolzano è un fortissimo concorrente, ci sono bacini d’utenza confliggenti, come difatti sottolinea lo stato di continua, latente polemica Trento-Bolzano sull’argomento (e di qui la saggezza del vecchio accordo, dell’idea di costruire concordemente le strutture regionali, messa in crisi dalle recenti smanie trentine).

E Grisenti, nel suo negare la concorrenzialità con Bolzano, evidentemente non vuole acuire dei contrasti, e lo fa nascondendo la polvere sotto il tappeto: il problema degli aeroporti-doppione non lo affronta, si limita a far finta che non esista.

Ed ecco allora spiegarsi anche l’ultima "sbadatezza" della Tecno Engineering: il committente non vuole che si parli dell’aeroporto di Bolzano? Accontentato: l’analisi costi/benefici lo ignorerà.

E’ in questa maniera che in Provincia si affidano le consulenze. E poi si prendono le decisioni.