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QT n. 19, 9 novembre 2002 Servizi

Tutto sulle acque trentine

Presentato il Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche. Come prevenire le alluvioni? A che punto siamo con l’inquinamento?

In Trentino abbiamo fortunata mente a disposizione tanta acqua, ma non è il caso di farne spreco. Questo, uno dei messaggi che emergono dal Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche (in sigla PGUAP), recentemente licenziato dalla Giunta provinciale. Si tratta di un documento di mille pagine fra testi e tabelle, che quando sarà definitivamente approvato dopo una lunga trafila (entro il 2003?), assumerà il ruolo di Piano di bacino. Il documento raccoglie molte informazioni, alcune già note ma ora inquadrate in un disegno complessivo, in merito alle disponibilità idriche e agli usi delle acque, ma anche sui rischi da alluvioni e la sicurezza del territorio, sulla situazione dell’inquinamento dei nostri fiumi e laghi e sulla relativa rete di depuratori, e in generale sulla qualità degli ambienti acquatici. Ora si è aperta la fase di partecipazione, agevolata dalle conferenze di informazione che il vicepresidente Roberto Pinter e il suo staff tecnico stanno organizzando sul territorio.

Il bacino di Santa Massenza.

A Lavis sono convenuti in una serata di fine ottobre molti (quasi un centinaio) amministratori dei comuni della Rotaliana e della Valle di Cembra ed è stato quindi inevitabile affrontare il problema della diga di Valda. A questo proposito il PGUAP riprende le conclusioni alle quali è giunto il gruppo di lavoro incaricato dalla Provincia per analizzare la problematica della messa in sicurezza del basso Avisio e dell’Adige.

Attualmente - ha spiegato Pinter - si stima che il tempo di ritorno (cioè l’intervallo tra un fenomeno alluvionale e il successivo), per quanto riguarda le emergenze lungo l’Avisio oscilla tra i 30 ed i 50 anni. Un intervallo ritenuto insufficiente per la protezione della città di Trento e per i numerosi centri che a fondovalle non vogliono certo ripetere l’esperienza del 1966. E’ però altrettanto vero che la sicurezza dell’Adige non dipende solo da ciò che succede sull’Avisio, ma anche da ciò che avviene in Alto Adige a nord e a Verona a sud. Da qui la necessità di una forte intesa con la Provincia di Bolzano e con la Regione Veneto. Sicuramente, si dovranno utilizzare dei bacini idroelettrici come "polmoni" in grado di trattenere e rilasciare grandi quantitativi di acqua e quindi di controllare l’effetto "onda di piena", metodo adottato con successo nell’emergenza del 2000 con la diga di Santa Giustina, che in quell’occasione è stata usata come bacino di laminazione.

Insomma, per la diga di Valda, è stato escluso il progetto di un grande sbarramento a suo tempo ipotizzato (oltre 40 milioni di metri cubi), mentre rimane oggetto di discussione l’ipotesi di realizzare un bacino per la sola laminazione delle piene (14 milioni di metri cubi).

Un consigliere comunale di Roverè della Luna ha ricordato come, nella vicina Salorno, il Comune abbia preso decisioni radicali prescrivendo forti vincoli urbanistici per le zone che sono state soggette alle ultime alluvioni. Pinter ha approvato l’esperienza di Salorno che ha introdotto precisi limiti all’edificazione: "Il divieto di costruire o di destinare attività stabili in aree che non presentano adeguati livelli di sicurezza va adottato anche da noi per evitare anzitutto di aumentare le situazioni di rischio".

Per quanto riguarda la qualità delle acque dei nostri fiumi, laghi e torrenti, dal Piano emerge che nell’ultimo decennio, la qualità complessiva media, da "scadente" è risalita alla meno preoccupante classificazione di "mediocre". Entro il 2007 saranno duecento i comuni le cui acque di scarico saranno trattate con sistemi di depurazione. Accanto a questo impegno tecnico, la Provincia di Trento vuole rinegoziare i termini delle grandi concessioni di derivazione (i bacini idroelettrici utilizzano l’84% delle acque provinciali) anche per quanto riguarda il deflusso minimo vitale, cioè quella quantità d’acqua ritenuta necessaria a garantire un minimo di naturalità (autodepurazione compresa) delle acque superficiali.

Molto interessante, infine, il nuovo indicatore di qualità ittiologica introdotto nel Piano. In sostanza, accanto al sistema tradizionale, fondato su valutazioni chimiche e biologiche, i corsi d’acqua trentini sono stati valutati anche tenendo conto della pescosità delle acque.

Anche questo nuovo sistema conferma che, paradossalmente, a causa del turismo stagionale e della scarsità dei rilasci dai bacini idroelettrici, Noce ed Avisio, stanno peggio vicino alla sorgente che alla foce.