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QT n. 19, 9 novembre 2002 Cover story

La Chiesa del silenziatore

La Chiesa, trentina e non, e la sua crisi, alla luce della recente intervista critica di Mons. Rogger. Don Piero Rattin, parroco di Piedicastello: la piaga più grave della Chiesa è l’acquiescenza al potere.

L’intervista rilasciata da monsignor Iginio Rogger (vedi L’Adige del 19 ottobre) che impietosamente denunciava la persistente arretratezza della Chiesa trentina a quarant’anni dal Concilio Vaticano II e la crisi di ruolo dei preti, ha provocato grave turbamento all’interno del mondo ecclesiastico locale. Ovviamente si sono aperti spazi invitanti per le incursioni dietrologiche: cosa avrà indotto uno come Rogger, un pilastro dell’establishment di piazza Fiera, a divulgare quell’analisi così bruciante, a smuovere le morte acque della diocesi tridentina? Un improvviso impazzimento? Sassolini nella scarpa? L’incapacità di reggere allo stress da pensionamento o di rassegnarsi alla perdita degli incarichi di prestigio prima ricoperti? L’imprevedibile metamorfosi di un pompiere per vocazione in incendiario?

Niente di tutto questo, e meno che mai una sortita improvvisata.

Mons. Iginio Rogger.

Quei ragionamenti di Rogger il vescovo ce li aveva nel cassetto da un anno e mezzo; da quando lo stesso Rogger aveva risposto ad una specie di questionario inviato da Bressan a lui e ad un certo numero di preti della diocesi, al fine di formarsi un quadro della situazione. Se non che quelle risposte articolate e ponderate non avevano avuto alcun riscontro. Così quando L’Adige gliene ha data l’opportunità, Rogger ha riproposto la sua riflessione; questa volta ad un uditorio più ampio e più attento.

Ne è scaturito un dibattito sulla stampa, alimentato da contributi di preti e di laici, e la portata delle osservazioni critiche del monsignore è stata in alcuni casi addirittura rafforzata. Ed allargata alla questione della leadership del vescovo Bressan, il quale sembra non raccogliere consensi in misura proporzionata all’infaticabile presenzialismo.

E’ emerso però anche un clima, se non di resa dei conti, certo di schermaglie velenose, con attacchi sul piano personale e critiche sui modi e sulla forma anziché nel merito dei problemi sollevati. Un esempio? Don Agostino Valentini, ex-direttore di Vita trentina (l’organo d’informazione della Curia) ed ora direttore dell’Ufficio stampa, dopo aver dato del pompiere di lungo corso a Rogger, non ha trovato di meglio che stigmatizzarne i toni troppo aspri. Ma gli ha risposto per le rime don Giancarlo Pellegrini, parroco di S.Michele all’Adige, con la citazione di sue (del Valentini) antiche esternazioni non meno trancianti.

E tuttavia, meglio anche i colpi bassi piuttosto che la cappa di silenzio vagamente omertosa, da taluni auspicata. Una Chiesa assolutistica, dogmatica e sprezzantemente chiusa in se stessa è una sciagura per l’intera collettività, al di là della distinzione fra credenti e non credenti, anche perché da un tale modello non possono che diffondersi influenze negative.

Particolarmente incisivo ci è parso invece l’intervento nel dibattito del parroco di S.Apollinare/Piedicastello, don Piero Rattin, che da buon biblista ha parlato di mancanza nella Chiesa, non solo in quella locale, di "profetismo". Un termine forte, che a noi è sembrato efficacissimo nel far risaltare per contrasto la sclerotizzazione burocratica e l’autoritarismo gerarchico dell’istituzione ecclesiastica. Abbiamo voluto approfondire il tema rivolgendogli alcune domande.

La gente comunemente crede che il profetismo sia la capacità di predire il futuro, ma così come viene presentato nell’antico testamento, esso è invece la coscienza critica della nazione ebraica. E i profeti erano dei guastafeste, dei rompicoglioni si direbbe oggi, che si ritenevano inviati da Dio e combattevano l’ingiustizia sociale senza fare sconti nelle loro critiche morali ai potenti, anzi contestando senza remore il potere politico e la casta sacerdotale. Lo stesso Gesù per l’ebraismo e per l’islamismo fu un profeta. E dai potenti, questi personaggi carismatici venivano spesso ripagati con trattamenti per niente amichevoli. Antenne spirituali di Israele, gettarono le basi – dicono gli studiosi - della coscienza sociale della civiltà occidentale e del ruolo politico della religione.

Don Rattin, lei ha affermato che per la Chiesa "la piaga più consistente è la mancanza di profezia". Cosa vuol dire oggi per la Chiesa essere profetica?

"Nella sua radice biblica profetismo significa portare agli uomini il pensiero di Dio, con riferimento a certe situazioni reali che essi si trovano ad affrontare. Tutto il popolo di Dio, non solo la gerarchia, partecipa permanentemente di questo carisma ed ha quindi la possibilità e il compito di profetizzare".

Ma la gerarchia, le eccellenze, le eminenze con al vertice la santità personificata che gode per di più dell’infallibilità, non hanno di fatto monopolizzato la funzione profetica?

"Questo no. Non bisogna confondere profezia con magistero. La profezia non è questione di morale, ma di annuncio e di denuncia".

Quali sono i criteri per stabilire se un discorso è profetico oppure no? E chi ha la competenza per stabilirlo?

"E’ il problema di distinguere il vero profeta dal falso. La capacità di ascolto della parola di Dio unita alla simpatia con le situazioni del proprio tempo: questo è già un buon criterio. Il giudizio è attribuito a chi ha il senso della fede. Tutti potenzialmente sono in grado di giudicare".

Mi può indicare delle figure profetiche nella recente storia del cattolicesimo?

"Papa Giovanni XXIII lo è stato nel cogliere l’importanza di quest’epoca per dire che la Chiesa deve ritrovare il ritmo per camminare con il mondo. Altre figure: don Mazzolari, don Milani… Anche certi personaggi che poi sono stati canonizzati e che hanno avuto un ruolo sociale, come Giovanni Bosco, Giuseppe Cafasso (il fondatore del Cottolengo, n.d.r.), eccetera".

A proposito di canonizzazioni, Escrivà de Balaguer, il fondatore dell’Opus Dei è stato un profeta? Il profeta del mercato e del profitto?

"Sull’autenticità della sua santità c’è parecchio da dubitare. Il sospetto di fondo è che si tratti di una santità costruita per spinta di una lobby economica ecclesiastica, appunto l’Opus Dei, ammanigliata con tutti i poteri: politico, finanziario, economico. E’ un personaggio che ha avuto collusioni con il regime di Franco in Spagna. La sua canonizzazione lascia veramente perplessi".

Giovanni Paolo II in visita a Trento.

E Giovanni Paolo II? Il Concilio Vaticano II aveva pur aperto qualche finestra sulla società e la sua cultura, ma durante il pontificato in corso ho l’impressione che siano state rinchiuse.

"Sì, c’è stata una corsa a chiudere porte e finestre. Non è facile dopo secoli che si vive anchilosati rimettersi a camminare con speditezza. Però qui ne va proprio della credibilità della Chiesa.

Per certi versi questo papa ha avuto delle spinte notevoli, anche di profezia, ad esempio con alcune encicliche di carattere sociale. Per altri aspetti è debitore di una cultura molto tipica, cui appartiene. E non poteva quindi che portare anche nella Chiesa universale una visione molto particolare di Chiesa, che derivava dalla cultura polacca. Questo significa che se in Polonia e nella sua storia recente poteva essere giustificabile o legittimo avere una certa immagine di Chiesa, fuori di lì e in altri contesti storici non era proponibile".

Ma anche in Polonia ha avuto scacco matto. Il tentativo wojtylano di creare uno Stato polacco sotto tutela vaticana è miseramente fallito. Il partito papista e l’uomo del papa, Walesa, sono stati azzerati; le leggi sul divorzio e sull’aborto sono state approvate dal parlamento.

Ritornando al caso Rogger, lei ha affermato che la Chiesa è attenta ai propri privilegi grandi e piccoli, ad esempio i finanziamenti alle scuole cattoliche, e per non comprometterli evita di pronunciarsi sulle grandi questioni politiche. Come esempi, ha citato la legge sull’immigrazione e la "Cirami", due provvedimenti che peraltro vedono profondamente diviso il mondo cattolico (e i cittadini italiani). Qual è allora il confine fra il diritto-dovere di intervento pastorale, sia pure profetico, e l’indebita ingerenza politica?

"I profeti biblici - bisogna sempre partire di lì - si rivolgevano anche a popolazioni straniere, ad altre culture, in nome di principi etici universali, non di una determinata morale religiosa. Ritornando al nostro tempo, compito della Chiesa non è di porsi come depositaria della verità, impartendo lezioni, ma di porsi come istanza critica. Il grande teologo Bernard Haering esortava la Chiesa ad accostarsi all’uomo moderno non per condannare o giudicare, ma per suscitare dubbi, per porre interrogativi, per dirgli: sei proprio sicuro che questa che stai seguendo sia la strada giusta?

L’atteggiamento della Chiesa in Italia avrebbe dovuto essere quanto meno questo. L’uomo della strada che ragiona a prescindere da qualsiasi appartenenza di destra o di sinistra avverte che ora, con questa politica, si sta giocando ad ingrassare i grassi, si sta prendendo in giro la gente. Il filosofo Gianni Vattimo ha detto: ‘Siamo in un paese governato da banditi, che fanno leggi a favore di briganti’, ma poteva essere detto dall’uomo della strada, perché basta un minimo di buon senso per accorgersi come stanno andando le cose".

Vale a dire?

"Un governo, un’alleanza, che fin dai primi passi si preoccupa di mettere al sicuro i suoi esponenti maggiori! Non è concepibile che la Chiesa questo non lo denunci, perché deve farsi istanza dei diritti di tutti. E se non lo dice perché deve tutelare i propri interessi, allora vuol dire che ha proprio messo il silenziatore alla profezia. La Chiesa deve annunciare una salvezza che è di tutti; se subentrano preoccupazioni di categorie o private o interne, allora vuol dire che ha rinunciato al suo compito essenziale, che ha ristretto il suo orizzonte. Una considerazione, quest’ultima, condivisa da molti, a quarant’anni dal Concilio. Io dico che la Chiesa sta diventando sagrestia, ripiegata sui suoi interessi. E non ci si può lamentare se poi si constata così poco interesse e poco ascolto da parte delle masse".

A proposito di silenziatori, un esponente cattolico del calibro del consigliere provinciale Pino Morandini, criticando don Rogger, ha praticamente detto che i panni sporchi della Chiesa sarebbe meglio lavarli in... chiesa, al chiuso e senza far trapelare niente all’esterno. Altri, anche preti, hanno ribadito lo stesso concetto. La Chiesa trentina sente il bisogno di un ritorno al catacombismo, si sente perseguitata? Oppure è la consapevolezza della propria incapacità di confrontarsi con la cultura moderna - come dice don Marcello Farina - che la induce a rinchiudersi?

"Probabilmente è la seconda ipotesi la più credibile. Anche perché la visuale espressa da Morandini non è molto in sintonia con quella inaugurata dal Concilio Vaticano II, che parlava di Chiesa compagna dell’umanità nel cammino della storia. Ora se sei compagno di strada di qualcuno non puoi ritirarti per dibattere le tue questioni interne: essere compagni significa accettare anche questa sfida.Ma ancora più del confronto con la cultura attuale, il problema vero per la Chiesa è il fatto di essersi ridotta ad agenzia di servizi religiosi. A questo punto non ha più niente di nuovo da dire.

Altro che profetismo! Di qui ha origine la crisi delle vocazioni, perché il prete è ridotto a commesso. Commesso per commesso, un giovane va dove lo pagano di più. L’unica soluzione sta nel partire con una virata decisa; finiamola col vendere oggetti di consumo religioso a buon mercato e riscopriamo quello che è l’essenziale nell’annuncio del Vangelo".