Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 7, 7 aprile 2001 Servizi

Vi fidate del sindacato?

A partire dai risultati di un’inchiesta la CGIL del Trentino apre una riflessione sul ruolo del sindacato nella nostra provincia.

Luigio Casanova

Quali significati, quale valore può avere una presenza del sindacato confederale nel futuro? Fra qualche anno esisterà ancora il sindacato come lo abbiamo inteso e vissuto storicamente?

Le organizzazioni sindacali tradizionali finora hanno resistito davanti alle imponenti trasformazioni del mondo del lavoro e del vivere nelle nostre società. Mentre altre istituzioni venivano spazzate via (pensiamo alle grandi macchine organizzative dei partiti), i sindacati e la CGIL in particolare aumentano il loro peso nella società, anche se debolmente aumentano gli iscritti. Ma le domande poste sono ben presenti nel dibattito interno e le ritroviamo imposte dagli avvenimenti, dalle incertezze che provengono dalla società civile. Fino ad oggi si è guardato con sufficienza, anche nella sinistra, al fenomeno dei sindacati autonomi, dei sindacati corporativi e alla loro diffusione. Ma quanto avvenuto in Trentino nella sanità con l’esplosione del Nursing-up (sindacato autonomo degli infermieri ndr) impone riflessioni forti.

Se è vero che questo sindacato propone una visione egoistica delle società, se è vero che trova alimento nelle formazioni politiche del centrodestra, è anche vero che per crescere tanto improvvisamente ha trovato un terreno fertile e che qualcuno ha portato humus in questo terreno. Non è stata solo la folle politica rivendicativa della UIL ad alimentare questo humus tanto particolare; vi sono state sottovalutazioni, improvvisazioni, scelte sbagliate di un decennio, anche interne alle due confederazioni principali, CISL e CGIL. Sono anni che gli infermieri lamentano disagi insopportabili, sono anni che nelle periferie la sanità viene umiliata e che il territorio non offre servizi adeguati, è evidente a tutti come l’Azienda sanitaria unica non offra risposte adeguate alle diverse specificità territoriali delle Provincia. Né il sindacato né le forze di sinistra hanno mai affrontato questi temi, anzi, hanno sostenuto la situazione presente.

Il Nursing-up ha anche dimostrato come non sia vero che il lavoratore non si mobilita più: gli infermieri hanno invaso le strade di Trento, pochi giorni dopo lo stesso è accaduto a Roma con lo sciopero della sanità e con quello della scuola. Esiste quindi un problema di linguaggio, di comprensione dei bisogni reali, di strategia, di obiettivi.

Negli ultimi tempi le riflessioni hanno cominciato a divenire pubbliche. Il convegno organizzato dalla FIOM-CGIL sul lavoro che cambia è un passo importante. Maurizio Zipponi e Lidia Menapace hanno posto interrogativi importanti. Il principale: il sindacato di oggi è preparato ad offrire risposte adeguate alla complessità della società, alle tante specificità e diversità di soggetti che si stanno imponendo, riesce a dare unità alle parzialità che, quando non governate, costruiscono egoismi e separazione?

A veder quanto accade in CGIL la risposta è negativa. Se il dibattito congressuale viene ingabbiato in due aree blindate, praticamente identiche nella ideologia che le definisce, la CGIL ha già fallito gran parte del suo percorso innovativo. L’unico obiettivo che divide le due aree è il parere sull’accordo del 23 luglio. Pura ideologia, come si vede: l’accordo del 23 luglio da anni non esiste più. Lo hanno fatto saltare i contratti separati delle dirigenze, dei medici, di categorie forti, l’inadeguatezza del recupero salariale per le categorie oggi deboli, metalmeccanici, commercio, edilizia.

Se oggi in CGIL viene impedito ai militanti di rimanere liberi dall’appartenenza o partitca o ad aree precostituite, il fatto non sarà marginale, come non lo sarà vedere due aree che non riescono più a confrontarsi sugli argomenti ma sulle posizioni di potere dalle quali partire prima del congresso. Se così fosse, non saremo in presenza di un sindacato, ma di un partito mascherato.

Anche in casa CISL e UIL le cose seguono percorsi contraddittori se non negativi. La CISL più o meno velatamente si è schierata a sostegno del partito di D’Antoni, perdendo autonomia e credibilità, accentuando fratture fra i suoi dirigenti. La UIL trentina ha scelto la strada della demagogia, l’assalto al bilancio della Provincia a vantaggio di categorie che possono ricattare l’ente pubblico, si sta comportando da sindacato autonomo.

In CGIL, da noi, forse troveremo percorsi diversi e quindi più adeguati a fornire risposte alle esigenze del mondo del lavoro di oggi e del futuro. I risultati di un’indagine promossa dallla CGIL su come venga percepito il sindacato dalla società civile, quindi anche dai pensionati, dalle casalinghe, dai disoccupati e dai lavoratori autonomi, indica percorsi di azione non scontati e impone riflessioni su risultati inattesi.

Alcune cose erano risapute: in questi ultimi decenni abbiamo assistito a una modifica strutturale dellla composizione sociale: più terziario, qualifiche più alte, più liberi professionisti, meno operai e quasi scomparsi i contadini. I valori degli intervistati sono la famiglia (il 95%), la libertà, l’amicizia, l’amore. Solo al 4° posto viene il lavoro, all’8° la solidarietà: il successo e l’attività politica occupano gli ultimi posti.

Si legge che le donne e i giovani sono più sensibili ai valori tradizionali del sindacato: questi valori trovano maggiori consensi nelle persone ad alto livello di istruzione e nelle due città, meno, molto meno nelle periferie.

Le istituzioni che trovano maggiore fiducia sono i carabinieri, gli amministratori comunali, i sacerdoti, l’Unione Europea, al 7° posto gli industriali, solo al 10° i sindacalisti, all’ultimo posto i politici. Evidente la frattura fra politica e società civile: trovare gli amministratori comunali al secondo posto e la politica all’ultimo deve fare riflettere. Mentre i giovani hanno maggiore fiducia nei sindacati, le donne la ripongono negli industriali: dall’universo femminile emerge una fiducia generalizzata, un alto livello di ottimismo.

Quali sono i maggiori problemi per i trentini?

L’inquinamento ambientale è al primo posto, segue la disoccupazione , la criminalità, il traffico.

Il sindacato nel complesso gode di una percezione positiva. Troviamo maggiore fiducia nei giovani e nelle donne; forte criticità, comunque propositiva, negli anziani e nei laureati.Presso i lavoratori autonomi la diffidenza è ovviamente maggiore, ma non vi è netta contrapposizione. La stragrande maggioranza degli intervistati pensa che la CGIL debba trovare un rilancio della sua azione. Mentre le città la vogliono più conflittuale, le periferie cercano la concertazione. Un dato clamoroso riguarda il ruolo della contrattazione: percentuali minime affidano al sindacato questo ruolo: la maggior parte degli intervistati vogliono vedere un sindacato che affronti con più determinazione la qualità del lavoro, gli interessi dei dipendenti, un’azione a tutto campo sul territorio, la qualità complessiva del vivere. I giovani guardano con preoccupazione ai problemi della retribuzione e della pensione. Agli ultimi posti dell’interesse troviamo i temi della casa, dell’ambiente, della pace.

Ei servizi offerti dai sindacati? Veramente poco conosciuti. Forse perché in Trentino le ACLI sono diffuse in ogni angolo delle nostre vallate e coprono questo reticolo di bisogni, ma si vede come i servizi offerti dai sindacati (pensioni, attività fiscale, turistica, servizi alla casa) siano conosciuti a una ristretta minoranza, anche fra i dipendenti. Laddove conosciuti, i servizi incontrano comunque un altissimo indice di soddisfazione.

Dal questionario viene anche smentita l’immagine di un sindacato conservatore, pure presente in una parte del mondo del lavoro. Ma giovani e donne vogliono una CGIL più solidale, più idealista, capace di progetti di grande respiro, più partecipativa e meno conflittuale.

Non è semplice riassumere le risposte a cento domande, ma è opportuno che il sindacato trentino entri nel dettaglio delle risposte e valuti anche le differenze, a volte sostanziali, fra periferia e città.

Se si vuole rispondere con determinazione ai fenomeni di frantumazione sociale, alla caduta del valore della solidarietà, è probabilmente necessario superare la visione del sindacato rinchiuso nelle specifiche categorie e diffonderlo sul territorio, ritornando alle origini della CGIL, cioè alle Camere del lavoro, alla diffusione in ogni valle di un programmma sindacale che risponda alle esigenze delle popolazioni della periferia.

Sembra di percepire il bisogno di un sindacato dei cittadini più che del mondo del lavoro. Sempre più spesso, all’interno delle sedi sindacali, si incrociiano richieste di aiuto alle famiglie, situazioni ambientali, rapporti con le istituzioni. E’ preparato il sindacalista a rispondere a questi temi? E se lo fa riprendendo il linguaggio o l’appartenenza a un partito darà soddisfazione al cittadino?

E se nelle nostre periferie la cultura sindacale e solidale è tanto fragile perché il sindacato nel suo complesso rimane trentocentrico e non raccoglie le esigenze che vengono dal territorio, dai nuovi lavori, dalla necessità della promozione di uno sviluppo che non aggredisca l’ambiente?

Certo, le decisioni di questa giunta provinciale non stanno aiutando il sindacato a costruirsi un ruolo diverso e troppi sindacalisti legati ai partitit di governo si adeguano alle decisioni prese in giunta.

Il lavoro di analisi svolto dalla CGIL del Trentino in queste ultime settimane ha aperto spazi di confronto importanti. Vediamo ora se ancora una volta tanta intelligenza è destinata a rimanere carta o progetto costruttivo. In assenza di concretezza e di obiettivi chiari, si offrirà ulteriore spazio al proliferare di politiche corporative e al diffondersi di sindacati autonomi, si accentuerà la frantumazione sociale.

E nel non tanto lungo periodo si potrebbe verificare un fenomeno per ora non molto percepito negli ambienti sindacali: l’avvio di un irrecuperabile calo dei tesseramenti.