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Quale pacificazione?

Da alcune parti si invoca ormai da anni la riconciliazione e la pacificazione nazionale in Italia, in relazione alle vicende del periodo 1943-45 e alla sua conclusione.

Il presidente Enrico De Nicola firma la Costituzione.

Della questione si sono occupati eminenti uomini politici, rappresentanti della Istituzioni (significativo l’intervento dell’on. Violante quando fu eletto Presidenie della Camera), storici, giornalisti, dibattiti televisivi. Vanno riconosciute, si è detto, non solo le ragioni dei vincitori ma anche quelle dei vinti. La divisione fra partigiani e fascisti repubblichini avvenne per motivazioni ideali: ciascuno renda l’onore delle armi all’antico avversario e finalmente si chiuda la ferita della "guerra civile" che insanguinò l’Italia nel biennio ‘43-45 e che ancora dopo mezzo secolo divide gli animi.

La questione sccondo me è mal posta, e ne nasconde una diversa: il tentativo di legittimare il fascismo nonostante la sconfitta morale e militare. La riconciliazione e la pacificazione nazionale infatti sono già avvenute nell’immediato dopo guerra (amnistia di Togliatti), e furono solennemente proclamate con l’approvazione della Costituzione nella seduta del 22 dicembre 1947, e con la sua entrata in vigore il 1º gennaio 1948.

Nell’Assemblea costituente, eletta direttamente dal popolo il 2 giugno 1946, che preparò il testo costituzionale, erano rappresentati tutti i partiti: democristiani, socialisti, comunisti, liberali, demolaburisti, repubblicani, azionisti, e anche la destra del "L’Uomo qualunque". Il testo costituzionale fu approvato con 453 voti favorevoli (su 556 parlamentari) e 62 voti contrari. Ciò significa che la grande maggioranza del popolo italiano, almeno i 4/5, si riconobbe nei valori dell’antifascismo e li pose a fondamento dello Stato. E’ significativo che una norma della Costituzione vieti la ricostituzione del partito fascista sotto qualsiasi forma.

Con l’entrata in vigore della Costituzione gli Italiani si riconciliarono sulla base di valori comuni (la libertà, la democrazia, la dignità del lavoro) e per 50 anni sono vissuti in pace, solo a tratti messa in pericolo dallo stragismo fascista e dal terrorismo rosso e nero.

C’è bisogno di un’altra riconciliazione? Non capisco perché. La Costituzione è tuttora in vigore, la sua prima parte (quella dei principi) non è contestata, la stessa Alleanza Nazionale (l’ex MSI, fascista) l’ha riconosciuta come fondamento della Repubblica. E’ evidente allora che con la richiesta di una nuova conciliazione e pacificazione si vuole altro: che gli antifascisti riconoscano le ‘buone ragioni" dei fascisti, mettendo sullo stesso piano la scelta di coloro che dopo l’8 settemhre ‘43 andarono a combattere con i partigiani, e di coloro invece che scelsero la Repubhlica Sociale Italiana e si arruolarono nella X Mas o nelle Brigate nere. Entrambi erano mossi da idealità (la difesa della Patria, l’onore militare, ecc.), e quindi ora possono dimenticare il passato, riconoscere la reciproca buona fede e stringersi la mano.

Si confondono in questa proposta due concetti diversi: ragioni e motivazioni. Il primo si richiama alla razionalità, il secondo invece alla soggettività emotiva. Non ho nessuna difficoltà a riconoscere che la maggioranza dei ‘ragazzi di Salò" era in buona fede e scelse la Repubblichina per un (errato) senso dell’onore e dell’amore di patria. Anche i mafiosi si definiscono "uomini d’onore", e certo molti picciotti si sentono tali in perfetta buona fede. A migliaia giovani fascisti morirono in buona fede sul fronte di Anzio, o nella guerriglia antipartigiana, e per essi provo pietà e rispetto. Ma erano dalla parte sbagliata. Il giudizio storico, per quanto soggettivo, non può essere arbitrario. Esso ha una sua specifica scientificità che, per quanto diversa da quella della fisica o della matematica, deve quanto meno obbedire al principio di non contraddizione. I fascisti e i nazisti erano indubitabilmente dalla parte sbagliata, anche se in ipotesi inconsapevoli, perché rappresentavano la dittatura, la presunta superiorità razziale, la discriminazione e lo sterminio delle razze ritenute inferiori, primi fra tutti gli ebrei. Per fortuna ha vinto la guerra la grande alleanza antifascista, che era dalla parte giusta perché rappresentava i principi di libertà, di democrazia, di dignità del lavoro.

Non è possibile conciliazione e pacificazione alcuna tra questi valori, che sono antagonistici. Confliggeranno in eterno, e guai se cosi non fosse.

E’ lecito quindi affermare che il più ignorante, il più rozzo, il più violento dei partigiani era dalla parte giusta; mentre il più intelligente, il più colto, il più mite dei fascisti repubblichini era dalla parte sbagliata. Coloro che non condividono il senso di questa affermazione (tagliata con l’accetta) riflettano a cosa sarebbe successo all’Europa, al loro destino personale, a quello degli ebrei e degli zingari, alla sorte del bene supremo della libertà, se la guerra fosse stata vinta dal Reich nazista e quindi anche dalla Repubblica di Salò.

Con chi dunque noi antifascisti, partigiani o no, dovremmo riconciliarci? Con i nostri nemici di sempre, i nemici della civiltà e della cultura?

Ciò è impossibile. L’unica riconciliazione su comuni valori democratici e antifascisti è quella avvenuta con l’approvazione della Costituzione a larghissima maggioranza ormai 53 anni fa. Ogni altro discorso è strumentale, e tende a contrabbandare come legittimi i disvalori assoluti del fascismo.