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QT n. 1, 8 gennaio 2000 Servizi

Il messaggio del Papa e il diritto internazionale

In un messaggio papale, alcune sagge proposte per regolamentare i futuri “interventi umanitari” nelle aree di crisi del mondo.

Il problema nuovo che si affaccia all’orizzonte del diritto internazionale è quello della difesa dei diritti umani, superando il tabù della sovranità nazionale dei singoli Stati. Si tratta di trasferire oltre i confini territoriali il diritto di legittima difesa che vige all’interno di ogni singolo Stato. L’art. 52 del nostro codice penale ci consente di andare in aiuto di una persona, sia pure sconosciuta, aggredita da un terzo, anche facendo ricorso alle armi e perfino uccidendo l’aggressore. Se però il fatto violento avviene al di là del confine nazionale, non si può far nulla: si può solo assistere impotenti e gridare aiuto.

Il diritto internazionale oggi è solo parzialmente attrezzato, attraverso l’ONU, a risolvere il problema dell’intervento umanitario. Esso per esempio è stato possibile a Timor, dove per effetto di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza sono intervenuti contingenti militari armati per proteggere la popolazione dalle violenze indonesiane. Non è stato possibile invece per il Kossovo, dove l’alleanza militare di un gruppo di Stati, la NATO, violando ogni regola internazionale, ha bombardato per oltre due mesi la Repubblica Jugoslava col pretesto (quanto esagerato?) di tutelare la minoranza albanese dalla "pulizia etnica" praticata dai serbi.

In questo caso l’ONU è stata ignorata, ed è stata imboccata la strada della guerra con un atto unilaterale. L’intervento militare ha avuto fine solo quando l’ONU è tornata in campo, grazie anche al nostro Governo, all’iniziativa della Russia e alla posizione responsabile della Cina. E’ stato allora possibile giungere ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che ha ristabilito la pace, incerta e fragile, ma che ha l’indubbio merito di aver posto fine ai bombardamenti aerei indiscriminati che avevano colpito case di abitazione, fabbriche, ponti, centrali elettriche, ospedali, scuole e asili nido, massacrando la popolazione serba. Purtroppo non è cessata la "pulizia etnica" che ormai da cinque mesi è incominciata in senso inverso - albanesi contro serbi - nonostante la presenza delle truppe NATO.

La guerra balcanica e i suoi esiti dimostrano che l’ONU, pur restando l’unico presidio cui fare riferimento, è un meccanismo inceppato che ha bisogno di una profonda innovazione: occorre fra l’altro che faccia propria una norma cogente di diritto internazionale che renda possibili, nel quadro di precise garanzie, gli "interventi umanitari".

Con il messaggio in occasione della giornata della pace, fissata per il 1° gennaio 2000, debbo riconoscere da laico che il Papa ha portato un contributo di idee che va indicato all’attenzione di tutti, in particolare di quelle forze politiche che invocano la pace ma poi accettano di fare la guerra.

Il Papa parte da lontano e sottolinea che tanti e complessi sono i problemi che rendono arduo e spesso scoraggiante il cammino verso la pace. La condanna della guerra è però recisa, sulla base di considerazioni religiose ed etiche, ma anche di precise esperienze storiche e politiche: "Le guerre non risolvono i problemi..., spesso sono causa di altre guerre...; con la guerra è l’umanità a perdere...; l’onore dell’umanità è stato salvato da coloro che hanno parlato e lavorato in nome della pace".

Il Papa tuttavia riconosce che talvolta alla violenza brutale e sistematica, all’aggressione diretta all’asservimento, è "necessario opporre una resistenza armata". Questa constatazione lo induce ad allargare l’orizzonte includendo nel ragionamento il caso di minoranze (o maggioranze) oppresse e di diritti umani violati all’interno di singoli Stati.

Che fare? Occorre, scrive il Papa, un capovolgimento di prospettiva: su tutto deve prevalere non più lo Stato con i suoi confini, ma il bene dell’uomo, perché "chi offende i diritti umani offende la coscienza umana in quanto tale, offende l’umanità stessa". Ancora: "I diritti umani non hanno frontiere, perché sono universali e indivisibili".

Papa Wojtyla non si limita ad affermazioni di principio di carattere etico, su cui tutti possono concordare, ma fornisce indicazioni concrete affinché l’intervento per disarmare l’aggressore possa ritenersi "legittimo e persino doveroso". E’ necessario - precisa il Papa - che l’iniziativa militare sia "circoscritta nel tempo e precisa nei suoi obiettivi"; che sia condotta "nel pieno rispetto del diritto internazionale" e "garantita da una autorità riconosciuta a livello internazionale" e comunque non sia "mai lasciata alla mera logica delle armi".

Applicando queste indicazioni alla recente guerra nei Balcani (che del resto il Vaticano ha sempre criticato), ne esce esplicita la condanna, perché secondo il pensiero del Papa nessun "intervento umanitario" può essere lasciato all’iniziativa di uno Stato o di un gruppo di Stati (per esempio, la NATO) ma deve provenire da un’autorità internazionale riconosciuta.

Guai se così non fosse! Con il pretesto, magari inventato, si una pulizia etnica in atto, uno o più Stati potrebbero scatenare guerre spaventose dagli esiti catastrofici, ignorando invece casi effettivi e clamorosi di diritti umani violati (come nel caso dei curdi). Il Papa pone quindi una precisa condizione alle iniziative militari contro Stati sovrani per la difesa dei diritti umani: che la decisione sia presa unicamente da una "autorità riconosciuta a livello internazionale", cioè dall’ONU, che va dunque rinnovata e rafforzata affinché abbia la credibilità e la forza di imporre le proprie risoluzioni.

Un cammino arduo e difficile, ma che va iniziato. Spero vivamente che credenti e non credenti, le organizzazioni non violente, i pacifisti, i partiti di ogni schieramento raccolgano il messaggio del Papa rivolto a tutti gli uomini di buona volontà, lo diffondano nelle coscienze e lo applichino nell’azione di governo, respingendo con fermezza la tentazione sempre ricorrente di farsi giustizia con le proprie mani.

La riforma dell’ONU e del diritto internazionale per rendere possibili gli "interventi umanitari" deve essere messa all’ordine del giorno delle coscienze, dei popoli e dei governi.