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QT n. 4, 22 febbraio 2003 Servizi

La Comunità delle sorprese

A Cavalese un “disubbidiente” eletto regolano.

Cresce il distacco fra i "vicini" e l’ente della Magnifica Comunità di Fiemme. Lo conferma l’esito delle ultime elezioni del rinnovo del consiglio dei regolani. Sempre meno persone vanno a votare, e il motivo della crescente diffidenza è presto trovato. Una prima ragione, preoccupante per una vallata di montagna, sta nel distacco della popolazione dai problemi del territorio. Ormai economia significa quasi esclusivamente uffici, aziende e turismo, mentre rimangono sempre più emarginate le attività tradizionali legate alla gestione del bosco, o dei terreni agricoli. Anche il mondo dei cacciatori ormai viene guardato con diffidenza, ma forse quest’ultima categoria, pur travolta da egoismi e rivalità, rappresenta l’ultimo sguardo che rimane attivo e sensibile alle modifiche territoriali che stiamo vivendo.

L’altra ragione è strettamente politica: da diversi decenni gli amministratori della comunità sono divenuti una casta, incapaci di dialogo, arroganti verso chi chiede confronto e democrazia, proccupati unicamente di fornire risposte alle esigenze delle imprese del turismo dello sci, alla categoria dei cacciatori, ai costruttori di strade.

Nelle ultime elezioni per il rinnovo del consiglio dei regolani, mentre in tutte le regole i pronostici sono stati rispettati, con sorprese minime, la novità, per alcuni versi sconvolgente, viene da Cavalese. Concorrevano alla carica persone forti, dotate di un elettorato famigliare vasto, anche appoggiate da poteri politici ed economici importanti. Ma fra tutti i concorrenti è prevalso un giovane, un ragazzo proveniente dall’area dei disubbidienti, definito in modo sprezzante "il no global" e come tale riconosciuto in paese: un vero e proprio folletto incapace di star fermo, incontenibile ed incontentabile, alla ricerca di spazi di vita, di democrazia, di storia autentica del paese: Francesco Gilmozzi.

Una vittoria incredibile, maturata in un clima di delusione verso l’ente ed il consiglio dei regolani uscente, una vittoria che ha lasciato sconfitti personaggi importanti, o che tali si consideravano.

L’ho incontrato per una breve chiacchierata in un intervallo fra i suoi impegni.

La tua vittoria nella regola di Cavalese apre grandi aspettative, è stata una sorpresa per tanti, anche per chi ti ha votato. Sei riconosciuto come un "no global", aggettivo certo non letto in modo positivo in valle, ma hai ugualmente raccolto un consenso forte. Come è maturato?

"Spero che chi mi ha votato abbia valutato la persona, i miei comportamenti quotidiani, la coerenza che cerco di mettere fra quanto affermo e le pratiche del giorno per giorno. In paese non erano abituati a vedere un laureato ‘affondare le mani nella terra’, piegare la schiena e lavorare. Spero abbia avuto importanza anche la mia lettera che esponeva il programma, specialmente laddove promettevo una gestione della comunità democratica, trasparente, un ritorno alle origini dell’ente. Specialmente a Cavalese c’era una gran voglia di cambiare, di capire, di riprendere i percorsi della condivisione delle scelte e di smetterla con le imposizioni verticistiche".

Quali sono ora i tuoi programmi? Sei stato incaricato di seguire i temi della cultura, ma conoscendoti non lascerai perdere le questioni ambientali e i problemi sociali.

"La Comunità Generale di Fiemme è un ente che ha come obiettivo il mantenimento dei valori comunitari. I beni materiali, immobili e terreni, devono avere un utilizzo collettivo: è questo il messaggio che non possiamo permetterci di perdere, è un vincolo solidaristico che rende ancora attuale la presenza dell’ente".

Mi sembra che proprio questo sia l’anello che si è rotto dal dopoguerra in poi e che pochi hanno intenzione di riaggiustare.

"Decenni di gestione verticistica hanno rotto l’aggancio col territorio. Si investe solo nello sviluppo di breve periodo perdendo di vista la conservazione dei beni che ci è affidata in gestione. Si è rotto specialmente il sistema della partecipazione. La Comunità per avere un senso oggi deve riappropriarsi dei percorsi della democrazia partecipata, del dialogo. Si danno risposte immediate alle esigenze degli impiantisti o di altri soggetti forti, ma non si investe più nel sociale. Le sempre più misere briciole di attivo della gestione finiscono parcellizzate in inconsistenti contributi erogati a tutti i vicini. Io proverò a proporre il superamento della lettura economicista dell’ente per investire in un’attività sociale. Proporrò che i vicini possano devolvere volontariamente i loro soldi in un fondo sociale che dovrà offrire risposte ai residenti".

Nella scelta dell’assessorato sei stato incerto fra i temi sociali e la cultura. Alla fine hai scelto quest’ultimo assessorato che io reputo strategico, vista l’inconsistenza della preparazione degli altri regolani.

"Ho scelto questo assessorato perché mi permette di interagire con gli altri settori, con il sociale e con le scelte che riguardano la forestazione. Propongo di arrivare a riprenderci una ‘cultura rurale’ che abbiamo completamente perso. Attraverso il sostegno e lo sviluppo della piccola economia rurale, mentre offro attenzione a scelte strategiche nel campo degli alimenti, della salute, della sicurezza del territorio, raggiungo anche l’obiettivo ambientalista della conservazione e del recupero delle biodiversità presenti. Non solo, ricostruisco partecipazione nelle scelte dell’ente, riporto conoscenza del territorio, costruisco piccole interrelazioni e interscambi fra settori economici diversi, ricostruisco economia diffusa offrendo sempre minore spazio ai grandi potentati che hanno invece imposto una gestione verticistica, quasi militare dell’ente. Spero anche di ricucire il rapporto stretto che unisce la selvicoltura all’agricoltura, un rapporto che si è sempre più incrinato in questi anni perché l’unico criterio di giudizio era basato sull’economia di breve periodo".

L’ente sta trasformando le attività produttive, la segheria ed altri settori, in S.p.A.: è una scelta che condividi?

"Penso sia una scelta corretta, che ben gestita può permettere una netta divisione fra le necessità produttive e commerciali del prodotto finito del legno e la gestione dei boschi. Finalmente si può costruire una unitarietà di programmazione e quindi di gestione fra boschi d’alta quota (generalmente di proprietà della Comunità) e quelli di fondovalle, più poveri e con legname meno pregiato, di proprietà dei comuni o di privati. Se riusciamo a costruire una filiera del legno più articolata in valle, che arrivi alla trasformazione completa della materia prima, aumentiamo la ricaduta del valore aggiunto, costruiamo manodopera specializzata di alto livello, riduciamo l’impronta ecologica delle produzioni e stimoliamo il raccordo fra popolazione e ambiente. La Comunità potrà suggerire scelte forti nei PRG dei nostri comuni per quanto riguarda i materiali di costruzione nell’edilizia e non solo per questo aspetto".

La caccia è sempre stata un argomento causa di conflitti dentro l’ente: fra cacciatori tradizionalisti e cacciatori più aperti, ma soprattutto nei confronti della cultura protezionista. L’ente ha sempre chiuso ogni confronto con gli ambientalisti, tanto da arrivare ad ostacolare non solo la creazione di nuovi parchi, ma di boicottare le scelte qualitative dei parchi esistenti, Paneveggio in particolare.

"La fauna selvatica è una risorsa. E’ necessario dotarsi di regole e fare in modo che queste vengano rispettate. Bisogna cambiare la tecnica dei censimenti, arrivare a letture meno parcellizzate del territorio. Il censimento su un piccolo comune non ha senso, non permette di comprendere la presenza di eventuali errori venatori. E’ anche venuto il momento che i cacciatori si assumano responsabilità precise verso quella parte di popolazione, sempre più larga, che rifiuta la caccia. La fauna è un bene pubblico e come tale va gestito, offrendo più risposte alla presenza qualitativa che non alla quantità di animali presenti".

Durante l’ultima legislatura non è stato risolto il problema della democrazia e del ruolo del Comun generale, nonostante un gran numero di proposte avanzate che sono sempre state ridicolizzate dal Consiglio dei Regolani.

"Proprio per riprendere i percorsi partecipativi che sto avviando con regolarità nella regola di Cavalese grazie al sostegno che trovo negli altri consiglieri eletti, non vi è più dubbio che dobbiamo riportare al Comun Generale (l’assemblea di tutti gli eletti, 42 membri, n.d.r.) la capacità di elaborare indirizzi di governo certi. Occorre quindi ridare a questo organismo autorevolezza e forza, dare ai consiglieri responsabilità. Al Consiglio dei Regolani spetteranno, a mio avviso, esclusivamente le scelte di gestione amministrativa, e non è certo poca cosa. In queste settimane invece ho solo assistito ad un deleterio gioco nella distribuzione delle cariche, un comportamento che acuisce il distacco dell’ente dal comune sentire dei vicini".

Mentre continuiamo a parlare della situazione dell’ente, ci accorgiamo che il tempo trascorre in fretta; anche se è sera, Francesco deve ancora ritornare a lavorare per la Rete Ambientale appena formatasi presso le scuole di Tesero. Il giorno dopo lo aspetta il convegno "Apriamo il cantiere", un nuovo progetto di inserimento lavorativo per i malati del servizio di igiene mentale e poi ancora le collaborazioni con l’organizzazione dei mondiali di fondo.

Lo abbiamo descritto, in inverno, come un folletto no global incapace di star fermo, sempre pronto a sollecitare la pigrizia dei colleghi amministratori. In estate è meno preso da impegni istituzionali, è più facile trovarlo piegato nei suoi campi a studiare il recupero delle vecchie sementi, a rendere attivi campi che sembravano perduti, a ripristinare muretti di mulattiere che sembravano dimenticate, ad associare fiori nelle aiuole dell’albergo del fratello.

Speriamo che le sue speranze non trovino muri di gomma e che lentamente, con il tempo, riescano a divenire progetto. E’ questo l’unico percorso che può ridare alla Comunità di Fiemme un senso ed un valore che oggi sembrano perduti.