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Dellai tagliatore di mani?

Come mai il nostro presidente, d’improvviso, diventa forcaiolo in tema di moralità pubblica? Noi una (malevola) spiegazione l’abbiamo...

"Se le mele marce ci sono, vanno estirpate al più presto. Ai ladri si tagliano le mani" - ha tuonato il presidente Dellai a commento dell’arresto di un geometra del Servizio strade ripreso con telecamera mentre intascava una mazzetta.

Reazione evidentemente esagerata, dettata dall’emotività seguita alla notizia; e proprio per questo indicativa, più che di un giustizialismo forcaiolo, di una sana indignazione del pubblico amministratore che si sente tradito.

Solo che, quando abbiamo letto la dichiarazione, i conti non tornavano. Noi ricordavamo un Dellai sempre dalla parte degli accusati, quando non dei condannati; così pronto a minimizzare e a perdonare, a prendere vistosissime distanze dalle conclusioni della magistratura, da farci più volte denunciare la sua esibita indifferenza alla questione morale. E ora questa giravolta: da Bettino Craxi a Khomeini.

Anche L’Adige nota questa vistosa contraddizione. E due giorni dopo, il 21 aprile, un ampio e documentato servizio di Luisa Patruno ("Dalle promozioni al taglio delle mani") spiega che "la ‘linea dura’ di Dellai contro chi sbaglia è una novità in Provincia": tutti ricordiamo una serie impressionanti di condanne anche gravi (tipo l’aver occultato lo stato disastrato di un’azienda per poterle permettere di continuare ad incassare i contributi della Pat; o frode in pubbliche forniture), o meno gravi (falso in atto pubblico, peculato d’uso, danno patrimoniale), seguite non dal taglio delle mani, e neppure dalla più mite sospensione dal pubblico ufficio, bensì dalla promozione del condannato. Non basta: un paio di testimonianze evidenziano l’andazzo negli uffici provinciali: "Chi segnala irregolarità di colleghi, per aiutare l’ente in cui lavora, viene emarginato: io sono stato accusato di essere uno spione".

Per parte nostra aggiungiamo il caso Malossini: l’ex presidente della Giunta, condannato per ricettazione e ritenuto responsabile di corruzione, è stato sempre accolto a braccia spalancate dal successore Dellai; e non solo quando, tornato in politica, si è trovato a capo dell’opposizione (e con cui quindi è logico avere rapporti), ma anche quando era un semplice consulente dal passato poco raccomandabile.

All’articolo de L’Adige il giorno successivo replica lo stesso Dellai. E ci mette un taccone più grosso del buco. Il presidente infatti, dichiarandosi "trasecolato" per l’articolo, elabora una sua teoria: oltre il codice penale, oltre il giudizio della magistratura, c’è quello del politico, che distingue tra reato e reato: "Se uno incassa anche solo un euro di tangenti, se si mette in tasca soldi pubblici per il proprio tornaconto, è un comportamento corrotto e immorale che merita la massima severità (e allora, come la mettiamo con Malossini, che ha intascato i soldi dell’Autobrennero, e si è impossessato della villa Prada in cambio dell’acquisto pubblico dei terreni Carbochimica a Trento Nord?, n.d.r.). Non mi sento invece di tacciare di immoralità un funzionario che può sbagliare, interpretare male una norma, omettere una firma…".

Il giorno dopo i commenti. Dellai incassa l’approvazione dell’ex-presidente Carlo Andreotti, da sempre iper-garantista in irridente contrasto con la magistratura.

Più articolata la posizione del deputato ed ex-Pm Giovanni Kessler, che approva la distinzione tra giudizio penale e giudizio politico, ma proprio in base a questo principio sottolinea la necessità di mantenere un giudizio pesante su chi (Malossini ad esempio) "viene assolto per prescrizione od amnistia". Decisamente più duro il giudizio del consigliere Ds (ed avvocato) Mauro Bondi, che rigetta in toto "il principio per cui spetterebbe a chi ha responsabilità politiche e amministrative valutare la moralità del comportamento di cittadini come i dipendenti provinciali. Le istituzioni hanno il compito di far rispettare le leggi ed eventualmente applicare le sanzioni, non certo di ergersi a giudice morale sugli altri"; e poi, entrando nel merito, chiede: "E’ più riprovevole il funzionario che prende la mazzetta per curare il figlio malato di cancro o il funzionario che ‘dimentica’ un timbro facendo vincere la gara d’appalto ad un amico di partito? E’ più riprovevole un politico condannato per ricettazione e assolto per prescrizione dal reato di corruzione (ancora Malossini n.d.r.) oppure…" Sulla stessa linea si colloca l’ex vice-presidente della Provincia Roberto Pinter. E giudizi altrettanto severi esprimono i sindacati, e altri ancora.

A questo punto c’è da chiedersi: chi gliel’ha fatto fare di uscire con quell’invettiva sul taglio delle mani, arrampicandosi poi sugli specchi e facendosi supremo giudice della moralità pubblica? La sua prassi è notoriamente molto accomodante; Dellai ama chiudere un occhio, e spesso tutti e due... A nostro avviso il fatto è da inserirsi nella maxi-inchiesta sugli appalti pubblici, che da anni la magistratura trentina sta portando avanti. Gli appalti chiacchierati sono tanti, i rapporti tra imprenditori e politici sono noti, i finanziamenti pure. I magistrati stanno arrivando alle prime conclusioni e ai primi arresti.

A palazzo c’è molto nervosismo. E al presidente sfuggono frasi non pienamente controllate.